Due libri molto diversi tra loro che ho amato molto. In occasione allora di questa nuova avventura, ho intervistato Andrea Crisanti, l'editore.
· Quando e dove è nata la casa editrice?
Non esiste mai un quando esatto per questo tipo di decisioni. L’idea di aprire una casa editrice è intrinseca in chi lavora da tanto tempo in questo ambiente, credo che venga a tutti prima o poi. C’è un momento in cui ti rendi conto che sei quasi noioso e parli soltanto di libri, di quelli pubblicati e di quelli che non lo sono e del motivo per cui non vengono proposti. E forse a questa domanda non ho mai dato una risposta ed è il motivo per cui poi ho creato Ago, per provare a dare un posto ai libri che non lo avevano. Sono invece molto sicuro sul dove sia nata, e cioè a Torino: mi sono trasferito qui da un paio d’anni, e al contrario di Roma, che è città monumentale e stupenda, capace di sminuire con una battuta al bar o uno scorcio in centro qualsiasi proposito o guizzo personale, Torino aiuta questo genere di possibilità perché è una città piccola, a tratti claustrofobica e che quindi stimola il pensiero attivo, un pensiero di evasione, perché è appunto città a misura, dove la possibilità di costruire sembra più concreta e meno difficile da immaginare come per me era a Roma. Ovviamente è una sensazione molto personale, non bisognerebbe neanche dirlo ma oggi…
· Perché proprio il nome "Ago"?
Prima ancora di sapere cosa pubblicare avevo
in mente un’idea di editoria. Qualcosa che fosse pratico, artigianale, ben
fatto e ragionato, in controtendenza rispetto alle esigenze di mercato di oggi,
qualcosa che fosse antico e moderno insieme. L’ago restituisce completamente
questa idea. Mi piace molto il concetto di un lavoro lento, non nell’accezione
di rallentato, ma di meditato, consapevole, inattuale perché sceglie di
sostenersi non attraverso la produzione massiccia, mensile o settimanale, ma
attraverso una consapevolezza e una condivisione di intenti con le librerie
indipendenti. Questo fa sì che i libri non scadano, ma entrino nelle teste dei
librai e dei loro lettori, sfuggendo alle logiche contemporanee. Usare il tempo
e voler un po’ più bene ai libri e non trattarli come carne da macello.
· Da chi è composta la redazione?
La redazione è composta da Chiara Rondoletti
che è la progettista grafica della casa editrice. Tutto ciò che vedete è frutto
della sua ricerca estetica. Ci sono anche Caterina Miracle Bragantini e Giulia
Di Filippo in qualità di traduttrici e redattrici. È tutto molto piccolo
ovviamente, diritti, eventi e commerciale si fa tutto in casa, è normale che
sia così, credo.
· Qual è il vostro campo di ricerca? Quali testi
cercate di proporre al pubblico?
La narrativa è il settore in cui sinceramente
mi trovo più a mio agio. Fin dai miei poco proficui studi in Lettere moderne ho
capito che in Italia c’è un problema di proposta. Studiamo e leggiamo sempre le
stesse cose. In qualche modo questo comportamento è giustificabile dalla grande
qualità della proposta, sia degli autori italiani che di quelli stranieri, e
quindi è come se non si sentisse realmente la necessità di andare a vedere cosa
c’è al di là del recinto degli autori e delle autrici che noi oggi conosciamo.
Quindi la proposta è semplice, cerchiamo libri mai tradotti in Italia o fuori
catalogo da molto tempo, ma personalmente preferisco le prime edizioni, sono
più rischiose, ma le più importanti.
· Qual è la prima collana e i primi testi
pubblicati?
Ago non ha collane. Se si sfogliano i nostri primi due titoli si vede, non ci sono altri nomi, definizioni, o claim di collana. Non perché non siano importanti o decisivi, ma noi con Ago facciamo tre o quattro titoli all’anno, meno di una collana vera di un editore medio. I primi testi pubblicati sono stati Confessione di mezzanotte di Georges Duhamel e I condannati dell'Escambray di Norberto Fuentes.
· Perché proprio Duhamel e Fuentes?
· Considerato che il testo di Duhamel è il primo
di una serie di cinque, prevedete di pubblicare anche i restanti quattro?
Certo! Anzi, colgo occasione per ringraziare
i lettori che lo hanno accolto e che lo stanno apprezzando nella bellissima
traduzione di Caterina Miracle Bragantini. La mia idea è di pubblicare tutto il
ciclo e poi andare oltre, Duhamel ha scritto molto, valutiamo volta per volta e
poi decidiamo.
· Qualche anticipazione sulle pubblicazioni
future?
A marzo, in occasione di Book Pride, i primi
del mese uscirà un libro di Mary MacLane, L’attesa del diavolo. Quando
uscì in America, nel 1902, vendette centomila copie in due mesi. Vediamo noi
cosa possiamo fare (scherzo). A maggio ne esce un altro ma non voglio dire
nulla ancora, è una perla pregiata che va tenuta nascosta. A ottobre esce Op
Oloop di Juan Filloy, uno scrittore completamente anticonformista,
argentino, la cui traduttrice credo che al momento abbia una crisi al giorno
per cercare di stargli dietro, ma il libro è molto bello, folle. È la storia di
un uomo che fa lo statistico e che sta andando a sposarsi in taxi, ma per un
imprevisto arriva in ritardo all’altare e manda tutto all’aria. Questo venderà
cinque copie in tutto, invece! Grazie.
Intervista a cura di Deborah D'Addetta