di Rónán Hession
Keller editore, dicembre 2023
Traduzione di Elvira Grassi
pp. 320
€ 19 (cartaceo)
Cerchiamo di essere solo felici. Finché c’è tempo. (p. 275)
Verso le ultime battute di Leonard e Hungry Paul, il romanzo d’esordio dello scrittore irlandese Rónán Hession recentemente pubblicato in Italia da Keller, c’è questo brano, molto importante, che si chiude con le due frasi da me poc’anzi citate. Mi sono soffermata a lungo su quelle parole e invito anche voi, cari lettori e lettrici, a farlo se deciderete di immergervi in questa storia, poiché ne rappresentano perfettamente il senso ma anche perché nella semplicità che racchiudono – una parola cui penserò spesso lungo tutta la lettura e queste riflessioni – c’è profondità e molta grazia.
Leonard e Hungry Paul è il libro con cui ho iniziato un nuovo anno di letture, in cui mi sono immersa il primo gennaio in viaggio in treno di ritorno da due giorni fuori e lì, fuori appunto, è rimasto il mondo con la sua frenesia, il suo rumore, la sua spinta a dover essere sempre performanti, proiettati in avanti, verso quello che comunemente si intende per successo e vita appagante. È rimasta fuori ognuna di queste cose che faccio sempre più fatica a capire, per fare spazio al mondo dei due amici protagonisti del romanzo che è anche una prova letteraria davvero apprezzabile, arrivato finalista agli Irish e ai British book awards come miglior esordio del 2019. L’autore, Rónán Hession, oltre che occuparsi di scrittura – è uscito il suo secondo romanzo, Panenka, e collabora con varie riviste – è anche un musicista blues e una certa predisposizione per la musicalità e il ritmo è evidente in questa storia dalla prosa molto curata, che la traduzione di Elvira Grassi ha saputo rendere adeguatamente in italiano. Uno stile bilanciato, sempre misurato e privo di eccessi di qualsiasi sorta, che si sposa con una storia per la quale potremmo usare gli stessi termini per descriverla.
Leonard e Hungry Paul è infatti il racconto di due vite normali, di un’amicizia fraterna fondata su un comune sentire: sono il quotidiano, la semplicità contrapposta a una certa frenesia del mondo contemporaneo e la gentilezza i perni intorno a cui tutto ruota e che, negli ultimi anni, paiono essere al centro di riscoperte letterarie – penso per esempio ai romanzi di R.C. Sherriff – e perfino di un film ora nelle sale e molto apprezzato da pubblico e critica, Perfect days.
Leonard è un ghost writer di enciclopedie per bambini, ha appena perso la madre e divide il suo tempo fra la tranquillità della casa, il lavoro, le serate dalla famiglia dell’amico Hungry Paul, che conosce fin dall’infanzia. Hungry Paul, appunto, vive insieme ai genitori in una routine serena e ben congeniata, lavora come postino a chiamata e prende lezioni di judo, seppur con scarso successo. L’amicizia tra i due è il cuore della storia, una sorta di riconoscimento tra anime affini:
La loro non era un’amicizia di convenienza tra due persone pacate e solitarie con poche altre opzioni, era un patto. Un patto per resistere al vortice di frenesia e insensibilità che aveva travolto il resto del mondo. Era un patto di semplicità, che s’opponeva alle forze di competizione e scalpore. (p. 171)
Due vite semplici, regolate su un quotidiano tranquillo e appagante, animato dai preparativi per le nozze della sorella di Hungry Paul, Grace, e dall’infatuazione di Leonard per una ragazza conosciuta in ufficio, dai capelli color ciliegia e l’ironia curiosa. È tutto qui o poco altro, in fondo, quello che c’è nelle vite di Leonard e Hungry Paul, due trentenni più a loro agio nella tranquillità e nel silenzio che nella confusa frenesia del mondo. Ma proprio in questa semplicità, ci sono la vita e la bellezza di un romanzo che regge perfettamente trecento pagine dal ritmo regolare, qualche accadimento inaspettato e piccola avventura, moltissime riflessioni.
