Poesia come denuncia: delicatezza e crudeltà nella nuova raccolta di Lucrezia Lerro “Se osi parlare”


Se osi parlare
di Lucrezia Lerro
con i disegni di Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi
La nave di Teseo, 13 febbraio 2024

pp. 96
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)


Offro le mie parole alle amiche,
alle nemiche e alle amanti.
Racconto gli abusi di uomini
che agiscono in casa loro. (p. 21) 
Quarantanove lampi di poesia per narrare quarantanove abusi e ventisette prove d’amore per tracciare ricordi di infanzia e momenti indelebili del presente. Se osi parlare raccoglie poesie brevissime, a volte lunghe un solo verso, che, con delicatezza e spietatezza insieme, denunciano storie di violenza fisica e psicologica di donne diverse che non hanno potuto denunciare l’offesa e l’umiliazione subita. Lucrezia Lerro, scrittrice e poeta, ha voluto racchiudere in questo volumetto la potenza della poesia che traccia solchi profondi nella sensibilità di chi legge. I testi sono accompagnati dalle illustrazioni di una coppia di artisti che hanno fatto la storia del cinema d’avanguardia degli anni Settanta, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, creatori di Scented film, un film la cui proiezione è accompagnata dalla diffusione di essenze per una fruizione più coinvolgente dell’opera stessa.

Il libro presenta una struttura precisa: quarantanove brevi liriche numerate progressivamente intitolate Abusi, seguite da diciassette fogli riprodotti in carta patinata che recano i disegni delle violenze su donne e bambine etiopi durante il periodo coloniale, realizzati dai due registi, e poi ventisette componimenti intitolati Prove d’amore, che riprendono la numerazione interrotta dalle immagini.

Il televisivo, le sue mani dappertutto.
A casa dell’onanista che difende
donne e bambini. In privato li aggredisce. (p. 39)

Questa è una delle tante voci di donne che subiscono abusi e “proposte indecenti” sul luogo di lavoro, specialmente se si tratta del provino o del primo colloquio.

A diciotto anni, un provino da modella.
Gambe aperte e mani sul tavolo.
Fine della storia. (p. 62)

È il potere del maschio che chiede prestazioni sessuali in cambio di una parte in un film o di una promozione, ma Lerro dà la voce anche a tante donne che hanno subito violenza domestica, abusi tra le pareti di casa, oppure che hanno assistito alla violenza subita dalla madre, dalla sorella o dalla cugina ed è stato intimato loro di tacere. Alcune donne restano senza nome e si nascondono dietro a un io poetico; altre che invece vengono chiamate per nome, come Rosa, o Gilla, che, oltre alla violenza del partner, deve sfuggire alle avances del cugino:

Non fidarti, non accettare caramelle dagli sconosciuti.
Avrebbero fatto bene, Gilla e le sue sorelle,
a non andare a casa del cugino. (p. 31)

O dello zio:

Zì Carminuccio offriva cinquanta lire
per il calcetto a noi bambine.
Prendetele nelle tasche. Io e Gilla
non lo facemmo. Le altre invece sì. (p. 32) 

Lucrezia Lerro col suo minimalismo poetico sceglie di raccontare con sprazzi di poesia quella parola che suggerisce tutto, quell’azione che indigna, quel verso che denuncia. Ogni abuso è una umiliazione, una ferita e «uno sfregio all’infanzia» (p. 35). Chi racconta la violenza non ha bisogno di tante parole, ma di quel dettaglio preciso, di quel gesto, di quelle parole che giungono immediate al cuore e alla mente di chi legge. Come le poesie, anche i disegni di Yervan Gianikian e Angela Ricci Lucchi, attraverso raffigurazioni stilizzate, che non ritraggono scene complessive, come paesaggi o gruppi di persone, ma oggetti, parti del corpo (tra cui organi genitali) collegati dalla parola scritta, mirano col minimo a ritrarre scene particolarmente forti. I diciassette fogli testimoniano la continua ricerca formale e sperimentale della coppia di registi che provavano - come lo stesso Gianikian racconta nella presentazione che precede l’inserto illustrato - soluzioni espressive nuove accostando materiali diversi (oggetti soffici e oggetti duri, materiali colorati e incolori).

Nella sezione poetica che raccoglie i componimenti delle Prove d’amore, Lucrezia Lerro, altrettanto chirurgicamente che negli Abusi, fotografa istanti del passato e del presente relativi all’io che ora parla di un padre anziano con alle spalle tentati suicidi, ora di un amore pienamente vissuto e per cui si è lottato. Sono frammenti, sono stralci d’anima che lasciano l’eco anche quando la loro lettura si è così velocemente conclusa. Le poesie di Lerro, nella loro immediatezza, sanno creare sensazioni di straniamento, di rabbia, di abbandono, sanno essere delicate, vibrano di autenticità, perché sono voci di donne che non hanno potuto parlare e sono anche spietate, perché ogni forma di violenza va denunciata e soppressa.

Non interrompo
non spezzo il flusso di parole.
Non amo la strofa che si allinea.
Se mi stringi ti vedo da vicino.
Ti riconosco, sei tu. (p. 71)

Marianna Inserra