Quando si sente il nome di Ursula K. Le Guin, subito vengono in mente i suoi grandissimi successi, a cominciare dall'esalogia di Terramare, e i tanti premi ricevuti nel campo della letteratura fantastica dagli anni Sessanta fino alla sua morte nel 2018. È dunque con grandissime aspettative che ho aperto Lavinia, la più recente proposta in casa editrice Mondadori per la collana Oscar Fantastica, con la traduzione di Chiara Reali.
Siamo davanti a un romanzo che appartiene al genere del fantastico epico e va ben oltre, come vedremo, alla riscrittura del poema virgiliano. L'idea di base è quella di dare voce a una delle donne più silenziose dell'epica classica: Lavinia, figlia del re Latino, come sappiamo, diventerà la moglie di Enea, nonché la sua terza donna amata, dopo la moglie Creusa, morta durante la fuga dalla città di Troia in fiamme, e dopo la regina Didone, abbandonata a Cartagine secondo i dettami degli dèi. Lavinia è simbolo di una rinascita personale ma soprattutto sancisce un'alleanza forte con un nuovo popolo, quello dei Latini, e dai loro discendenti avrà origine tempo dopo il popolo romano. Ma Lavinia, esattamente, cosa pensava di quel matrimonio organizzato? E come era solita vivere nella città del padre e, successivamente, nella città di Lavinio, fondata dopo le nozze?
La Lavinia creata da Ursula K. Le Guin è una fanciulla che conosce bene le regole del gioco, ovvero sa come funzionano i rituali, quali sono i limiti della sua libertà e qualche volta sa anche come aggirarli. Io-narrante che riflette molto e mette a parte noi lettori di una realtà con usanze e riti religiosi profondamente diversi, Lavinia conosce la sua terra, il suo popolo, i pretendenti (tra cui si distingue Turno), i suoi famigliari, ma anche il fatto che il suo destino sarà diverso da quello immaginato da sua madre, che la vorrebbe sposata col re dei Rutuli.
Infatti, grazie a un escamotage narrativo di grande impatto, Ursula K. Le Guin permette a Lavinia di sapere qualcosa in più rispetto a tutti gli altri personaggi. E non solo grazie agli oracoli, ma per via di un'apparizione in un luogo sacro: si tratta del grande poeta Virgilio, il quale, in punto di morte, si scusa con lei per averle dato così poco spazio nel poema e le rivela alcuni eventi che vivrà di lì a poco. Le domande di Lavinia sono tante e Virgilio cerca di rispondere, ma non tutte le sue predizioni si realizzeranno esattamente così. Inoltre Le Guin trova modo per integrare nel testo informazioni sul divenire del poema, nonché sulla biografia di Virgilio e sulle difficoltà da lui affrontate durante la composizione dell'opera.
Quindi, Lavinia torna alla reggia con la consapevolezza che dovrà sposare un uomo straniero, come già d'altra parte era stato annunciato al padre; lei, tuttavia, conosce elementi in più, perché Virgilio le ha rivelato anche chi troverà la morte di lì a poco e le prospetta che Enea non potrà però governare sulla sua città per molto tempo. Possiamo dunque immaginare il dissidio interiore della giovanissima principessa, divisa tra il suo dovere da compiere e la consapevolezza che le sue nozze sono già state fortemente segnate dal destino.
La parte relativa alle guerre in terra italica (di chiara matrice iliadica) è quella più fedele all'originale virgiliano, nonché la meno introspettiva. E alla morte di Turno, quasi con incredulità, ci chiediamo: e adesso? Cosa accadrà nelle restanti cento pagine? Ed è qui che Le Guin torna all'inventività, mostrandoci dialoghi tra marito e moglie, preoccupazione per nuove guerre che verranno a bussare alle porte di Lavinio, ma anche la consapevolezza che Ascanio, il primogenito di Enea, governerà in modo imperfetto,... Enea è un po' sullo sfondo, e d'altra parte è difficile stare accanto a una Lavinia così narrativamente attiva e convincente. Nel mostrarci quindi cosa avverrà dopo l'Eneide, l'autrice si preoccupa di rendere il tutto verosimile, confermando la sua attenzione alla ricostruzione storica, geografica, antropologica e religiosa.
Stilisticamente, l'opera è decisamente densa: come sanno i suoi lettori, Le Guin impreziosisce il testo di parti descrittive ed espositive relative alle discipline succitate. Affascina come riesca a fare questo senza darci mai l'impressione di una "lezioncina", ma intessendo i contenuti culturali alla trama della vicenda. Va però detto che questa scelta, sicuramente apprezzata dai lettori più maturi, potrebbe portare alcuni giovani e giovanissimi a essere intimoriti da tali rallentamenti. Invece, gli appassionati del genere ringrazieranno Ursula K. Le Guin per l'appassionata fusione di epica, racconto fantastico e cultura antica.
(Un'ultima annotazione è da rivolgersi all'edizione che stringo tra le mani: anzitutto, vorrei dedicare almeno dieci minuti d'applausi alla copertina, splendida (dal vivo la parte rosa è molto più intensa e cangiante) e in linea con i gusti grafici degli ultimi anni. Viceversa, mi sono trovata più volte in difficoltà con la scelta di ridurre tanto le dimensioni dei caratteri; la buona spaziatura nell'interlinea aiuta, questo è vero, ma se avete problemi di vista considerate l'ipotesi di leggere l'ebook).
GMGhioni
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