È sempre difficile parlare o scrivere di cosa accade e cosa si pensa quando si riceve per la seconda volta nella vita una diagnosi infausta: Vera, la protagonista del nuovo romanzo di Susanna Bissoli, I folgorati, ha già provato a sentirsi dire che ha un tumore, lo stesso di cui, anni prima, è morta sua madre. E adesso sa che dovrà ricominciare la trafila di operazione e cure. Un vero e proprio fulmine si è abbattuto, per la seconda volta, su di lei, già folgorata una volta e sopravvissuta, ma con i segni fisici e psicologici lasciati dalla malattia.
Dove trovare la forza per lottare ancora una volta? Forse nell'amore per Franco, un ortopedico che sta affrontando una nuova vita con Vera, dopo un matrimonio fallito? Forse nella famiglia? Vera sa che la sua malattia ha gravato anche su sua sorella minore Nora: il loro è un affetto sincero, sì, ma è andato stretto a entrambe lavorare insieme nel negozio di borse di Nora. Vera, autrice in passato di un libro di racconti di un qualche successo (soprattutto agli occhi dei famigliari), potrebbe forse ritornare a scrivere per sfogarsi? Non sa neanche questo. E se tornasse nella casa di famiglia, con suo padre Zeno, ad affrontare il periodo della chemio? Zeno è un padre presente con il suo affetto autentico ma un po' maldestro, e soprattutto lui stesso combatte con l'invecchiamento, a cominciare dalle gambe, che gli danno qualche problema di troppo, aggravato dai chili di troppo.
Tante sono le decisioni che Vera dovrà prendere, ma le è chiaro fin dal principio che non è in discussione se curarsi o meno. Semmai solo con chi trascorrere il periodo più probante della sua vita, la seconda "folgore" che le attraversa il corpo giorno dopo giorno e le lascerà nuove ferite.
Benché le premesse siano queste, I folgorati non è un romanzo sulla malattia di per sé; semmai è un romanzo sulla famiglia, su una donna che lotta perché non è la sua malattia, e vuole dimostrarlo innanzitutto a sé stessa. In più, di pagina in pagina capiamo che questa è anche una storia su come tante forme d'amore imparino a manifestarsi nel modo giusto in un periodo delicato. Ci sono i momenti di grande affetto e accudimento da parte della sorella Nora, tra una battuta ironica e un ricordo commovente; i giochi di Vera con la sua nipotina Alice; i tentativi di papà Zeno di non gravare sulla figlia con i propri acciacchi.
E poi c'è una scoperta tra le più sconvolgenti per Vera: suo padre le chiede una mano per copiare a computer dei suoi quaderni manoscritti, che contengono storie. Vera quasi non ci crede: suo padre, che parla preferibilmente in dialetto, pur con il suo basso livello di istruzione, ha riempito quaderni e quaderni di storie, metodicamente. Rivedere e copiare insieme quelle pagine va a riempire vuoti lasciati dal tempo, chiarisce incomprensioni, smuove dalla comodità di riconoscersi nei rispettivi ruoli di figlia e genitore. Le ore insieme sono preziose, e più di una volta padre e figlia si troveranno ad aiutarsi, invertendo di volta in volta i propri ruoli di malato e infermiera, di assennato e avventata, di punto di riferimento e improvvisatrice.
Estremamente rarefatto, a cominciare dalla netta preferenza per la paratassi e per dialoghi serrati, privi di qualsiasi verbo introduttivo, I folgorati è un libro che lascia al lettore parecchio spazio bianco per pensare. A cosa farebbe al posto di Vera. A come la propria concezione del futuro può variare all'arrivo della malattia. A quanto chi abbiamo attorno sia determinante nel prendere una decisione. Alla speranza di restare folgorati, sì, ma vivi.
GMGhioni
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