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Farsi rifugio per chi è fragile: "Shelter", il primo episodio della saga young adult di Harlan Coben

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Shelter

di Harlan Coben

L’ippocampo, 2023


Traduzione di Simone Barillari


pp. 320

€ 15,90 (cartaceo)

 

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Dopo la scomparsa del padre in un tragico incidente d’auto di cui si sente in parte responsabile, e il ricovero della madre in una clinica per tossicodipendenti, il quindicenne Mickey Bolitar si trova a vivere con lo zio Myron, protagonista di diversi thriller del già ben noto Harlan Coben, di cui Shelter rappresenta uno spin-off young adult.

Il romanzo si apre in medias res: in poche righe, il protagonista, nonché io narrante, ci informa dei fatti salienti che lo coinvolgono, compresa l’improvvisa recente sparizione della sua nuova ragazza, Ashley, cui lo lega un affetto giovane, ancora non ben definito. I suoi pensieri, divisi tra i traumi passati e la sconvolgente situazione presente, sarebbero già di per sé abbastanza frastornanti («Stavo andando a scuola e pensavo con disperazione alla mia vita», p. 9), quando Mickey si imbatte per la prima volta nella Bat Lady, una donna anziana che popola le leggende e le dicerie locali, considerata matta nella migliore delle ipotesi, pericolosa strega nelle peggiori. Cogliendo il ragazzo di sorpresa e chiamandolo per nome, la donna gli annuncia che il padre non è morto, è anzi «più vivo che mai» (p. 11). Benché sappia che questo non può essere vero, benché abbia assistito con i propri occhi alla sua morte, il giovane rimane sconvolto dalla notizia, e decide di scoprire qualcosa di più sulla vecchia e i suoi misteri, mentre prova a rintracciare Ashley che da giorni non si presenta a scuola e non risponde a messaggi e chiamate.

In una situazione decisamente complicata, Mickey si trova anche a dover affrontare le difficoltà dell’inserimento in un nuovo ambiente. Il protagonista ha tutte le caratteristiche per essere popolare: è alto e atletico, un ottimo giocatore di basket, la più bella della scuola gli ha messo gli occhi addosso… eppure, più o meno casualmente, lui finisce per stringere amicizia con Spoon ed Ema, due emarginati, vittime delle continue e sgradite attenzioni dei bulletti locali, in cui però lui ritrova quello sguardo brillante, analitico, che è anche il suo.

Nell’opera, i due piani – quello della vita scolastica, con il suo carico di compiti, professori e dinamiche relazionali complesse, e quello delle indagini, in cui il trio si trova presto implicato – continuano a coesistere e a intersecarsi. Harlan Coben costruisce infatti un intreccio ricco di elementi e colpi di scena, tanto che inizialmente ci si chiede come possano inserirsi in un disegno unitario. Da un certo punto in poi, però, la trama inizia a prendere forma. E se il lettore adulto percepirà inevitabilmente la scarsa verosimiglianza di una vicenda che riesce a coinvolgere allo stesso tempo tre quindicenni, una sparizione, uno strip club, una misteriosa organizzazione internazionale, tombe antiche senza nome, la tratta delle bianche e persino l’Olocausto, non si può negare che quest’opera si inserisca nel solco di un genere successo, tra carta stampata e piccolo schermo (ricordo, alle mie generazioni, il caso di Veronica Mars, ma anche i più recenti Pretty Little Liars, Riverdale, Élite e diversi altri). Non è un caso che anche da questo romanzo sia stata tratta una serie tv che riprende le vicende di Mickey e dei suoi amici, pur con i dovuti aggiustamenti del caso. L’eccesso, che assume spesso la forma del colpo di scena da feuilleton, pare essere uno dei topoi ricorrenti in tutte le produzioni di questo tipo, seppur qui stemperato dall’uso di un’ironia che contribuisce a risolvere o disinnescare molti aspetti problematici.

Ema mi venne vicino. “Attaccar briga con uno degli studenti più popolari dell’ultimo anno. Far incavolare un’insegnante e il capo della polizia locale. Andare in giro con due sfigati di serie A”. Mi diede una pacca sulla schiena. “Benvenuto al liceo”. (p. 139).

La narrazione si sviluppa grazie a una prosa semplice e lineare, paratattica e ricca di dialoghi, in capitoli brevi e interconnessi. Queste caratteristiche rendono il romanzo una lettura adatta anche a lettori fragili, in cerca di trame avvincenti, ma senza l’ostacolo della complessità formale. Nonostante lo sviluppo crime, del resto, i personaggi rimangono a tutti gli effetti adolescenti, e incoraggiano quindi l’identificazione dei coetanei, almeno a livello del sentire emotivo. Uno degli aspetti più interessanti del volume è proprio il progressivo risveglio etico di Mickey, che si trova implicato in una vicenda decisamente più grande di lui, in cui è continuamente chiamato a compiere delle scelte, rispetto alle quali però non sente di avere una reale alternativa:

Non credevo nel destino o nel fato. Non credevo nemmeno a chi diceva di sentire una vocazione o di avere uno scopo nella vita. Com’è che l’aveva messa Rachel?

Mi è semplicemente sembrata la cosa giusta da fare.
Era qualcosa di molto semplice ma anche di molto profondo. Era un dovere. Anche se avessi voluto sottrarmi, non avrei potuto. Dovevo salvare Ashley. (p. 256-257)

E il tema delle scelte, quelle inevitabili e quelle possibili, quelle dolorose e necessarie e quelle semplici, quelle eroiche e quelle sbagliate, è forse il sottile filo conduttore che tiene insieme i personaggi e che ci lascia presagire le linee di sviluppo dei prossimi volumi, anticipati da diverse questioni lasciate irrisolte nelle ultime pagine e da un finale che, più che aperto, si può considerare spalancato. 

 

Carolina Pernigo