Nightbitch. Bestia di notte
di Rachel Yoder
Mondadori, 2023
Traduzione di Veronica Raimo
pp. 250
€ 14,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Voglio correre a perdifiato nei campi di granoturco, raggiungere un ruscello e seguirlo fino al mare - scusate, ma non tornerò mai più - e voglio fare sesso molto, molto sfrenato con uno sconosciuto, voglio sedermi senza mutande su una torta tutta bella decorata, voglio performare un grande gesto anonimo di vandalismo estremo, voglio essere un'artista e una donna e una madre cioè un mostro voglio essere un mostro.
Questa è una storia che parla di creazione e potere, e del percorso arduo di ottenimento della consapevolezza necessaria per trasformare il sacrificio in arte. Sono abbastanza certo che se Angela Carter, Sylvia Plath e Sylvia Townsend Warner fossero ancora vive, guarderebbero al lavoro di Rachel Yoder come un'eredità dei loro lasciti artistici, perché in Nightbitch. Bestia di notte, esordio del 2021 di Yoder, sono presenti gli elementi di quel realismo magico, di quell'analisi del sé, di quella critica sociale e di quella spietata ironia che hanno contraddistinto i loro romanzi e li hanno resi dei capisaldi della letteratura femminista, ed è impossibile parlare di questo libro e della sua indimenticabile protagonista senza considerare che Rachel Yoder è ben consapevole delle strutture di potere eteropatriarcali e di come queste strutture si manifestino nell'esperienza della maternità.
Nightbitch è la storia della trasformazione di una giovane madre e artista in cagna, ma è anche la storia di come una femminista, imbrigliata suo malgrado nelle ovvietà della vita coniugale e nelle sue responsabilità genitoriali, che ne fanno una creatura soggiogata dal determinismo biologico, si liberi della propria pelle di donna bianca americana borghese per abbracciare la sua pelliccia canina lucente e correre nel cuore della notte a sbranare conigli. La caratteristica più interessante di questa vicenda è il mimetismo con cui l'autrice abitua chi legge ad addentrarsi nella vita della protagonista e ad osservarne la graduale metamorfosi in donna-cane, o donna magica per stare a una terminologia antropologicamente accurata che si rifà al saggio sulle donne magiche di Wanda White che la protagonista trova nella biblioteca comunale dell'anonima città americana in cui abita.
Anonima, cioè senza nome, è anche la protagonista, così come il marito, così come il bambino di cui è madre, dato che nessuno dei personaggi del nucleo familiare viene identificato con un nome proprio e finiscono dunque per diventare tutti e tre simboli di ruoli sociali che sono destinati a ricoprire. Avvertiamo nella madre, così viene chiamata fino a poco prima di prendere coscienza del suo Io bestiale, la stessa alienazione e lo stesso malessere senza nome delle casalinghe americane che negli anni '50 divennero casi di studio per le indagini della psicologa femminista Betty Friedan, autrice di The Feminine Mystique, che tentava di dare una spiegazione al problema inespresso delle casalinghe benestanti che rinunciavano alla loro realizzazione personale per diventare mogli-trofeo di mariti in carriera nella parabola del sogno americano. Allo stesso modo, la protagonista avverte il senso di perdita di contatto con il reale e la frustrazione che prova nel vedere la propria condizione di artista impallidire sempre di più di fronte alle incalzanti necessità del suo ruolo di madre, al quale è stata inchiodata; e così, quando recupera contezza del suo bisogno di esistere, prima come Io e poi come madre, non esita a trasformarsi in Bestia di notte riconoscendo e abbracciando la natura bestiale che scorre dentro di lei, e trasformando in un appellativo che nasce quasi come inside joke tra lei e suo marito la sua nuova essenza:
Quando si era definita "Bestia di notte" era più che altro una battuta bonaria, autoironica, perchè era fatta così, era una tipa scherzosa, che sapeva prendersi per il culo: certo non una di quelle personcine rigide, rigidine, rigidone, a tal punto suscettibili da non saper riconoscere l'ironia di un contesto amichevole, in cui non c'era l'ombra dell'insulto, ma nei giorni seguenti a questa definizione si era ritrovata un mucchietto di peli ispidi e neri che le spuntavano alla base del collo, e insomma, che cazzo. Mi sa che mi sto trasformando in un cane, disse al marito rientrato a casa dopo una settimana di assenza per motivi di lavoro. Lui si mise a ridere, lei no.
