Chi ha già letto La casa di Fripp Island o La casa dei Gunner sa che Rebecca Kauffman è magistrale nell'occuparsi di romanzi corali che mettono al centro i rapporti familiari e sentimentali e mostrano luci e ombre dei diversi personaggi.
Quasi impossibile è riassumere la trama di La famiglia Shaw, al momento l'ultimo uscito per la collana BigSur delle Edizioni Sur, con la traduzione di Alice Casarini. Se pensiamo che la storia di ognuno è particolarmente intricata, proviamo a immaginare cosa può accadere quando intrecciamo le vite di due genitori e quelle dei loro sette figli. Eppure qualcosa si può dire, senza commettere colpevoli anticipazioni: gli Shaw sono da sempre piccoli proprietari terrieri in Virginia e sono abituati a vivere piuttosto isolati, prestando attenzione alle mansioni giornaliere e ai problemi nel far quadrare i conti per sfamare tutti quanti. Sulla casa degli Shaw aleggia però un'enorme preoccupazione: Marie, la moglie di Jim Shaw, è affetta da gravissime crisi depressive, che la costringono a letto, lontana dal resto dei suoi famigliari. I figli, anche i più piccoli, sanno di non dover fare chiasso per non disturbare la madre, limitandosi a portarle il cibo su un vassoio o a rispondere alle sue rare richieste. I tentativi dei bambini di attirare l'attenzione della donna cadono perlopiù nel vuoto. Nessuno parla apertamente di cosa abbia Marie, né dei sentimenti contrastanti generati da questa sua presenza-assenza. E questa pesante influenza non abbandonerà i ragazzi anche dopo la morte della madre.
Eppure la vita di ognuno prosegue: Wendy, la primogenita, sente fortemente su di sé la responsabilità della casa e dell'educazione dei fratellini e sorelline e non lesina sacrifici per coprire ciò che sta avvenendo. Sam, il secondo, è sensibile e spesso prova con Wendy a proteggere i più piccoli, almeno finché non dovrà arruolarsi in guerra. Jack è da sempre più bravo a occuparsi delle vite degli altri che della propria, e per questo cadrà vittima dell'alcol più e più volte per tamponare le sue ferite e per reprimere la rabbia che ha sempre provato nei confronti di sua madre. Maeve, interessata alla psicologia, farà scelte che la porteranno lontana dalla famiglia, mentre Lane è destinata a sposarsi a quindici anni, in circostanze che portano con sé lo sgomento di tutti. Henry e Bette, gli ultimi due, fanno spesso comunella tra di loro, per quanto gli eventi li porteranno a prendere le distanze per un lungo periodo. E Jim? Jim è un capofamiglia che cerca di fare il possibile per i suoi figli, ma la sua sensibilità lo farà sentire in colpa e lo porterà a ritenersi inadeguato sia come padre sia come marito. Benché nessuno abbia il coraggio di dichiararsi infelice nella famiglia Shaw, tante sono le circostanze condizionate da una patina di tristezza, dalla consapevolezza che occorre andare avanti, sì, ma che le difficoltà sono dietro l'angolo. O meglio, sono a casa.
Ciò che colpisce è la forza dei legami tra gli Shaw: per quanto i personaggi possano essere molto diversi gli uni dagli altri e alcuni prendano le distanze per periodi più o meno lunghi, l'affetto regge la prova del tempo e le incomprensioni vengono superate. Forse questo dipende anche dall'isolamento: l'azienda agricola di famiglia è una micro-comunità; per quanto i bambini del circondario giocassero con gli Shaw da piccoli, ad esempio, è sempre stato chiaro il divario tra loro e i fratelli. Anche così si spiega la fatica di tanti ad accettare i mariti e le mogli dei famigliari, che ai loro occhi rappresentano degli intrusi, spesso indesiderati, nel nucleo compatto degli Shaw.
Altro elemento fondamentale da rilevare è infine il montaggio narrativo: Rebecca Kauffman decide di mescolare l'ordine degli eventi, offrendo ai lettori capitoli intitolati con l'anno di riferimento. Per darvi un'idea, all'inizio dell'opera si parte nel 1929, si passa al 1934, quindi si vola al 1951 e poi si torna al 1935, e via così, con qualche flashback sull'infanzia di Marie e di Jim all'inizio del secolo. L'intreccio risulta particolarmente mosso e mi sono chiesta più volte che cosa possa aver portato l'autrice a preferire questo montaggio al più semplice ordine cronologico. Mi sono risposta (chissà se è così?!) che mescolare gli eventi permette al lettore di comprendere come certi problemi, discussioni, temi si susseguano nel corso degli anni. C'è evoluzione? Solo alcune volte, perché certe sofferenze condivise sono tanto incistate che forse percepiamo una risoluzione giusto nelle ultime pagine, che fungono effettivamente da epilogo.
Appassionante per chiunque ami i romanzi che accompagnano lungo gli anni i personaggi attraverso relazioni, addii e nuovi incontri, La famiglia Shaw è una gran bella conferma del talento narrativo di Rebecca Kauffman, che spero di ritrovare presto con una sua nuova opera.
GMGhioni