La Corea è una terra di storie. Raccontate dai nonni ai nipoti, dai genitori ai figli, tra gli amici durante i lunghi viaggi, tra le donne riunite nei villaggi, tra i coniugi dopo una giornata di lavoro nei campi: le storie sono il raccolto di questo volume, a cura del missionario canadese James S. Gale, che arrivò a Seul nel 1888 per insegnare l'inglese e tradurre la Bibbia in coreano. Grazie al suo interesse per il soprannaturale, Gale racconta, attraverso le fiabe, come le streghe esistono e possono essere anche buone, ma che anche dietro le principesse candide e immacolate si nascondono a volte anime fameliche, la presenza di giganti mangia-uomini e serpenti dispettosi, visitando anche case infestate da folletti che non sono da temere.
Quelle raccontate in Fiabe coreane sono storie di amore e di vendetta, di demoni e uomini, di vita di tutti i giorni che si mescola a eventi sorprendenti ai confini tra realtà e fantasia. Cinquantatré fiabe che, a distanza di più di quattro secoli, fanno da guida a chi vuole addentrarsi nelle profondità dell'anima del popolo coreano e scoprire le insolite presenze che abitano il suo passato. Un mondo fatto di immaginazione e meraviglia che combina buddismo, taoismo, spiritualità cionfuciana e tradizioni sciamaniche. Il libro, arricchito da trenta dipinti minhwa (l'arte popolare coreana) esprime al meglio la magia e il mistero di quelle tradizioni, con la prefazione dell'esperto di folklore coreano Heinz Insu Fenkl che spiega l'importanza duratura di questa grandiosa raccolta di storie per avvicinarsi a una cultura che sta incuriosendo sempre di più l'Occidente.
È chiaro come tutte queste fiabe e leggende trasmettano virtù e saggezza, devozione, coraggio e gentilezza. I loro eroi, grazie alla forza interiore e alla perseveranza, superano le avversità, le ingiustizie e sono sempre colmi di umiltà, diligenza e compassione per il prossimo. Dalla creazione del mondo alla nascita delle stelle, attraverso le storie di fratelli e sorelle i cui destini si intrecciano e creature fantastiche che vivono in montagna, queste storie aprono una finestra sulla cultura e sulla storia coreana rilevando la profondità delle emozioni e delle relazioni umane stesse.
Un paese, la Corea, trascurato dalla negligenza, se non ignorato dalla cultura italiana, ha uno dei più grandi lasciti letterari orali di tutto l'Estremo Oriente. L'influenza delle sue filosofie non fa altro che rafforzare l'immaginazione e gli "strumenti della finzione". In queste fiabe emergono diversi elementi fondamentali: l'inviolabilità del rispetto tra padri e figli (e figli e padri); la considerazione degli animali, molti dei quali rientrano nel mito; il sostrato sciamanico del paese, al quale si rifanno tante storie di geni, spiriti, fantasmi; e l'ideale dell'Amore, pur considerato dalla società, rigidamente strutturata in classi, un sentimento marginale; il sogno della metamorfosi concepita come il via a un mondo altro e soprattutto la capacità di accettare una malata povertà con la volontà di impegnarsi per reagirvi.
Alcune fiabe sono molto cupe e spiacevoli, ma dipingono fedelmente le condizioni in cui Im Bang - uno dei primi scrittori coreani conosciuti i cui scritti sono stati a lungo venerati in Corea per i quali la sua fama è sopravvissuta attraverso i secoli - e molte precedenti generazioni di coreani hanno vissuto. Fiabe coreane è un libro unico con un'importanza speciale. Non è solamente la natura delle storie contenute nel volume, ma anche il modo in cui le stesse sono state tradotte originariamente in inglese da un individuo insolito che le ha trovate profondamente ricche di significati:
«Tali aneddoti, e tre racconti provenienti da fonti anonime, sono compresi in questo volume, che, come potrete dedurre, non è propriamente una collezione di fiabe popolare. Questa è in realtà una collezione di quello che viene chiamato yadam, una forma che permette l'espressione di cose considerate altrimenti inadeguate per la letteratura. Gli yadam, anche se generalmente redatti in cinese classico, sono racconti storici e aneddoti popolari e non ufficiali - una sorta di perfetto congiungersi tra il formale e l'informale che ha da subito catturato l'attenzione e l'immaginario di Gale». (p.17)
Ne La casa delle fate, un giovane si imbatte in una magica città dove rimane per diversi anni prima di tornare a casa in un futuro incerto; Charan racconta di una bellissima ballerina che fa amicizia con il figlio del governatore e mentre la loro amicizia sboccia in amore, le loro vite prendono una svolta inaspettata e straziante; in Diecimila diavoli, un principe accoglie un lontano parente in visita solo per scoprire che l'ospite controlla migliaia di creature malvagie che convergono nella casa del principe; La vendetta del serpente narra di un soldato che dopo aver ucciso un serpente, il rettile rinasce come figlio dell'uomo e cerca vendetta in modo raccapricciante!
Figure semitiche come maghi taoisti, volpi-demoni e le loro controparti meno conosciute, gatti selvatici che si trasformano in seducenti donne, fantasmi fastidiosi, tragici terrificanti o maleodoranti, folletti che hanno un proprio senso dell'onore e che spesso sono utili agli umani, sciamani che Gale inizialmente chiama "streghe" ma per cui poi utilizza il termine coreano mudgan, più appropriato. Sia che non si abbia familiarità con la Corea, sia che si sia coreani contemporanei poco avvezzi alle tradizioni popolari, tutto questo mondo raccontato e illustrato è quel ponte mancante per chi vuole addentarsi in un mondo diverso, ma ricco di aneddoti.
Serena Palmese
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