Humus
I Romani lo sapevano bene: Homo viene da humus. Homo vive d’humus. Poi Homo ha distrutto humus. E senza humus, non c’è Homo. Semplice. (p. 227)
Avete mai sentito parlare di nematologia? Di vermicompost? E di greenwashing? Qualcuno di questi termini è più o meno conosciuto da chi è solito leggere e informarsi su questioni ambientali e anche da chi studia i terreni. Se leggete questo bel romanzo immersivo passerete dalla rabbia alla commozione, farete il tifo per i due protagonisti e verrete messi al corrente dei meravigliosi segreti del suolo.
Humus, firmato da Gaspard Kœnig, finalista al Goncourt e vincitore di diversi riconoscimenti letterari in Francia tra cui il Prix Transfuge 2024, è un romanzo notevole per densità, ricchezza di sfumature, peso delle tematiche trattate. È un libro che parla di amicizia leale, di sogni e ideali per cui combattere, di natura, di amore e di… lombrichi. Esatto, avete letto bene: lombrichi. In essi è riposta la chiave dell’equilibrio naturale del pianeta Terra. La salvezza dell’intero ecosistema ha, dunque, le sue radici nel mondo ctonio e invisibile e dipende da una minuscola creatura, ripugnante, cieca ed ermafrodita, qual è, appunto, il lombrico. Mi raccomando una precisazione non da poco: non chiamateli “vermi”.
Prima di tutto, verme non è un termine molto gentile, suona come un’offesa. Meglio parlare di lombrichi per dare loro un po’ di dignità scientifica. Famiglia lumbricidae. Specie: lumbricus terrestris. E questi lombrichi rappresentano la più grande biomassa animale terrestre. (p. 5)
Arthur e Kevin sono due giovani che fanno amicizia al corso di Nematologia, la scienza che studia i lombrichi, tenuta dal professor Marcel Combe, alla prestigiosa scuola di alta formazione AgroParisTech, recentemente trasferita sull’altopiano di Saclay, in mezzo al verde, lontano dalla metropoli. Lì, al corso quasi deserto del professore, scoprono il mondo meraviglioso di queste generose e silenziose creaturine e decidono di approfondire i loro studi e ricerche proprio sui lombrichi. Arthur torna nelle campagne della Normandia per dedicarsi fattivamente alla rigenerazione dei terreni ereditati da suo nonno, che aveva fatto largo uso di pesticidi e sostanze chimiche tossiche non solo all’uomo, ma anche al suolo. In questo suo progetto è appoggiato da Anne, la nuova fidanzata conosciuta durante i mesi all’AgroParisTech, una giovane aspirante scrittrice che, prima di dedicarsi a lui, aveva cercato di conquistare Kevin senza successo. L’idea di vivere in campagna, per lei abituata alle comodità di città, è entusiasmante. L’unico che non crede nella fattibilità del sogno di Arthur è proprio Kevin che ha una filosofia di vita totalmente opposta, sia nel campo lavorativo che sentimentale:
Non capiva come Arthur potesse sprecare i suoi anni migliori con una sola ragazza, un solo corpo, un solo futuro possibile. Trovava quel genere di relazione eterosessuale incredibilmente noiosa. Era tutto scontato: il desiderio, la coppia, i bambini, la stanchezza, la noia, poi un’unica alternativa, il divorzio o la rassegnazione, altrimenti detta «amore della mia vita». (p. 41)
Kevin è per l’amore senza legami, libero: ama andare a letto sia con uomini che con donne, e non vuole farsi etichettare come bisessuale, perché «amava i corpi, tutto qua, qualunque fosse l’organo che aveva tra le cosce» (p. 68). Per quanto riguarda il percorso di vita lavorativa, sceglie una strada totalmente opposta a quella dell’amico di studi: il vermicompost, ossia il trattamento dei rifiuti umani affidati ai lombrichi che li lavorano e li trasformano in una polverina nera in grado di fertilizzare naturalmente il terreno.
Ho trovato in Arthur e Kevin due figure veramente paradigmatiche. Quando si parla di battersi per la salvezza del nostro ecosistema, si trovano due tipologie di persone e di percorso (e questo è vero anche in altri campi): l’idealista, colui che sceglie la strada più difficile da battere, fedele ai suoi principi di rispetto verso tutti e verso la natura, non scende mai a compromessi; e colui che, per questioni di tempo e di guadagno, chiude un occhio - a volte anche due, in verità - su alcuni procedimenti non propriamente improntati al rispetto ambientale, pur di creare un prodotto innovativo che possa aiutare a ridurre l’impatto che l’uomo ha sull’ecosistema globale. Lo scopo è lodevole in entrambi i casi ma, mentre il primo mette al primo posto la natura, vero obiettivo del suo lavoro, l’altro - che rappresenta la ratio della quasi totalità degli imprenditori che lavorano nella transizione ecologica - privilegia il guadagno, quindi il capitale. L’idealista è Arthur, mentre quello che si trova nella situazione di strizzare l’occhio al compromesso è Kevin. Entrambi scommettono sui lombrichi, con la differenza che Arthur vuole rigenerare il suolo ripulendolo di erbacce e strati di terra compromessi, per poi inocularvi lombrichi raccolti devotamente a mano, mentre Arthur e la sua socia, una certa Philippine, mirano a creare grosse ed efficienti vasche per il compostaggio, per la produzione di humus su larga scala da vendere a più acquirenti possibili. Seguendo l’avventura dei due amici e delle rispettive compagne-amanti per la realizzazione dei loro progetti, il lettore si incuriosirà e si appassionerà alle loro storie, alle loro disavventure e ai loro successi.
L’architettura del romanzo è armoniosa e lineare, dunque priva di analessi e prolessi. La storia inizia con il galeotto corso di Nematologia del professor Combe, che fa incontrare i due giovani, si amplia man mano con l’introduzione di altri personaggi che ruotano attorno ad Arthur e a Kevin senza però mai creare altre storie parallele al di fuori del troncone principale, che prende solo respiro e rende avvincente la narrazione.
Interessante la scelta delle partner per i due giovani: si tratta di due donne ammirevoli (fino a un certo punto però… ma non posso dire altro!), ma per qualche ragione completamente opposte come l’acqua e il fuoco rispetto al loro uomo. Arthur è sincero, leale, mentre Anne è opportunista; Kevin in amore (anche nel sesso) è caloroso, generoso, mentre Philippine è fredda e senza delicatezza. Dureranno queste relazioni? E i loro progetti avranno successo?
Settemila anni non erano bastati agli uomini per guardarsi sotto i piedi. (p. 37)
Marianna Inserra
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