di Italo Calvino e Leonardo Sciasca
a cura di Mario Barenghi e Paolo Squillacioti
Mondadori, 2023
pp. 324
€14 (cartaceo)
€7,99 (e-book)
Il carteggio, quindi, apre una finestra sulla vita culturale e politica del Paese, che fa da sfondo senza mai essere in primo piano, se non in quei momenti in cui Calvino restituisce a Sciascia le sue impressioni sui manoscritti che il racalmutese gli inviava per una lettura previa all’invio degli stessi a Einaudi. Calvino, quindi, fu lettore-cavia di Sciascia e lo consigliò, abbondantemente, non senza perdere l’equilibrio tra gli elogi e i rimproveri. Scherzando, lo stesso Calvino gli dice che ha deciso, «per adeguarmi ai tempi da lupi in cui stiamo vivendo, di propinarti qualche piccolo boccone amaro in ogni lettera» (p. 165). Sono in particolare i gialli non gialli di Sciascia a scatenare l’entusiasmo di Calvino: Il giorno della civetta, su cui Sciascia inizia a lavorare proprio quando sta scrivendo un saggio sul romanzo giallo (mai completato e confluito nella raccolta Il metodo Maigret); Il contesto e Todo modo, i due gialli senza soluzione di Sciascia, nei quali l’autore esce dalla Sicilia per parlare di tutto il Paese. Qui Calvino percepisce tutta la verità che si cela dietro i due “racconti” (Sciascia non chiama mai “romanzi” i suoi scritti) e prova a risolvere l’enigma che, invece, il libro non scioglie. Ma Calvino intuisce che quest’impossibilità nel trovare una soluzione risponde a come è l’Italia nella sua anima più profonda e che troverà un riscontro quasi inquietante con il caso Moro, a seguito del quale Sciascia scriverà il suo Affaire, di cui Calvino non condivide le tesi, ma ne elogia la qualità letteraria e la finezza delle osservazioni (si veda lo scritto reciproco numero XIV, pp. 267-270).
L’epistolario permette al lettore di entrare nelle dinamiche della Einaudi dalla fine degli anni ’50 fino alla metà dei ’70. Grazie allo scambio di lettere, ci è dato modo di rivivere la stagione dorata di almeno due collane storiche della casa torinese: i Gettoni e i Coralli. Sui primi, Sciascia pubblicherà, dopo numerosi rimandi, Gli zii di Sicilia. Mentre sui secondi approda tutta la grande produzione sciasciana, a cominciare da Il giorno della civetta, uscito nel 1961, nonostante nel carteggio venga menzionato già a partire dal 1956: «Per ora lavoro a un racconto sulla mafia nella zolfara: e ci lavorerò per tutta un’annata, almeno» (p. 19). Da una lettera di Sciascia a Calvino del 7 settembre 1961, apprendiamo che, quello che sarebbe a tutt’oggi il libro che per la prima volta tracciò la relazione tra mafia siciliana e politica romana, non venne capito dagli organi di stampa della DC e del PCI. Sciascia, infatti, si lamenta del poco e mal sprecato spazio che gli dedica L’Unità, mentre si rincuora della calorosa accoglienza che al libro venne data in uno spazio culturale all’epoca considerato inferiore:
«Sono contento che il libretto sia andato: ma deluso, terribilmente deluso che nessuno l’abbia visto nella giusta luce; tranne, forse, l’anonimo recensore che se ne è occupato sul ‘giallo’ Mondadori». (p. 143)
L’illuminismo mio e tuo dà al lettore l’opportunità di capire alcuni processi creativi dei due autori, soprattutto sciasciani, che si possono evincere indirettamente dal carteggio. Questo non è un epistolario che dischiude al lettore il mondo calviniano, bensì quello di Leonardo Sciascia, con un accompagnatore speciale quale era Italo Calvino nella sua veste di editore. Così scopriamo come nascono i racconti, come è dentro Sciascia l’ossessione per la verità e per la Sicilia, al punto che, a un certo momento, dopo A ciascuno il suo, sente la necessità di uscire dall’isola e di parlare da una prospettiva diversa. Forse aveva capito che dell’Italia, la Sicilia è una sintesi perfetta e, per questo, Calvino se ne rallegra non appena legge il manoscritto de Il contesto. Indimenticabili sono le pagine dedicate alla riflessione metaletteraria e al ruolo della letteratura nel tempo storico dei due scrittori e amici. Dalle letture che Sciascia fa di Calvino, e di cui ci giunge una minima parte perché il siciliano era solito recensire tutto quello che l’amico scriveva, si evince una chiave di lettura ben diversa da quella che si potrebbe immaginare: Sciascia riporta la narrativa dell’amico alla realtà, la colloca nell’Italia del loro tempo e le conferisce un senso inaspettato. Anche dallo stesso Calvino, che lo definisce già nel 1958 «l’ottimo dei lettori» (p. 56) a seguito della recensione al Barone rampante che Sciascia pubblica su Il ponte nel dicembre del 1957. La lettura reciproca, il piacere della lettura reciproca, restituisce a noi lettori, studiosi e scribacchini del XXI secolo, un’atmosfera di naturale nostalgia verso un’epoca che molti di noi non hanno vissuto, ma che grazie a L’illuminismo mio e tuo possono immaginare quasi perfettamente.
