di Stephen Buoro
Silenzio. A parte il respiro di Eileen. Russa, addirittura. Non sapevo che le ragazze bianche russassero. Immagino che queste parti nei film le taglino. (p. 277)
Cresciuto da una madre caparbia e stimolato dagli insegnamenti di un'insegnante visionaria, dai film americani e dalla letteratura occidentale, Andy sogna di emulare gli idoli dei suoi DVD e diventare il supereroe di una Nigeria agitata da lotte di potere. Col paese in tumulto, dovrà compiere scelte rivoluzionarie dentro e fuori di sé, guidato dallo spirito del fratello nato morto e l'affetto della sua grande amica Fatima; si prenderà cura della madre, gambizzata in un attentato religioso, conoscerà il padre che l'ha abbandonato alla nascita e sperimenterà l'amore per Eileen, arrivata dall'Inghilterra e diretta in Niger.
Ed è stato sempre su questa strada, anni fa, prima del Sussurro, che Slim, Marocca e io abbiamo deciso di diventare i primi supereroi dell'Africa. Avevamo appena finito di vedere i dvd pirata di Iron Man, Captain America e Avengers. Ci siamo messi la mano sinistra sul cuore, abbiamo alzato la destra al cielo. Abbiamo fatto il giuramento: di ammazzare tutti i capi corrotti; di velare l'Africa per proteggerla dal sole; di dare da mangiare a ogni ragazzino africano pollo e gelato tutti i giorni. Abbiamo assunto nuovi nomi, nuove identità, nuovi futuri. Abbiamo riso. (p. 54)
I cinque misteri dolorosi di Andy Africa è un romanzo di formazione e desiderio, turbolento, divertente, scosso dall'energia rabbiosa di un protagonista che vuole cambiare il destino del mondo partendo dal suo. Il cuore africano di Andy pulsa sotto i capi importati dall'Occidente e come la sua immaginazione non conosce confini. Il ragazzo è un concentrato di energia inarrestabile: adora le bionde, Kafka e sua madre e dovrà fare da scudo a chi ama dalle violente repressioni di dittature attualissime mentre cerca la verità su se stesso, tra menzogne e segreti, spiriti guida e profezie, in bilico tra il voler andare e il voler restare nella terra in cui è nato e di cui potrebbe diventarne simbolo - in bilico tra il suo amore occidentale e quello della sua amica fraterna, Fatima, bussola nel suo cuore, il suo fato.
Mi sposto per mettere la mia mano fredda sulla spalla bollente della mamma. Lei si irrigidisce, si rilassa lentamente, si calma. Fa dei lunghi respiri, con gli occhi chiusi, come se dormisse. Deve aver capito che sono io a toccarla. Inizia a trasmettermi i suoi ricordi: stillano dalla sua spalla alla mia mano, giù nel mio petto. E mi siedo accanto a lei, e comincio a spacchettare i ricordi. (p. 202)
Stephen Buoro dà vita a una fusione letteraria pop e rocambolesca che mescola una scrittura ruvida a momenti di poesia pura, furore e tenerezza, accostando stili e toni narrativi in trasformazione; affronta l'immigrazione e la sopravvivenza nelle realtà più complicate, le trame di potere nascoste sotto gli isterismi religiosi e le crudeltà degli autoritarismi. Ambientato in una Kontagora poverissima e in ebollizione, racconta gli effetti placebo del capitalismo e i tranelli dell'esterofilia, la mescolanza tra culture e modi di concepire la vita - affidandosi agli slanci e i sogni di un ragazzo dall'animo puro che pianta un seme d'amore in un pezzo di mondo arso dalla violenza e nel cuore di chi accoglie la sua storia.
Lo dico che qua tutti imparano a credere in Dio. Che è l'unico modo per sopravvivere. Perché la nostra esistenza è piena di incertezze. E soltanto una superforza come Dio può controllare cose come l'incertezza. Puoi uscire di casa sperando che ci sia l'elettricità quando torni, sperando che il sole non ti bruci troppo. Per strada, preghi di non essere investito da una macchina perché le strade sono piene di buchi e la gente non sa guidare bene. Se una macchina ti investe, devi pregare che i dottori non siano in sciopero, che l'ospedale abbia i mezzi necessari per curarti. Quando muori, speri che la tua famiglia sconfigga questo ciclo. Lo sai che, proprio come te, non ci riusciranno, e sai anche che la tua preghiera non sarà esaudita. Eppure, continui a pregare. (cit.131)
Daniele Scalese
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