Così, lentamente, Bestia di notte inizia a prendere coscienza della sua vita che fino a quel momento aveva vissuto avvolta in un manto di sopore: è madre di un bambino di due anni, che le assorbe tutte le energie, impedendole di avere spazio per se stessa, e per il quale si è sacrificata anima e corpo, rinunciando al suo lavoro di curatrice di una galleria d'arte e di artista a tempo pieno, nonostante la dedizione e la naturale predisposizione alla reinterpretazione simbolica del reale, convenendo con il marito ingegnere biomedico che il suo stipendio non valga la pena di spingerla a continuare a lavorare e che possa dunque dedicarsi a tempo pieno alla cura del bambino, mentre il marito torna nei fine settimana ed è via per lavoro durante l'arco di tutta la settimana. Vive con soggezione l'apparente perfezione delle mamme del club di lettura per bambini della città che si trova costretta a dover frequentare, nutrendo un particolare timore reverenziale verso Jen, la leader carismatica del gruppo, che tenta a più riprese di coinvolgerla e di convincerla ad entrare a far parte del suo business di erbe speciali. Oltretutto, è inquietata dalla presenza di tre cagne, una Golden Retrevier, una Collie e una Bassett Hound, che le fanno visita di sovente e che sembrano non avere un proprietario, ma che piuttosto cercano di guidarla verso qualcosa, o qualcuno, e dalle quali Bestia di notte si sente richiamata.
La sua unica consolazione è la Guida illustrata alle donne magiche di Wanda White, docente di biologia ed esperta di etnografia mitologica presso l'Università di Sacramento (e forse reinterpretazione parodica di Clarissa Pinkola Estés, psicanalista junghiana femminista e autrice di Donne che corrono coi lupi, un vero successo editoriale alla fine degli anni '80). Questo libro diventa per Bestia di notte uno strumento salvifico, nel quale trovare risposte e interpretrazioni dell'identità femminile e dell'esperienza materna, seguendo con attenzione e curiosità l'indagine su come la condizione femminile possa manifestarsi sul piano mitologico, e accogliendo l'invito della White a comprendere le abitudini, la dieta e le modalità di comportamento di queste creature magiche, grazie alle quali ogni lettrice che si imbatta nella Guida potrà riuscire a incontrarle in natura e a esperire dal vivo la loro magia. Così, attraverso Donne Uccello peruviane, Madri Suricate dell'India, le ninfe Azzurre dei corsi d'acqua, Bestia di notte prende confidenza con la sua trasformazione e la sua condizione ontologica di donna magica, accettando la ciclicità del suo cambiamento e abbracciando i comportamenti tipici dell'essere-cagna, giocando con suo figlio a fare i cani e abbaiando, latrando e dandogli da mangiare carne cruda, spogliandosi di notte nel giardino di casa e trasformandosi in donna cane pronta alla caccia, fino alla mattina seguente in cui si riconcilia con la sua forma umana sotto una bella doccia calda rinvigorente. Allo stesso modo, comincia a scrivere una serie di mail-diario indirizzate a Wanda White, che non le risponde mai e che assume nel suo immaginario una dimensione demiurgica e divina, un oracolo da cui non ottiene riscontri e al tempo stesso uno strumento di profilazione del suo processo di strutturazione teorica alla base del suo lavoro artistico sulla maternità e la bestialità.
Leggere Bestia di notte dovrebbe essere un atto emancipatorio per ogni donna, per confrontarsi con il peso delle responsabilità di cui la maternità si fa portavoce su un piano socio-culturale, e dovrebbe essere per ogni uomo, eterocis o meno, una presa di coscienza, nel riconoscere il privilegio che ci ha da sempre deresponsabilizzati, prima come figli e poi come padri, rendendoci complici di un meccanismo di annullamento dell'Io femminile che la società patriarcale e misogina in cui siamo cresciuti ha normalizzato e foraggiato.
Ciò che colpisce di Bestia di notte è l'universalismo che connota la condizione della protagonista, senza un nome eppure mossa da una profonda brama di esistere e di risorgere dal blocco di marmo in cui è imprigionata e diventare creatura mostruosa rampante fatta di fluidi e carne e desideri, che potrebbe essere qualsiasi donna in qualsiasi luogo della Storia, come lo è stata mia nonna sessant'anni fa, come lo è stata mia madre quando negli anni '80 e '90 ha dovuto affermarsi professionalmente e al contempo era perfettamente normale che si prendesse anche cura di me e delle mie sorelle, e come poi hanno dovuto farlo le mie sorelle e ogni donna che conosco che ha scelto di diventare madre e di non rinunciare alla propria carriera nonostante tutto, e come lo fa ogni donna che debba convivere con la pigrizia maschile di non redistribuirsi equamente i doveri genitoriali in virtù di un infondato determinismo biologico, spingendo le donne a dimenticarsi di dover abbaiare, latrare e ululare ogni volta che ne abbiano voglia.
Così come il «divenire-animale» era per Gilles Deleuze una pratica di resistenza etico-politica per contrastare l'antropocentrismo inaugurando l'era del pensiero postumano, allo stesso modo il «divenire-cagna» è per Yoder, o per Wanda White, poco importa, una strategia di sopravvivenza e di autoaffermazione antipatriarcale, trasformando Nightbitch in un romanzo postfemminista e in una riflessione moderna sulla maternità e sull'identità.
A mani basse, il mio libro preferito del 2023.
Matteo Cardillo