In questo scorrere regolare del tempo e nella routine che entrambi si sono costruiti, Leonard tuttavia avverte che qualcosa gli sta sfuggendo, al rifugio in quel mondo piccolo nel quale si è ritirato:
Il fatto è che da piccolo il mondo mi sembrava immenso, intimidatorio. La scuola sembrava grande. Gli adulti sembravano grandi. Il futuro sembrava grande. Ma ora inizio a capire che col tempo mi sono ritirato in un mondo più piccolo. Guardo la gente che va sempre di corsa e mi chiedo: ma dove vanno? Con chi si devono incontrare? Hanno vite così piene. Sto cercando di ricordare se la mia vita sia mai stata così. (Leonard, p. 33)
La tranquillità che ne ha scandito la vita fino a quel momento, perfino i drammi assorbiti nella pacifica routine quotidiana, inizia a sembrare un rifugio sì sicuro ma anche una distanza da quello che c’è fuori e che potrebbe riempire l’esistenza di Leonard di colori nuovi. Diverso è invece per Hungry Paul, che alla mutevolezza e all’incerto del mondo preferisce la familiarità della propria routine:
Credo di capire cosa vuoi dire, ma per me la grandezza della vita è sempre stata un problema. Ho passato più di trent’anni ad aprirmi un sentiero sicuro nella landa selvaggia, come te in un certo senso. Il sentiero in alcuni punti può essere un po’ stretto, ma è una cosa così negativa? (p. 33)
Hession costruisce una storia piena di grazia e bellezza, densa di significato e affatto banale, che riporta il lettore a una dimensione intima, familiare, dove più dei grandi accadimenti ciò che conta sono lo scorrere minimo del tempo, le piccole epifanie, i sentimenti che evolvono. Un romanzo attraversato da una simpatica ironia che si mescola a certe piccole stravaganze dei protagonisti, i goffi tentativi di Leonard di avvicinarsi alla ragazza, le curiose avventure di Hungry Paul. Ecco, Hungry Paul: è il personaggio più inafferrabile ed eccentrico della storia, che pagina dopo pagina rivela la ricchezza del proprio mondo interiore e la profondità protetta dai silenzi e dalle poche parole scelte con cura. Quella che Grace, sua sorella, scambia per scarsa indipendenza e il timore che suscita in lei per il futuro quando i genitori saranno anziani e tutto il peso della cura ricadrà sulle sue spalle, è in realtà un modo diverso di guardare la vita e le sue urgenze, privo di quelle ambizioni frenetiche ma anche preoccupazioni di cui lei ha sempre pensato di doversi fare carico.
La vita di Hungry Paul non è trattenuta, non è banale, ma semplicemente diversa da quella della maggior parte delle persone; il suo centro è ben saldo e vacilla solo per un attimo, di fronte ai cambiamenti che si agitano tutto intorno a lui:
Anche se era felice per l’amico, non poté fare a meno di notare che le cose sembravano evolversi senza di lui. Il che lo colpì con una potenza inaspettata. (p. 170)
Ma Hungry Paul non è fermo in un punto. Sebbene segua un ritmo e una strada differenti da quelle degli altri, la sua non è una vita meno piena. «Cerchiamo di essere solo felici», si diceva in apertura, una cosa semplice quanto fondamentale, nella ferma convinzione che felicità ha per ognuno di noi una forma diversa. Non è facile liberarsi da costrutti sociali, aspettative e paura di non fare abbastanza, di restare indietro in un mondo che spinge sempre sull’acceleratore e inventa ogni giorno nuovi acronimi per altrettante ansie – FOMO, la paura di essere esclusi, per dirne una. Nel tempo impiegato nella lettura del romanzo di Hession recuperiamo un po’ di quelle energie per ritrovare il centro, per assorbire da Hungry Paul la predisposizione all’ascolto e alla cura, da Leonard la curiosità e l’entusiasmo infantile verso qualcosa che ci appassiona. E lì, in quel centro, ritrovare la gentilezza e uno sguardo più attento sulle piccole cose, questo sì particolarmente prezioso oggi.
Debora Lambruschini