La condizione della memoria
di Giulia Corsalini
Guanda editore, gennaio 2024
pp. 213
€ 16,90 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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Il momento incantato in cui il passato torna a vivere e la felicità di ritrovare un’immagine perduta che è stata familiare hanno purtroppo una fragile consistenza, basta poco e l’incantesimo si spezza […]. (p. 13)
La memoria famigliare è sempre un motivo caro; ripercorrere la storia dei propri genitori, però, non è mai un’impresa facile perché si deve mettere in conto di conoscere eventi che, nel corso della propria esistenza, non sono mai stati affrontati seriamente. D’altronde, in tutte (o quasi) le famiglie, tabù e segreti ripercorrono le epoche, giocando sul non detto, su silenzi o accenni, ma non per questo tendono a svanire. Riescono a essere tramandati di generazione in generazione, sebbene quasi sottovoce. Parte dal ricordo e dalla storia famigliare il romanzo La condizione della memoria di Giulia Corsalini, una storia in cui il valore della memoria famigliare diventa una condizione imprescindibile per un’esistenza serena.
Anna torna dopo più di trent’anni nel paese d’origine della madre: un piccolo borgo dell’Italia centrale, incorniciato dalle montagne e dal verde. Oggi, questo caratteristico paese è quasi disabitato e abbandonato; la maggior parte dei giovani si è trasferita in città per cercare opportunità di lavoro migliori (qui, infatti, si può solo coltivare la terra o allevare il bestiame). La donna decide quindi di passare un periodo di vacanza insieme all’anziana madre che forse potrebbe essere anche l’ultimo che trascorre con lei. Ecco, da qui il passato e il presente si sovrapporranno in un gioco di atmosfere e descrizioni. E se da una parte i ricordi della madre diventeranno un cardine della narrazione, dall’altra sarà il presente (insieme al futuro) a entrare prepotentemente nei pensieri della donna. Ad attenderle, trovano Luigi Russo, un uomo di mezz’età, nipote del vecchio vicino della madre (Augusto, un avvocato e una figura di spicco del paese quando la madre viveva lì). È proprio tramite questo particolare personaggio che si aprirà uno squarcio sui nostri tempi: Luigi, infatti, s’intrattiene con le donne ogni sera, raccontando del nonno e della casa paterna, che oggi è diventata una casa famiglia per immigrati. È intorno alle due case, che sembrano quasi assumere un ruolo di primo piano nella trama, che si svolge il percorso personale della protagonista perché quello di portare la madre nel vecchio paese non è un gesto del tutto altruistico.
D’altra parte quella stessa casa e quel paese, così lontani dai luoghi nei quali lei e io avevamo condiviso la nostra vita insieme, favorivano una condizione di dimenticanza rimandando a un passato privo per noi di riferimenti comuni, fatta eccezione per quella manciata di giorni, quell’ultima, cara stagione che aveva rappresentato a pensarci bene, l’anticamera dell’agonia. (p. 158)
La donna sta attraversando una profonda crisi emotiva che a stento riesce ad ammettere: all’età di cinquant’anni ha perso il lavoro ed è divorziata. Scatta da qui il bisogno di scoprire (o riscoprire) la vita della madre; e, sebbene le buone intenzioni quindi ci siano tutte, in realtà le due riusciranno a comunicare ben poco perché sembrano schiacciate da un peso invisibile. Per la madre sarà la memoria fragile a essere d’ostacolo e per la figlia, invece, sarà complicato cercare «un passato non personale e tuttavia riconoscibile e famigliare» (p. 51). La memoria diventa un mezzo investigativo personale che, attraverso un tempo (reale e narrativo) immobile, fermo ai tempi della giovinezza della madre, sembra non portare a niente. I ricordi che la figlia pare bramare sono solo evocati, accennati o sfumati, senza mai prendere una concretizzazione nella vita della protagonista che, come «quel luogo fermo nel tempo» (p. 95) in cui si muove (o meglio, non si muove), sembra galleggiare in un altro tempo e dimensione.
A un primo approccio sembra che La condizione della memoria sia una storia di demoralizzazione e rassegnazione, ma la speranza di ritrovare se stessa e il rapporto con la madre (ormai vicina alla morte) vive proprio in questo: nell’immobilità dei paesaggi, delle descrizioni, delle sfumature narrative e dello stile che scava dentro i pensieri e le paure della donna. La protagonista si aggrappa a questo (e a molto altro) per conservare «un barlume di speranza» (p. 155) per un futuro che sembra essere incerto quanto quello del paese, ma cui non è disposta a rinunciare. Giulia Corsalini procede su diversi piani temporali - si muove con agilità tra passato, presente e futuro-, mostrandoci solo alcuni (e precisi) frammenti che, però, trovano la sua collocazione nel legame tra la madre e la figlia, tra la donna e l’uomo o, semplicemente, con il paesaggio che sembra comprendere il suo senso di smarrimento.
Giada Marzocchi
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