di Zerocalcare
Bao, 2023
pp. 248
€ 20,90 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Del perché acquistare o non acquistare questo nuovo volume di Zerocalcare lo spiega proprio l’autore nella breve storia inedita che apre e chiude Enciclopedia calcarea: guida ragionata all’universo di Zerocalcare, uscito come sempre per Bao. Ma che cos’è, che cosa contiene e perché personalmente l’ho trovata molto più interessante di quanto inizialmente pensassi? Andiamo con ordine.
Il volume raccoglie i settanta fascicoli usciti in edicola a partire dal 2020 insieme alle statuine dei personaggi nati dalla penna di Zerocalcare, al secolo Michele Rech, forse il più celebre fumettista italiano di tutti i tempi. Ed è un compendio ragionato dei personaggi, da quelli più iconici a quelli che hanno fatto un’apparizione fugace, del suo universo creativo. Organizzati in ordine alfabetico, sono raccontati dall’autore in un’intervista lunga tutto il volume a cura di Michele Foschini che da tempo sospetto conosca Zerocalcare e le sue storie meglio dell’autore stesso.
Ecco, questo semplificando molto risponde alla domanda “che cos’è” e pure un po’ a “che cosa contiene”. Ma, come accennavo, questo volume mi ha sorpresa perché non è solo un tassello interessante per tutti gli accaniti lettori di Zerocalcare con manie da collezionismo – ci scherza su proprio l’autore – quanto l’occasione per «sbirciare un processo» che è tanto creativo quanto personale, trovare risposta a molte delle domande che nel corso degli anni ci siamo posti – una su tutte: ma Secco è davvero così come lo descrive? Spoiler: è perfino edulcorato rispetto alla persona reale – e seguire Rech in riflessioni che vanno oltre il personaggio di una storia a fumetti. Certo, è anche un po’ una chicca da collezionisti, sia chiaro, ma con un suo valore e un suo senso.
Le domande di Foschini ci portano alle origini di ogni personaggio, da Genitore 1 a Giulia Cometti, Sara, Cinghiale, una quantità di demoni di cui non ricordavo l’esistenza, il Guardino della P.C.O., Amico Faggiano Imperiale e tutti gli altri, scoprendo di volta in volta il senso profondo di ognuno di loro, lo scarto tra persona reale cui sono ispirati e personaggio, il contesto della prima apparizione, la loro evoluzione se sono diventati ricorrenti. La prima cosa, quindi, che colpisce di quest’opera è quello che si diceva poc’anzi, la possibilità di sbirciare il processo creativo che porta dall’idea alla nascita dei personaggi e delle storie che sono diventate l’universo Zerocalcare, fatto di lavori molto diversi tra loro ma tutti accomunati dalla stessa urgenza, da una passione evidente per la narrazione della società contemporanea, le sue storture, le ansie – tante – e frustrazioni – come prima – di una generazione che a un certo punto si è ritrovata in una vita ben diversa da quella che sognava.
Poi è cambiato tutto: tutte quelle certezze sono crollate e ci sono stati gli anni in cui ci siamo sentiti traditi, a inseguire mille lavoretti senza continuità, allontanandoci sempre di più dalla vita che avevamo sognato. (p. 85)
Mentre scrivo, è uscito un numero speciale di Internazionale che contiene ventisei pagine di una storia inedita che Zerocalcare ha dedicato a Ilaria Salis: italiana detenuta in Ungheria «con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di due neonazisti nel giorno della commemorazione delle SS a Budapest, con una richiesta di condanna a sedici anni di carcere» spiegava lui stesso in una storia su Instagram. Cito “In fondo al pozzo” perché ben esemplifica quello che accennavo prima, quell’attenzione di Rech al mondo in cui viviamo e a quelle storie che non sempre attirano la nostra attenzione – tralasciamo le ragioni dietro alla costruzione e comunicazione delle notizie – , la personale sensibilità che lo porta a occuparsi con i mezzi che sono del suo mestiere di determinati fatti.
