Echi di David Lynch in "Melinoe vestita di zafferano", folk horror esistenziale di Nicola Brami per Blu Atlantide


Melinoe vestita di zafferano
di Nicola Brami
Blu Atlantide, 2024

pp. 316
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Provo a spiegarmi meglio: noi non attraiamo ciò che vogliamo, ma ciò che siamo. Il problema è che non sappiamo chi siamo. (p. 66)
Fred Madison (Bill Pullman) sprofonda nella follia dopo aver accettato l'invito di un uomo a chiamare nella sua stessa abitazione e aver parlato con qualcuno che sostiene di essere lui. Strade Perdute (David Lynch, 1997) torna a galla leggendo Melinoe vestita di zafferano. Nel libro di Nicola Brami, Enea insegna matematica e ha una relazione spenta con Lorna, condizionata dalla noia e dalla cotta per una sua studentessa. Due fatti ne stravolgono la monotonia: la scoperta del cancro del fratello Nicola, scrittore di successo; una conversazione telefonica. L'uomo infatti decide di contattare Lorna al numero di casa: chi risponde dice di essere Enea. Sembra uno scherzo, è l'inizio di un viaggio nell'assurdo. L'altro Enea insegna a scuola e tratta Lorna come una compagna; occupa i momenti della vita dell'originale uno dopo l'altro. 
Nel frattempo, Nicola muore lasciando incompiuto un testo: racconta di Melinoe, ragazza che sembra poter riportare i morti in vita attraverso intense sessioni di meditazione collettiva e rituali estremi.
Ipotizziamo che esista davvero qualcuno che ha o assume le mie sembianze e che, per qualche motivo, a volte prende l mio posto. Come si comporterebbe? Quando mi rimpiazzerebbe? A scuola e nello sport, come era già successo. Ma in quale sport? Solo nel tennis? E se avessi voluto giocare a basket? Il doppio non poteva rimpiazzarmi in ogni attività, perché le possibilità di azione erano infinite. Se, per esempio, una mattina avessi mostrato l'intenzione di andare a trovare un amico, di andare a sciare e di bere un tè con Giulia per poi starmene a casa, ci sarebbero stati tre miei doppi in giro, a compiere ognuna di quelle azioni? E se potevano essercene tre, allora perché non dieci, cento, mille? Qual era il limite, se ne esisteva uno? Era possibile, pensai mentre mi asciugavo fronte con un panno, che le azioni umane fossero predeterminate e che il doppio sapesse in anticipo, con esattezza, ciò che avrei fatto? (p.102)
Il tema del doppio, più volte ripreso dal regista del Montana (e che trova forse compiutezza totale nelle tre impegnative stagioni di Twin Peaks), vive una nuova declinazione nel titolo di Nicola Brami. L'autore di Ghedi costruisce un romanzo affascinante per trama e interrogativi posti. Chiedendosi chi si è davvero, l'Enea protagonista esplora i dubbi che perturbano l'essere umano contemporaneo a corto di riferimenti stabili e soffocato da un'epoca in cui tutto è inaffidabile. Brami riflette sull'ambiguità dei processi che regolano l'esistenza, inseguendo tracce degli oscuri segreti che la determinano e imbattendosi nei giochi di equilibrio che la reggono, in cui ogni elemento sembra connesso all'altro in un delicato e complesso sistema di compromessi. Gli interrogativi esistenziali si combinano a elementi tipici del folk horror - paganesimo, rituali, natura oscura e vendicativa - per costruire un testo che preoccupa e allerta pagina dopo pagina. 

Alla seconda opera dopo Tutti se ne vanno (La torre dei venti, 2020), Nicola Brami crea un titolo che ben si colloca nel ricco catalogo di Blu Atlantide, casa editrice che predilige le storie e le trame, e racconta senza mai essere caotico e dispersivo padroneggiando l'intreccio corposo con lucidità e risolvendo un enigma complesso. Diventa avvincente seguire gli sviluppi di una storia in cui i sogni, le allucinazioni e i ricordi sono altri elementi da tenere fortemente in considerazione. Trascriverli serve a decriptare aspetti della realtà. 

Infine è interessante scoprire chi è Melinoe, rivelata poco a poco, contraddizione dopo contraddizione: la donna, sensuale e manipolatoria, è il frutto di conoscenze esoteriche, pratiche pagane e gli insegnamenti di Gurdjieff, che sosteneva come la vita umana fosse vissuta in uno stato di veglia simile al sogno (l'aspetto onirico, come scritto, è elemento fondamentale del testo). Meritano inoltre attenzione Lorna, compagna di Enea che decide di credere alla sua storia, e la madre di Enea, racchiusa in un centro di igiene mentale, che sembra confonderlo col fratello all'interno di una scena di grande importanza metaforica.

Molti tra coloro che non annotano i propri sogni credono di sognare poco, o di non farlo affatto, ma chi ha l'abitudine di scriverne sa quanto siano numerosi e rapidi a svanire alla luce del mattino. Quando, anni fa, tenevo un diario onirico, nel giro di pochi minuti ero solito dimenticarmi di ciò che vi appuntavo e, rileggendolo a distanza di mesi ma anche la sera stessa, provavo una situazione singolare, quasi che il sogno mi appartenesse solo a metà: in qualche luogo, dentro, sentivo di aver vissuto quelle esperienze e provato quelle emozioni ma, come se la mia grafia non fosse una prova sufficiente, un'altra parte di me ne dubitava. Sono i sogni di un altro, mi dicevo, in quel modo privo di parole con il quale avvengono le conversazioni più profonde con noi stessi. (p. 7)

 Daniele Scalese