Enigma Tiziano
di Chiara Montani
Garzanti, 2023
pp. 359
€ 17,90 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Prende le mosse da un fatto vero questo romanzo di Chiara Montani, architetto, scrittrice e arteterapista, che ha fatto della commistione tra fantasia, arte e verità storica la sua cifra stilistica e narrativa. Il fatto riguarda la deportazione oltreconfine delle opere d'arte italiane durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sotto le direttive naziste, si dice dello stesso Hitler, numerosissimi capolavori italiani furono inseriti nella lista da mandare in Germania per arricchire le collezioni private del Führer e di altri gerarchi nazisti. Tante opere d'arte partirono, tante altre furono nascoste per opera di una vera e propria task force di agenti segreti incaricati di proteggere il nostro patrimonio artistico. Tra questi, il più attivo fu Rodolfo Siviero, che, a partire dagli anni 50, si occupò anche di riportare in Italia quante più opere possibile, un'attività, vissuta come una vera e propria missione, che continuò fino alla morte (1983) e che valse il ritorno di molti capolavori "nostri" che avevano preso la via della Germania.
Intorno a questo fatto storico, Montani innesta una vicenda di fantasia, ambientata negli anni della Repubblica di Salò, che ha il suo perno in un dipinto, ritrovato casualmente, nascosto nell'intercapedine di una cassapanca e completamente coperto da una vernice nera. Aida, la protagonista del romanzo, restauratrice e artista essa stessa (e non poteva essere diversamente), si offre di ripulirlo per far tornare alla luce ciò che il manto nero nasconde. Il risultato trascende qualsiasi aspettativa, il dipinto nascosto presenta i tratti inconfondibili di Tiziano. Più precisamente dell'ultimo Tiziano e delle sue sperimentazioni con il colore che si fa materia.
«Per ora è solo un sospetto, ma non riesco a togliermelo dalla testa. Quell'uso del colore, quelle strisce di pigmento date con le dita, quel modo di sciogliere la visione nella pura essenza cromatica mi ricordano da vicino altre opere che ho visto e che il professore ben conosce, tutte appartenenti all'ultimo periodo di un grande maestro veneziano, forse il più grande». Mio padre spalancò gli occhi, prima ancora che terminassi la frase. «A mio parere c'è la possibilità che possa trattarsi di un Tiziano». (p. 53)
Un dipinto magnifico e inquietante, intenso, magnetico e seducente che l'autrice immagina come un'ulteriore rielaborazione del Tarquinio e Lucrezia, un quadro intriso di violenza, paura e dolore. La tela rappresenta infatti il momento in cui Sesto Tarquinio, brandendo un coltellaccio, si avventa su Lucrezia per possederla mentre la donna sembra rassegnata al suo triste destino. Aida rimane folgorata dal dipinto mentre la sorella Bianca non riesce a reggere la vista di tanta brutalità. E il fatto che il dipinto sia coperto da un manto di vernice scura non può che aggiungere mistero al mistero.
La notizia del ritrovamento del quadro viene alle orecchie del colonnello von Wittemberg, gerarca nazista di stanza a Salò e avido collezionista di opere d'arte, che da questo punto del romanzo in poi punterà la propria attenzione sul quadro, pronto a tutto pur di venirne in possesso. E sarà proprio quel tutto a costruire la storia del romanzo, a partire dall'arresto del padre di Aida, mite e colto appassionato d'arte.
L'ambientazione, come detto, è quella dei mesi della Repubblica di Salò, la vicenda si svolge infatti a Gargnano, dove aveva sede Villa Feltrinelli, la lussuosa magione che Benito Mussolini sequestrò alla famiglia proprietaria per farne la propria residenza dall'ottobre del 1943 all'aprile del 1945, quando il sipario della Storia calò su di lui. Uno sfondo, quello del lago, sebbene poco amato dal Duce (che si diceva avesse scelto una camera lato montagna per non vederlo), che diventa a poco a poco coprotagonista del romanzo. Le scene lacustri e quelle a cui il lago fa da silenzioso testimone rivelano tratti di scrittura intensa, propri di chi ha saputo appropriarsi di un paesaggio sentendolo proprio. Esattamente come le pagine dedicate a Venezia, altro luogo d'elezione della vicenda che sa farsi tutt'uno con l'arte e la storia.