Uno spazio importante è dedicato alla galassia delle relazioni e delle letture di entrambi gli scrittori. Da questa prospettiva meno intimista della relazione tra Calvino e Sciascia, appare evidente tutta la forza del carteggio come documento storico e come strumento di analisi storico-letteraria per lo studioso o il lettore incuriosito. È sempre menzionata la lunga collaborazione di Sciascia con L’Ora di Palermo, mentre sono innumerevoli i premi, le riviste, i nomi che i due si scambiano in un’amicizia che è anche e soprattutto collaborazione professionale. E collaborano in molte pubblicazioni, magari curate dietro le quinte da uno dei due e poi sigillate dalla firma di una prefazione dell’altro. Il tutto per cercare di elevare l’amico. Come nel caso di un incarico per le edizioni della Regione Siciliana per la riedizione de Le parità e le storie morali dei nostri villani di Serafino Guastella, nella quale Sciascia implica Calvino, che oltre a siglare l’introduzione e a curare l’edizione, riceve un compenso di 300.000 Lire. Notevole è il modo in cui Calvino si spende per Sciascia nei premi letterari, all’epoca ancora agli albori. Ne è un esempio la proposta dello stesso autore del Barone rampante di includere Il giorno della civetta come romanzo italiano da portare alla prima edizione dei Premi Formentor, in Spagna, organizzati da un gruppo di editori europei e che avrebbero garantito a Sciascia la traduzione del suo romanzo in diverse lingue, oltre a un lauto premio in denaro. I nomi che emergono in tutto il carteggio sono quelli della cultura italiana dell’epoca. Il più ricorrente è quello di Vittorini, che co-dirigeva i Gettoni einaudiani e ha sempre un occhio di riguardo verso Sciascia, soprattutto all’inizio quando il giudizio di Calvino è più severo. Ma anche Roberto Cerati, Elena Croce, Arnoldo Foà, Mario La Cava, Enzo ed Elvira Sellerio, ecc., a comporre una galassia di relazioni che evidenzia come, in fin dei conti, il mondo editoriale dell’epoca era una cerchia abbastanza ristretta di persone.
Per concludere questa lunga nota, non rimane che segnalare il magnifico lavoro dei curatori, che non solo hanno riunito le lettere, ma le hanno anche suddivise in sezioni e accuratamente annotate, arricchendole con una serie di scritti reciproci tra Sciascia e Calvino che completano i pareri espressi con maggiore enfasi e informalità nelle lettere. La forza de L’illuminismo mio e tuo risiede, infine, nel rigore accademico con il quale è stato composto, unito all’obiettivo di raggiungere un pubblico lettore vasto e non per forza specializzato. Il carteggio tra Sciascia e Calvino così come l’hanno confezionato Barenghi e Squillacioti è allo stesso tempo uno strumento di ricerca e di studio, ma anche un testo divulgativo che apre le porte al dietro le quinte del lavoro letterario ed editoriale di due giganti del Novecento italiano.
Alessio Piras
Social Network