Estensione del dominio della lotta
di Michel Houellebecq
La Nave di Teseo, 2019
Traduzione di Sergio Claudio Perroni
pp. 164
€ 12 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Ho voluto avvicinarmi a Michel Houellebecq cominciando dal suo primo romanzo.
Non l'ho fatto in questi anni non per scarsa curiosità o volontà; ho spesso rimandato ed ero certa che il momento giusto sarebbe arrivato. Houellebecq, in fondo, è uno di quegli scrittori di cui sembra di sapere qualcosa ancor prima di leggerlo perché enormemente dibattuto e discusso, centro di confronti letterari, politici e sociologici, oggetto di grandi polemiche come di grandi elogi.
Prima di iniziare ho letto la storia di Estensione del dominio della lotta, pubblicato per la prima volta nel 1994 in Francia (nel 2000 in Italia) dopo una serie di rifiuti editoriali. Libro senza trama, secondo molti; libro filosofico ed esistenzialista per tanti altri. Libro quasi paralizzante, per me.
Il lettore è subito catapultato nella vita di un trentenne, programmatore e quadro in una società di servizi informatici di Parigi. La sua quotidianità ha dell'ordinario e insieme dell'assurdo: riunioni con colleghi e clienti, trasferte di lavoro patite e ricercate come momenti di fuga, un matrimonio fallito alle spalle, incontri sessuali sporadici e poco soddisfacenti, innumerevoli sigarette fumate ogni giorno. Uno sguardo sempre cinico, impastato di noia e inquietudine.
È lui a raccontarsi e a raccontarci cosa vede in questo suo presente annoiato, usando una prima persona piena di sofferente ironia per gran parte della narrazione. Cosa avrà da dirci per 164 pagine un uomo stanco che non ha nulla di speciale?
Ha da dirci molto sul mondo che lo circonda, anch'esso decadente e intriso di malessere sociale.
Lo seguiamo in una serie di piccole avventure mentre prende coscienza sempre più profonda delle storture del mondo capitalista e dei suoi antieroi, mentre svuota di senso il lavoro, le relazioni, i luoghi comuni scivolando in una totale indifferenza alla vita. Si "deprime su misura", mentre cerca di semplificare la complessità.
Preda di sogni e agitazioni emotive, il personaggio del romanzo decostruisce i miti a cui lo richiama la società per dirci che non c'è vera soddisfazione in questo mondo se non quella di distruggerlo. Ha uno sviluppo totalmente singolare: anche quando entra in relazione con altri - tra loro il collega Tisserand, un uomo tanto ossessionato dal sesso quanto incapace di viverlo - non c'è nessun senso di comunanza. Nondimeno, c'è in lui una comprensione dei meccanismi dell'altro che lo irrita e lo allontana ulteriormente. Ogni tanto si diletta nella scrittura di novelle d'argomento animale che diventano specchio delle sue riflessioni sugli uomini, tutti intenti a sopravvivere a questo assurdo meccanismo.
Ciò che paralizza nel romanzo è l'assenza di una via d'uscita e ancor più paralizzano le domande che il libro solleva e che hanno a che fare con le vite di tutti noi (sì, proprio quelle domande che non vogliamo porci). Houellebecq racconta il nichilismo con una lingua letteraria magistrale e allo stesso tempo molto accessibile, ragione per cui indubbiamente continuerò nella scoperta della sua produzione.
È la storia di un uomo che sta in quello che a tutti gli effetti è un vicolo cieco, nell'"impossibilità di vivere da sé", ma cerca una sua forma di lotta. A volte anche dai vicoli ciechi si trova la via di fuga.
Il problema è che non basta vivere secondo la norma. A vivere secondo la norma, infatti, ci riesci (talvolta per un pelo, per un pelo quasi invisibile, ma tutto sommato ci riesci). Le tue dichiarazioni dei redditi sono sempre in ordine. Le fatture le paghi alla scadenza. Non vai mai in giro senza carta d'identità (e la piccola bustina di plastica per la patente!...). Tuttavia, non hai amici.
Per raggiungere lo scopo decisamente filosofico che mi propongo, invece, occorre sfrondare. Semplificare. Sterminare uno alla volta dettagli infiniti. Ad aiutarmi ci sarà il semplice gioco del movimento storico. Sotto i nostri occhi, il mondo si uniforma; i sistemi di telecomunicazione progrediscono; l'interno dei nostri appartamenti si arricchisce di nuovi congegni. Le relazioni umane divengono progressivamente impossibili, fatto che in proporzione riduce la quantità di aneddoti di cui si compone una vita. E a poco a poco appare il volto della morte, in tutto il suo splendore. Il terzo millennio si annuncia proprio bene.
Su un muro della stazione di Sèvres-Babylone ho visto uno strano graffito: dio ha voluto ineguaglianze, non ingiustizie, c'era scritto. Mi sono chiesto chi potesse essere quella persona così ben informata sulle intenzioni di Dio.
Questo mondo non mi piace. Decisamente non lo amo. La società in cui vivo mi disgusta; la pubblicità di nausea; l'informazione mi fa vomitare. Tutto il mio lavoro di informatico consiste nel moltiplicare i riferimenti, le verifiche, i criteri di decisione razionale. Il che non ha alcun senso. A dirla tutta, è anche alquanto negativo: un inutile ingorgo per i neuroni. Questo mondo ha bisogno di tutto, tranne che di informazioni supplementari.
A cura di Claudia Consoli
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