di Philippe Lechermeier
L'ippocampo, novembre 2023
Traduzione di Fabrizio Ascari
pp. 368
€ 15,90 (cartaceo)
– Ma... è impossibile! sbottò Anja. A parte la posta, il telefono o il telegrafo, non ci sono altri mezzi per comunicare a distanza. A meno di usare i segnali di fumo, come gli indiani.– Io penso che si tratti di magia! concluse Pjotr, ripensando ai segni tracciati da Pepina sulla neve e sulla sabbia.– Pjotr! Quante volte devo dirti che la magia non esiste! È come per le carte del Trattato degli Indomani. Si parla di "magia" quando non si è capaci di spiegare le cose altrimenti. (p. 49)
Dopo le peregrinazioni e la vita vagabonda attraverso la Siberia, Anja, Pjotr, Čavolo, Pepina e Jørn hanno la possibilità di ritornare in un mondo in cui dovrebbero essere al sicuro: a Vienna, dove i genitori di Anja sono stati finalmente liberati e, con la loro influenza e disponibilità economica, potranno aiutare la figlia e i suoi amici. Ma il ritorno tanto atteso non va come previsto e gli sgherri del Grande Cofto sono ancora a caccia del violino di Anja, lo strumento in grado di aprire le porte del regno di Maldoror di cui il Grande Cofto si dichiara il vero erede. L'unità del gruppo viene messa a dura prova dai nuovi pericoli e, dai rigidi inverni siberiani, i ragazzi devono raggiungere la raffinata Parigi alla caccia di nuovi indizi che possano portarli verso il regno di Maldoror. Ammesso e non concesso che esista: e se stessero seguendo solo un'illusione resa reale dalla smania di potere del Grande Cofto?
Anja riaprì gli occhi davanti al bel Danubio blu che scorreva verso la città ammantata di neve. Suonavano, consapevoli che, finché le loro voci e gli strumenti avessero vibrato all'unisono, avrebbero tenuto lontano le grida e il terrore. Il rumore e il furore. Lo spavento... (p. 121)
Maldoror. Il principe Fauno, il secondo volume della trilogia fantasy di Philippe Lechermeier (trovate qui la recensione al primo volume), mette i protagonisti di fronte alle incomprensioni e diverse necessità che si affrontano nel processo di crescita. Se nel primo romanzo la contrapposizione era tra il gruppo di ragazzini e le brame del mondo adulto, qui gli scontri si insinuano tra i cinque ragazzi che, ciascuno a loro modo, si confrontano con la crescita e il loro modo di affrontare le storture del mondo. Questo processo porta, inevitabilmente, ad alcune forme di separazione.
Anja ha ritrovato i suoi genitori. La promettente giovane violinista, il cui strumento è la chiave di volta per entrare a Maldoror, riprende la sua vita, ritorna al conservatorio come una delle stelle nascenti della musica dell'Impero austroungarico e fa sempre più fatica e seguire le proposte dei suoi amici. Lei, scettica sulle doti divinatorie di Pepina e refrattaria alla magia, respinge sempre di più la possibilità che Maldoror esista veramente. I rischi, anche di morte, a cui questa storia l'ha sottoposta la spingono verso un mondo più adulto e, pur con tutte le sue cattiverie, più facilmente decifrabile. Le carte dell'Indomani, le scarpe magiche, il controllo sugli animali sembrano solo qualcosa che ancora non si sa spiegare. La vicinanza con Marge e con suo fratello la tirano sempre di più verso il mondo benestante in cui i suoi amici non sono ammessi, in un percorso che ricorda quello di Susan Pevensie delle Cronache di Narnia.
Pjotr, i cui sentimenti per Anja sono ancora confusi tra il dolore del tradimento per lo scambio del violino, la gelosia verso Jørn e il sincero affetto per l'amica, non riesce ad accedere al mondo di Anja: lui e gli altri, definiti con spregio "zingari", sono vittime di attacchi non solo da parte degli scherani del Grande Cofto, ma anche si pregiudizi etnici e di ceto; nonostante tutto quello che hanno passato, la fame e il freddo patiti durante la loro fuga, è questo che più ferisce.
Čavolo, il più giovane della compagnia e, finora, l'unico senza un potere specifico, inizia a sviluppare qualcosa a partire dalla sua bizzarra abitudine di collezionare ossa di animali; Pepina, la più grande, riesce a coniugare la trasparenza dello sguardo dell'infanzia all'astuzia più adulta; il silenzioso Jørn sceglie una strada ancora non ben comprensibile, ma che sembra andare di concerto con i piani della Morte di Anja, la figura tatuata che insegue i ragazzi sin da quando la storia è incominciata.
Il romanzo affronta tematiche con cui i giovani, sia lettori che personaggi, devono iniziare a confrontarsi per accedere a una nuova fase della loro vita: il razzismo, l'amore, la capacità di mantenere le amicizie anche quando si cresce e la sensibilità che si può nascondere in personaggi negativi come i Cancellatori, i violenti bulli al servizio della baronessa. Una cura particolare è riservata alla descrizione dei piani di Pjotr e Pepina che toccheranno la tematica dell'identità sessuale e di genere calata nel contesto avventuroso.
– Che sciocca, disse Pepina sforzandosi di riassumere un tono serio. Anja, non posso convincerti che quella porta esista, né dirti su cosa si apra per l'esattezza. So soltanto che il Gran Cofto ci crede ciecamente. E che è pronto a tutto per richiuderla... (p. 75)
Che la leggenda sia vero o meno ha un'importanza relativa. Come le profezie dell'Ufficio Misteri di Harry Potter, anche la storia di Maldoror ha valore perché il Grande Cofto gli attribuisce veridicità. Questo significa che non smetterà mai di dare la caccia ai ragazzi e al violino di Anja, indipendentemente dal fatto che loro ci credano o meno. La differenza resta sempre nel come si decide di andare nell'arena: se trascinati o se di propria spontanea volontà e a testa alta. La direzione è ormai presa, il finale del romanzo è un punto di non ritorno. Non resta che aspettare l'ultimo volume, il cui titolo originale è Autrenuit, per scoprire se e dove le porte di Maldoror si apriranno.
Giulia Pretta