Ci vediamo in agosto
di Gabriel García Márquez
Mondadori, marzo 2024
Traduzione di Bruno Arpaia
€ 17,50 (cartaceo)
Salì in camera con il terrore delizioso che non provava dalla notte di nozze. Accese il venti-latore, ma non la luce, si spogliò al buio senza fermarsi e lasciò la scia di indumenti sul pavimento dalla porta fino al bagno. Quando accese la lampadina della toilette dovette chiudere gli occhi e inspirare a fondo per controllare il respiro e il tremito delle mani. Si lavò il sesso in tutta fretta, le ascelle e le dita dei piedi macerate dalla gomma delle scarpe, perché, nonostante il sudore del pomeriggio, non aveva intenzione di fare il bagno fino al giorno dopo. Senza il tempo di lavarsi i denti, si mise sulla lingua un pizzico di dentifricio e tornò nella stanza illuminata appena dalla luce diagonale della toilette. Non aspettò che il suo invitato spingesse la porta, ma la aprì dall'interno quando lo sentì arrivare. Lui si spaventò, ma lei non gli diede altro tempo nell'oscurità. (p. 24)
La prima volta capita per caso: un drink che le rende la testa leggera, il caldo, un uomo affascinante, una banconota infilata nel suo libro. Ana non può scordarlo, il fuoco della passione e dell'indignazione la cambiano per sempre. Torna a casa dal marito e dai due figli, il primo brillantissimo e la seconda con un gran talento per la musica ma convinta a voler entrare nelle carmelitane scalze. Tutto sembra come sempre, ma noi lettori sappiamo (per stessa ammissione dell'autore) che Ana non sarà mai più la stessa. La vediamo allora ogni 16 agosto tornare sull'isola, certo, a onorare la tomba della madre - che avrà un gran posto nell'economia del romanzo, un parallelismo legato alla figlia, a sorpresa - ma anche per consumare quell'unica notte da sola con qualcuno, con un uomo "di cortesia".
Lei respirò. Aveva sognato ora dopo ora quel nuovo sedici agosto, e la lezione non ammetteva dubbi: era assurdo aspettare un anno intero per sottomettere il resto della vita alla casualità di una notte. Stabilì che la sua prima avventura gliela aveva messa a portata di mano un caso fortunato, però l'aveva scelta lei, mentre nella seconda era stata scelta. (p. 59)
Ogni 16 agosto Ana si trasforma sempre più: un'angoscia, non causata dal senso di colpa, ma dalla paura di non riuscire a spendere al meglio quelle notti, la costringe a rivedere anche il rapporto apparentemente idilliaco con suo marito, Doménico, un uomo di successo, piacente, gentile, praticamente perfetto, non fosse per qualche piccola deviazione dalla retta via. Ana vuole saperlo, ma con tatto, perché anche lei si macchia dello stesso peccato. Il detto e il non detto, tema cardine del racconto, e anche una sensualità tipicamente marqueziana, fatta di lagune, di lune piene, di fiori e uccelli tropicali, di completi di lino e huipil.
Assistiamo, in poco più di cento pagine, all'evoluzione di una donna che sceglie per sé senza dar conto a nessuno e che si ritrova - dapprima per caso, poi per scelta - in un'avventura erotica. Per caso, ma nemmeno più di tanto: la primissima notte di sesso con quello sconosciuto dei venti dollari Ana la catalizza, l'aggredisce. Il ventaglio di uomini che si succedono verrà di conseguenza.
Anche il rapporto dolce col marito subirà, com'è ovvio, una modifica nel suo equilibrio.
«Buona notte, signora.»
Lei si rese conto di aver mancato al rituale e si affrettò a correggersi:
«Ahi, scusa, amore mio» disse, e gli diede il solito bacio della buona notte. Lui solfeggiava sussurrando per non svegliarla.
Di colpo, sempre di spalle, lei disse:
«Per una volta nella vita, Doménico, dimmi la verità.»
Lui sapeva che quando lei usava il suo nome proprio era un segnale di tempesta, e la affrettò con l'abituale serenità:
«Cosa c'è?»
Lei non fu da meno:
«Quante volte mi sei stato infedele?»
«Infedele, mai» disse lui. «Ma se quello che vuoi è sapere se sono andato a letto con qualcuno, anni fa mi hai avvertito che non volevi saperlo.»
Di più: quando si erano sposati, gli aveva detto che non le sarebbe importato se fosse andato a letto con un'altra, a condizione che non fosse sempre la stessa, o se era soltanto per una volta. Nell'ora della verità, però, si rimangiò quelle parole. (p. 68)
Al di là della mera trama, tornare a leggere le storie di Gabo è un sogno inatteso: certamente questo non è un romanzo che riesce a gareggiare (e neanche deve) con i suoi Romanzi più importanti, ma vi ritroviamo tutta la sua poetica, lo stile, le tematiche, le ambientazioni condensate in una manciata di notti. E la notte, poi, non a caso: le tinte crepuscolari di Márquez, quelle in cui si consumano le più grandi storie d'amore, sono sempre le più emozionanti.
Come ho detto in principio, non posso recensire e, di conseguenza, neanche consigliare. Gabo si legge a prescindere per arricchirsi l'animo.
Deborah D'Addetta
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