Garden
di Furuya Usamaru
Coconino Press, ottobre 2023
pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 18 (cartaceo)
Metto subito le cose in chiaro: non avete mai letto niente come Garden.
E questo vale sia in senso positivo che negativo: nel primo caso, ammirare le tavole di questo manga vi metterà in condizione di non pensare ad altro per giorni, forse anche per settimane; nel secondo caso, è doveroso un trigger warning per le persone più sensibili e impressionabili. L'ultima storia, quella di Emi, è solo per pochi. Nonostante questo, ogni volta che il volume va in ristampa fa il sold out.
Riavvolgiamo un attimo il nastro: Furuya Usamaru viene osannato come un genio. Chi ama i manga giapponesi conosce benissimo il suo nome, è ora in Italia in uscita per Coconino Press con il terzo volume di Amane Gymnasium, la storia di una ragazza che si ritrova circondata dalle sue bambole d'improvviso vive.
Garden invece, uscito a ottobre dell'anno scorso, riprende alcune tematiche di Palepoli, uno dei suoi fumetti più famosi e conosciuti, e le estremizza fino al parossismo. Oserei dire anche fino alla blasfemia, al limite di ciò che è consentito dire e non dire, di ciò che si può mostrare alla gente.
Il nome stesso richiama il giardino del paradiso, l'Eden, con la differenza che quello di Furuya non è un luogo santo (ma poi, anche quello originario, era davvero santo?). Tutt'altro: prende ispirazione dal trittico di Bosch - Il Giardino delle delizie - omaggiato anche dal primo racconto.
Dico primo perché il volume racchiude diverse storie uscite nel corso degli anni su riviste e finalmente raccolte tutte insieme. Come dicevo, lo stile grafico e le tematiche si riallacciano a Palepoli, soprattutto nell'intento provocatorio di scuotere la morale: se quest'ultimo rappresentava un calderone in cui inserire elementi pop, comici, grotteschi, anche kitsch se vogliamo, Garden sfronda il superfluo e lascia emergere solo l'essenziale: l'erotismo, il sacrilegio, le profondità malevoli dell'animo umano, orientandosi verso uno stile e un genere ben preciso, l'ero-guro, ovvero quella corrente artistica, letteraria e sociale che mescola i classici fondamenti dell'erotismo giapponese al grottesco e all'oscuro (i fan di autori come Tanizaki e Mishima come me apprezzeranno parecchio).
L'intenzione è quella di spezzare la moralizzazione e vi posso garantire che non solo Garden la spezza, ma la polverizza.
Prendiamo ad esempio la seconda storia, La fellatio angelica: già il titolo parla da sé, se poi ci mettiamo che la protagonista è una Maria adolescenziale, molto Lolita, che non vede l'ora di perdere la verginità, il quadro si completa. Non adatto alle persone che si indignano facilmente.
Il terzo racconto, Yumekana, ha qualcosa di malsano e profondamente disturbante: due amiche, anche in questo caso delle ninfette, intrecciano in poche pagine un rapporto ambiguo, strano, fino alla conclusione in bilico tra l'orrorifico e il pornografico.
Il racconto Il libro della luna invece è quello più "tranquillo", filosofeggiante: narra di come nasce la Pietra filosofale e di fatto è un artefatto antecedente a La musica di Marie, altro fumetto di grande successo del mangaka.
Ora, l'ultima storia, Emi, che occupa quasi metà volume, rientra in una categoria che non esiste: allucinata, orripilante, quasi indigesta per il contenuto altamente esplicito e tragico, come ho già detto in apertura non è per tutti. Anzi, mi sento di dire che è per pochissimi.
Sono stata indecisa fino all'ultimo se leggerla o meno, ma poi ho ceduto per curiosità e non so ancora se ne sono felice o meno: senza tanti giri di parole, la storia di Emi è carica di violenze, nudità, abusi sessuali, body horror, condensa il genere erotico-grottesco spingendolo fino agli estremi. Il tratto di disegno poi si discosta dal "solito" stile di Furuya perché mentre disegnava, l'autore, a causa di una tendinite alla mano, legò il pennino alle dita. Il risultato, come se già il tema della storia non bastasse, rende tutto nervoso, doloroso, estremamente creepy.
Per chi avesse letto (o visto, su Netflix) Maniac di Junji Ito: beh, moltiplicate per dieci e avrete Garden.
Il volume ci avverte poco prima dell'inizio della storia di Emi: "Vi preghiamo di comprendere che la lettura di 'Emi' è un rituale. Vi chiediamo di leggere questa storia di vostra spontanea volontà. Grazie".
Ora, con una premessa simile - un vero e proprio trigger warning - le persone curiose come me non potrebbero resistere. Eppure, sfogliando velocemente e con gli occhi mezzi chiusi si ha un assaggio di ciò che Emi è, e si tentenna.
Di che parla allora? Emi è una giovane ragazza che a un certo punto incontra un uomo accompagnato dalla sua telecamera in un bosco. Pare un po' disneyana come trama, ma il risvolto, che comprende torture, abusi e ogni sorta di oscenità, non lo è per niente. Non mi soffermo sulla descrizione di ciò che succede, sappiate solo che (se scegliete di leggere) ci penserete per giorni.
Perché allora? L'autore sostiene che è una critica alla faccia marcia della società, che non aveva altro modo di denunciare ciò che succede ogni giorno in ogni angolo di mondo. Ha ragione: noi non vediamo, ma sappiamo. E tacere equivale a essere complici.
Il metodo scelto da Furuya è estremo, fa smuovere le viscere. Dunque o lo si incensa o lo si detesta. Che sia visionario non c'è dubbio: ci vuole coraggio per disegnare storie come questa, e ancora più coraggio per mostrarle ai lettori.
Qualcuno, più di uno, si è indignato. Io, a distanza di giorni, razionalizzo e penso che non è nulla di diverso da ciò che sentiamo costantemente alla tv, attraverso i telegiornali e i fatti di cronaca. La questione che sia rappresentata graficamente - laddove il manga, che pure si è fatto mezzo di denuncia, è pur sempre visto come un oggetto di "intrattenimento" leggero - non fa altro che sottolineare la natura perversa della realtà.
Deborah D'Addetta
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