Definire questo romanzo è complicato: è un romanzo storico, tra Fascismo e Resistenza, con tratti da spy story nella vicenda che ruota intorno al dipinto; è anche una storia d'amore, quella che lega Aida al professor Vittorio Sartori, figura ambigua, esperto d'arte, legato però al detestabile colonnello von Wittemberg; è una storia di amicizia ed è soprattutto una storia d'arte. Una ricchezza di tematiche ed elementi che, pur fornendo un'architettura narrativa di tutto rispetto, però non sempre riescono ad amalgamarsi perfettamente, mi vien da dire che proprio la dovizia di temi ed elementi presenti nelle pagine di Enigma Tiziano rischia di far perdere un po' il filo al lettore. Soprattutto nella parte centrale del romanzo, un poco più lenta e macchinosa rispetto agli ultimi capitoli, dove il livello della narrazione torna a rialzarsi per finire in crescendo. È proprio nel tourbillon delle ultime pagine che il lettore salirà sulle montagne russe, scoprirà verità nascoste, misteri rivelati e vedrà dipanarsi, davanti ai suoi occhi, la fine di un'epoca e, al contempo, troverà la soluzione del caso.
Montani, giunta alla sua quarta opera narrativa (sul sito trovate anche la recensione a Sofonisba e Il mistero della pittrice ribelle), ha comunque scelto per sé una cifra, molto individuale e per certi tratti originale: l'introduzione dell'arte all'interno di vicende storiche romanzate. In questo caso a farsi portavoce della visione artistica dell'autrice è la protagonista, Aida, capace, per sensibilità e formazione, di cogliere la bellezza nei particolari. È proprio nelle conversazioni tra lei e il padre, colto e appassionato d'arte egli stesso, e tra lei e il bel professor Sartori, che l'autrice veicola le proprie idee, il proprio sentimento e la propria visione sull'arte. Grazie a una prosa dipinta, vorrei dire, scrivendo come se stesse tratteggiando pennellate sulla tela.
«Se vogliamo davvero comprendere il colore di Tiziano, non possiamo prescindere da questo». Il professor Sartori si fermò sulla riva del Canal Grande e mi invitò a salire qualche gradino del Ponte di Rialto (...). Si sporse verso la superficie dell'acqua, su cui si disegnavano frammenti di terre rosse, ocra, bianchi e bruni, annegati nel blu cobalto del cielo. «Niente confini, niente punti fermi, nessuna direzione privilegiata per la luce. Solo un infinito e cangiante tessuto connettivo, che colma ogni spazio vuoto con la sua mobile continuità». (...). «I maestri del passato sono riusciti a cogliere in pieno l'anima di questa città priva di confini, che stravolge ogni legge fisica e percettiva. E dove ciò che sembra concreto non è altro che un'apparizione, destinata a mutare aspetto a ogni istante insieme con la luce, le nuvole, le maree, i venti o il semplice passaggio di uno scafo». (p. 77).
Pregevole la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto nella rappresentazione multiforme dell'universo femminino che si rivela nella contrapposizione delle figure familiari: Aida rappresenta la donna emancipata, colta, capace di contare sulle proprie capacità, impulsiva, sicura di sé (forse a volte un po' troppo). Tanto quanto la sorella Bianca è invece l'emblema della donna infantile, arrendevole, interessata soltanto alla posizione sociale raggiunta grazie al matrimonio con il figlio del podestà, ispettore del Fascio, sprovveduta e poco accorta. Diversa ancora la figura della madre, regale, scenografica, lontana, algida e chiusa nel suo passato di cantante d'opera. Un personaggio apparentemente secondario, ma che avrà invece un ruolo decisivo nello svolgersi degli eventi.
Molto interessante la resa puntuale dell'ultimo periodo della Repubblica di Salò, il respiro del declino che si percepisce sottotraccia mentre la tracotanza nazista non smette di far sentire il suo pugno. Si sente la presenza della guerra nel romanzo, dalle rappresentazioni di una Venezia sporca e maleodorante, ricettacolo di migliaia di sfollati attirati tra i canali dalla convinzione che anche i Tedeschi non avrebbero avuto l'ardire di distruggere tanta bellezza, agli scontri tra partigiani e repubblichini sulle montagne che circondano il lago, al pericolo che incombe sovrano rappresentato dalle divise che tengono in pugno il paese.
Nonostante, a mio parere, il romanzo sconti una qualche difficoltà di costruzione (a un certo punto perdiamo di vista il quadro e soprattutto il mistero che lo circonda), Enigma Tiziano è una piacevole lettura, supportata da una scrittura cesellata, quasi antica nella sua perfezione lessicale, un libro che ha il pregio di riportare alla luce, di un periodo storico così già ampiamente raccontato, un particolare poco conosciuto, quell'attività di protezione del nostro patrimonio artistico allora così fortemente a rischio. Una percezione di pericolo che forse non abbiamo del tutto chiara. Bella quindi l'idea di accendere i riflettori su personaggi realmente esistiti (e citati nel romanzo) che tanto si prodigarono per fermare la spoliazione nazista delle nostre opere d'arte.
Sabrina Miglio
Social Network