Leggendo la lunga intervista-dialogo con Foschini troviamo risposte a molte delle domande che negli anni si sono intrecciate al lavoro di Zerocalcare, a partire dal fatto se sia più o meno appropriata l’etichetta di scrittore generazionale – se poi questa etichetta debba sempre avere accezione negativa è un’altra storia ancora – e il legame con i suoi lettori:
La mia unica speranza è che quella cosa che racconto sempre sia vera e non solo un bluff: che il minimo comune denominatore tra me e i lettori miei non sia anagrafico, ma riguardi gli impicci che abbiamo in testa, che ci permettono di riconoscerci tra simili a 14 come a 90 anni. (p. 14)
Ho sempre pensato che ci siano due filoni, che molto spesso si intrecciano, nella produzione letteraria di Zerocalcare e che personalmente mi fanno apprezzare le sue storie: il dialogo strettissimo con la sua, la mia, generazione e tutte le paturnie, frustrazioni e complessità che ci portiamo dietro, che viviamo a Rebibbia o che ne abbiamo scoperto l’esistenza attraverso i suoi fumetti; e l’impegno, morale, sociale, politico, lo sguardo ben piantato sulla società contemporanea e che comprende tanto l’ilarità scatenata dalla pop culture di cui ogni storia è intrisa, quanto la profondità di certe narrazioni in cui la presa di posizione è netta e inequivocabile. Sono due aspetti della stessa persona, dello stesso narratore, l’una che vale quanto l’altra. Si compenetrano e danno vita a testi stratificati, dalla polifonia capace di intrecciare ironia pungente, romanesco e serietà, in un equilibrio mai scontato e ogni volta diverso. Ci sono storie, per loro natura, in cui il piatto della bilancia pende più dalla parte della leggerezza e altre che si spostano nettamente verso la serietà, ma l’uno e l’altro sono allo stesso modo Zerocalcare.
E qui, nell’Enciclopedia Calcarea, forse mettiamo un po’ da parte proprio Zerocalcare e ritroviamo Michele Rech, il fumettista ma soprattutto l’uomo, che si è fuso con il personaggio protagonista delle sue storie, fortemente autobiografiche ma anche qui con un certo scarto tra realtà e fantasia, seppure noi lettori tendiamo a dimenticarcelo. Quello che, di certi mostri e ansie, parla limpidamente nelle sue storie, gli dà perfino delle fattezze diventate iconiche e che del proprio lavoro ha fatto la vita stessa.
[…] in questi anni mi sono concentrato così tanto sul lavoro che, se mi fermo, devo per forza guardare al resto della mia vita, che ho lasciato completamente allo sbando. E sono mostri da affrontare decisamente più grandi delle tavole da consegnare. (p. 32)
È anche un po’ consolatorio leggere Zerocalcare, tanto le storie quanto i fumetti perché, non me ne voglia male, io alla fine mi sento un po’ meglio: penso che per quanto il lavoro mi assorba, per quanto in alcuni momenti della vita sia stata preda di insicurezze e frustrazioni o mi sia sentita fuori sincrono rispetto alle persone che mi circondavano, ecco, c’è sempre Zerocalcare a essere ben più incasinato di me. E ti fa un bel po’ tenerezza Michele Rech, a cui auguri nella realtà sia molto meno complessato rispetto al suo personaggio. Anche se non ci giurerei.
L’ironia pungente, poi, e quella strana combinazione di gravità e prolungata età adolescenziale sono ben radicati in Rech, fin da bambino:
Comunque a cinque anni, dopo che mia madre mi lasciò con mia cugina sedicenne a farmi da baby sitter, la sera quando rientrò dal lavoro ricordo di averla presa da parte e di averle detto: “Senti, io non posso passare tutti i pomeriggi a fare da balia a mia cugina, dille che quando mi chiudo in camera lei si trovi qualcos’altro da fare”. (p. 46)
Ho riso molto anche con questo volume, di quella risata a voce alta che con la lettura solo le parole di Zerocalcare sanno sempre regalarmi. E dietro le risate molti spunti interessanti e la capacità di un autore di osservare il mondo in cui siamo immersi.
Debora Lambruschini