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Una passeggiata tra i giardini più belli della nostra letteratura, dalla Genesi a Giovanni Boine: “La felicità è nel giardino” di Guido Davico Bonino

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La felicità è nel giardino. Una guida letteraria
di Guido Davico Bonino
ilSaggiatore, 16 gennaio 2024

pp. 184
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

LIONARDO: E anche vi godete in villa quelli giorni aerosi e puri, aperti e lietissimi; avete leggiadrissimo spettacolo rimirando que’ colletti fronditi, e que’ piani verzosi, e quelli fonti e rivoli chiari, che seguono saltellando e perdendosi fra quelle chiome dell’erba.

GIANNOZZO: Sì, Dio, uno proprio paradiso. (Leon Battista Alberti, da I libri della famiglia, p. 52)

Non solo gli animali da compagnia, ma anche un bel giardino pieno di fiori e piante fa parte del microcosmo ideale di un lettore e di una lettrice. Chi non desidera un gatto o un cagnolino da coccolare mentre sfoglia le pagine di un libro? Dalla notte dei tempi, però, il verde della natura ha colorato le pagine della Genesi e dei più antichi libri della storia del mondo: il παράδεισος, paradeisos deriva da una voce persiana che indicava il giardino o un piccolo boschetto. Il giardino è il paradiso per eccellenza e la letteratura lo testimonia in ogni modo attraverso le voci di diversi scrittori e  poeti raccolte da un autore d’eccezione: Guido Davico Bonino. L’autore è stato segretario della casa editrice Einaudi, docente di Letteratura italiana e Storia del teatro nelle Università di Cagliari, Bologna e Torino e ha pubblicato diverse monografie e traduzioni dall’inglese e dal francese. In questo libro ci accompagna con garbo e competenza in una passeggiata letteraria ad ammirare e annusare i fiori e le piante che hanno animato le opere della nostra letteratura, partendo dalla Genesi e terminando il viaggio con Giovanni Boine.

Il motivo del giardino ha offerto una varietà infinita di spunti artistici e letterari in ogni epoca storica e in ogni luogo del mondo, ma la guida del professor Davico Bonino si “limita” ai soli artisti e poeti italiani, dai più conosciuti e studiati a scuola a quelli meno conosciuti, i cosiddetti “minori”, le cui pagine però meritano attenzione per la loro eleganza ed estrema suggestività (Francesco di Vannozzo, Alessandro Braccesi, Diego Angeli e tanti altri). Ed ecco, ad esempio, il «il giardino boschivo» (p. 72) dell’Arcadia di Iacopo Sannazzaro dove la natura, garden designer d’eccezione, ha sistemato e disposto alberi e piante in file armoniche e ordinate per la gioia degli uomini e degli dei: il tamarisco, la palma orientale, il bosso, il faggio, il castagno, il platano, ognuno con le proprie qualità e caratteristiche dominanti. Quel boschetto magnifico diventa luogo ideale per i pastori degli antichi canti:

In questo così fatto luogo sogliono sovente i pastori con li loro greggi dagli vicini monti convenire, e quivi in diverse e non leggiere pruove esercitarse: sì come in lanciare il grave palo, in trarre con gli archi al bersaglio, et in adestrarse ne i lievi salti e ne le forti lotte, piene di rusticane insidie; e ‘l più de le volte in cantare et in sonare le sampogne a prova l’un de l’altro, non senza pregio e lode del vincitore. (p. 74) 

E ancora: i passi tratti da Il paradiso degli Alberti di Giovanni Gherardi da Prato, dotto matematico, notaio, che sa apprezzare la bellezza di un fresco giardino di abeti e cipressi risonanti del canto dei vaghi uccelletti, oppure le immaginifiche descrizioni che Marco Polo fa del paradiso del Veglio della Montagna, un giardino ricco di specie vegetali straordinarie e di palazzi ricoperti d’oro con dipinti «a bestie e a uccelli» (p. 24). Vi sono anche versi, non solo di Dante e Petrarca e dei poeti che hanno fatto la storia della nostra ricca letteratura, ma, come ho già precisato, anche di autori poco noti, come Bonifazio degli Uberti - pronipote di Farinata, fiero concittadino di Dante - che si cimentò in un’opera enciclopedica, il Dittamondo da cui il nostro autore riporta alcuni passi in cui viene descritto con eleganza e dovizia di particolari, il giardino dell’Eden. 

Giardini biblici, reali, immaginati e sognati e anche giardini… dipinti! Davvero interessanti sono gli stralci tratti dalle Vite dei più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani di Giorgio Vasari, sia perché ci forniscono qualche particolare mondano della vita del grande Raffaello sia per la descrizione di uno scorcio del giardino dipinto sulla loggia della villa Farnesina. Il giardino in questione era stato proposto in una inedita prospettiva dall’alto ed era talmente realistico e di grande bellezza che:

[…] che il mirabile Tiziano, pittore onoratissimo et eccellentissimo, menandolo io a vedere tale opera, non voleva credermi che fosse pittura: per il che fummo sforzati mutar veduta, onde rimase maravigliato di tal cosa. Sono di questo luogo alcune cose fatte da Sebastian Veniziano [del Piombo] della prima maniera, e dal divino Raffaello d’Urbino una Galatea rapita dagli dèi marini. (p. 95)

Ogni passo, sia in prosa che in versi, è corredato da note e chiose esplicative per permettere a tutti i lettori di comprendere gli stralci dei testi proposti. Tra le pagine vi sono anche diversi inserti fronte/retro a colori di disegni botanici, che vanno a impreziosire questa guida davvero unica nel suo genere. Prima di ogni brano selezionato da Davico Bonino vi è una breve presentazione introduttiva: si tratta, dunque, di un libro snello, di facile consultazione per i curiosi, per gli appassionati e un piccolo tesoro per chi colleziona libri particolari. Bisogna però avvertire il lettore che La felicità è nel giardino presenta una grossa insidia: come ben si sa, i libri che parlano di libri, sono dei pericolosi galeotti, richiamano nuove letture e c’è il rischio tangibile che la lista, in questo caso di classici da scoprire, recuperare o da rileggere, si allunghi a dismisura!

Mi piace concludere la mia breve recensione con un passo tratto dalla novella Donato Del Piano, uno dei Documenti umani di Federico De Roberto, perché esprime per me lo spirito selvaggio che a volte si sveglia dentro di noi quando siamo completamente immersi nella natura, magari dopo una breve corsa in mezzo agli alberi. È una sensazione quasi animalesca, folle e apparentemente inspiegabile quell’istante breve di felicità che si prova quando ci si sente parte integrante della bellezza della natura e del suo verde.

Tutte queste sensazioni di verde compenetravano il cervello, lo saturavano ed era come se anche noi tenessimo alla terra per qualche radice, se anche in noi scorressero le fresche linfe, se anche noi vivessimo la vita immobile e silenziosa nel verde. Allora io ebbi un istante di felicità piena e profonda: io sentivo che la parola umana m’era divenuta estranea, che il pensiero era abolito in me, che io esistevo soltanto per lei, che vivevo della sua vista come l’elianto vive della vista del sole. (p. 161)

Marianna Inserra