Sul lato selvaggio
di Tiffany McDaniel
Blu Atlantide, 2023
Traduzione di Luca Briasco
pp. 377
€ 19 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
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«Ripenseranno a questa terra, da qui a molti anni, quando la prossima generazione avrà messo sotto controllo questa epidemia, e parleranno dei demoni delle colline. Il dominio della povertà, il dominio dell'abuso, il dominio crescente della dipendenza. Metteranno al bando i demoni finché non saremo tutti imprigionati all'interno di questo mito, nel quale le storie sono state intrecciate per dare un senso ai nostri destini». (p. 371)
Di dolore in Sul lato selvaggio se ne ritrova molto.
Il romanzo si ispira a una serie di sparizioni e omicidi avvenuti realmente a Chillicothe, Ohio, tra il 2014 e il 2015. Sei donne sparirono - da lì il nome dato al caso: The Chillicothe Six - di cui due ancora risultano scomparse, quattro vennero trovate morte in circostanze che avevano delle analogie tra loro. Attorno a questi avvenimenti ruota tutt'oggi una fitta serie di domande relative alla dinamica delle scomparse, alle violenze riscontrate sui corpi delle vittime, alla responsabilità degli omicidi e alla possibile presenza di un serial killer che agiva in città.
Tutte le donne avevano meno di quarant'anni, molte di loro erano madri e tossicodipendenti. Questo scenario ci apre le porte di una cittadina epicentro dello spaccio di droga e della prostituzione di cui Tiffany McDaniel restituisce le dinamiche sociali più difficili nella vicenda di due sorelle, Arc e Daffy, figlie di una storia familiare fatta di consumo di droghe, abusi, violenze, abbandoni. Le seguiamo fin da bambine, quando imparano insieme alla nonna che di ogni cosa a questo mondo esistono un lato bello e un lato selvaggio. Come in una coperta cucita all'uncinetto, sul lato bello si vede il ricamo fatto di disegni e intersezioni di colore, mentre sul lato selvaggio si trovano gli intrecci incontrollabili dei fili che creano una trama disordinata, specchio capovolto dello splendente ordine esteriore. Arc e Daffy sperimentano sin da subito che nel lato selvaggio bisogna imparare a vivere e con la sua confusione bisogna convivere. La sfida è trasformarlo in qualcosa di diverso, fonte di nuova meraviglia:
Non dicemmo nulla quando il suo lavoro divenne più difficile e le lacrime scesero silenziose sulle vecchie guance. E certamente non dicemmo nulla quando la luce fuori cominciò a scemare, perché tutte le luci dentro casa erano accese, e ci confortava sapere che le stanze non sarebbero mai state così buie da impedirci di vedere quella donna anziana che combatteva con febbrile energia contro il lato selvaggio. Da allora, ogni volta che il lato selvaggio diventava troppo selvaggio, mia sorella si rivolgeva a me e diceva: «Rimetti i fili nei quadrati, Arc. Fa' diventare bello il lato selvaggio». (p. 43)
Sul lato selvaggio è un romanzo sulla guerra tra sobrietà e dipendenza, una guerra che qui si stacca quasi dal contesto dell'Ohio degli anni dieci del Duemila e acquista contorni che definiremmo secolari e mitologici. In queste battaglie senza tempo le donne che lottano sul lato selvaggio non sono sconfitte: sono guerriere immortali, streghe che resistono al fuoco e fanno magie con l'acqua. Le loro vicende arrivano a noi come canti e preghiere affidate ai fiumi, alle colline, alla polvere delle case che hanno vissuto. Ci parlano ancora e ci chiedono di essere ricordate non come vittime, ma come madri, figlie, sorelle.
Claudia Consoli