Quando nessuno è felice della propria vita: una raccolta di racconti sorprendente e una scrittura magnetica di Paul Dalla Rosa


Una florida ed eccitante vita interiore
di Paul Dalla Rosa
Pidgin Edizioni, febbraio 2024

Traduzione di Stefano Pirone

pp. 222
€ 18 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


A volte facevo piccole cose inspiegabili, come spaccare un bicchiere sul pavimento o prendere un autobus notturno per andare a urlare sulle dune. Ma rimanevo celibe. Vivevo in un luogo in cui le leggi erano concepite come morali. La sodomia era illegale, e quindi avevo pensato di limitare le mie relazioni alla sfera platonica. Era questa la mia idea: esistere come un ideale. (p. 5)

Da grande amante delle raccolte di racconti sono sempre alla ricerca di testi che possano arricchire la mia collezione e aiutarmi a trovare nuovi autori o autrici che spicchino nell'arte di scrivere racconti. Questa raccolta di Paul Dalla Rosa è stata una rivelazione. Come spesso capita, alcuni racconti presenti nel testo sono apparsi in precedenza su rivista (nel caso dell'autore, riviste australiane o straniere).

Il titolo ci suggerisce che i protagonisti di queste dieci storie abbiano un dialogo interiore con se stessi piuttosto vivace, e così è, solo da questa conversazione intima ne escono quasi sempre sconfitti: la tematica è molto semplice, tutti vogliono qualcosa che li aiuti a elevarsi dalla propria condizione (non importa se di indigenza o di ricchezza), una sorta di deus ex machina che li prenda per mano e li accompagni verso il successo "che meritano".

Il fatto è che questo miracolo (come nella vita reale) non si verifica: la mancata realizzazione scatena un ventaglio di frustrazioni, rabbia e scelte disastrose che accomuna tutte le storie e tutti i personaggi.

La situazione di Emma poteva essere descritta come "flessibile", anche se spesso a Emma sembrava di lavorare in continuazione e che niente di ciò che faceva fosse arte. Non c'era stato un istante preciso in cui avesse deciso di non fare più arte, semplicemente non la stava facendo in quel momento. E quel momento durava da tre anni. (p. 71)

Poi la donna ha smesso di scrivere per le stesse ragioni per cui lo hanno fatto tutti gli altri: doveva guadagnare più soldi. Ora, quando la donna ha del denaro, lo spende e pensa "Flusso di cassa", mentre quando non ne ha pensa "Mi servono più soldi". (p. 119)

I personaggi sono tutti giovani, in alcuni casi giovanissimi, e di estrazione sociale molto variegata: leggiamo di una docente universitaria, di una freelance con un gatto killer, di un lavapiatti diciottenne, di un aspirante star della musica, di un commesso d'alta moda. Sono tutti dipendenti di qualcuno, mai in vera posizione di potere, anche nel caso la situazione economica lo permetta. Un altro elemento legante è l'uso della tecnologia come veicolo attraverso cui "sperare" di realizzare dei sogni, ma che spesso si rivela fallimentare o addirittura pericoloso. Come leitmotiv troviamo anche la presenza di edifici a più piani - condomini, hotel, palazzoni pieni di call center - metafora, a mio avviso, della vita claustrofobica e incasellata che i millennials (perché i protagonisti sono quasi tutti millenials, al massimo appartenenti alla Gen Z) devono vivere.

Non sapevo se l'attività fosse tutta della donna - se fosse lei la proprietaria o se lavorasse per qualcun altro. In un certo senso, tutti lavorano per qualcun altro e, quando non è così, lavorano all'interno di qualcos'altro, qualcosa di più grande. Sistemi, pensai. E tutta una questione di sistemi. E l'economia. (p. 146)

Cosa vogliono i personaggi di questa raccolta? Qualcuno vuole vivere come un ideale, qualcun altro aspira a un'esistenza meditativa (leggi: immobile, senza scossoni); Sam vuole cose semplici - pancake, comprare cose belle, pancake; un ragazzino queer (molti personaggi lo sono) vuole la fama, essere vip; un altro vuole diventare uno scrittore di successo. Tutti hanno bisogno di soldi. Tutti sono infelici della vita che conducono. 
Il grande pregio di questa racconta non è tanto il tema, perché abbiamo già letto testi che hanno come focus l'insoddisfazione e la frustrazione dei giovani, ma il modo in cui i dieci racconti sono trattati a livello stilistico: se una delle protagoniste si sente fuori dal proprio corpo allora l'autore rende la scrittura spersonalizzata, quasi robotica, negando l'aggettivazione e persino un nome; se Sam, che lavora in un negozio di pancake, in fondo vuole solo un po' d'affetto, la scrittura diventa rotonda, quasi bambinesca, facendoci chiedere se Sam abbia poi tutte le rotelle a posto o viva in un mondo tutto suo; se il commesso di alta moda sente l'ansia da prestazione la scrittura torna su questo elemento in varie fasi della storia, concentrandosi su un bubbone che gli cresce sul viso; lo stesso per l'aspirante scrittore, la cui vicenda a un certo punto, da quasi "normale" diventa frenetica e disastrosa, da b-movie.
Insomma, come dicevo in apertura, Paul Dalla Rosa è stato una rivelazione: racconti scritti come si dovrebbe, precisi, concisi, vividi, dritti al punto e dalla grande resa fotografica (leggendo ho avuto l'impressione di vedere una serie a puntate - tipo Black Mirror - e i titoli delle puntate erano i nomi dei racconti). Non ci si riesce a staccare dalla lettura, ho terminato il volume in un pomeriggio.
Una nota di merito a Stefano Pirone per la traduzione impeccabile e la copertina gioiello.
Lo consiglio ovviamente a chi ama le raccolte di racconti e le storie di ragazzi e giovani come noi un po' alla ricerca di uno scopo vitale che non sia passeggero.

Deborah D'Addetta