Jan Welzl ha 25 anni nel 1893. Vive in Cecoslovacchia, ma è durissima: non c'è cibo, non c'è lavoro. Se mancano del tutto le prospettive e l'orizzonte è troppo ristretto, una delle cose da fare è cercare un luogo dove l'occhio possa spaziare e trovare nuove occasioni di avventura e ricchezza. Decide quindi di partire per il Nord. Lavora alla costruzione della Transiberiana, passa la Siberia, lo stretto di Bering e da lì c'è davanti a lui solo la sconfinata Alaska. Lì, dopo aver vissuto in solitudine per un po', si imbatte in tribù di Yupik e Inuit. Vive con loro, impara i loro usi e costumi e si erge a difensore quando i famelici cacciatori d'oro arrivano a frotte nel Klondike. In un viaggio in nave verso San Francisco, fa naufragio e viene rimpatriato in Moravia dove incanta il pubblico, soprattutto i ragazzi, con le storie dei suoi trent'anni passati nel grande Nord.
Sembra tutto inventato. Una grande avventura concepita da una fantasia fervida come quella del barone di Münchhausen. Eppure Jan Welzl è esistito, è stato esploratore, avventuriero, viaggiatore e grazie ai disegni di Peter Sís, vincitore del premio Premio Hans Christian Andersen, arriva ad affascinare anche il pubblico di giovanissimi.
Il Klondike e il Grande Nord sono elementi delle storie d'avventura che richiamano alla mente Jack London e zio Paperone, due personaggi, uno reale e uno immaginato, che hanno preso parte alla corsa all'oro. L'idea di abbandonare ogni traccia di civiltà per trovare la propria dimensione in spazi incontaminati affascina e ispira grandi storie. Perché in questi luoghi può succedere di tutto.
Si possono incontrare montagne magnetiche che sembrano d'oro, ma che invece intrappolano gli avventurieri, come accade a Welzl; si può essere completamente soli e cercare di rendere casa uno dei luoghi più inospitali della terra; ci si può commuovere e sentire sperduti di fronte all'immensità degli spazi; si possono trovare nuovi amici e nuove culture che mai ci si sarebbe immaginati e danzare e stare in compagnia mentre si aspetta che l'uccello polare riporti la primavera.
Piccola grande storia dal lontanissimo Nord è una storia per l'infanzia, per far allargare occhi e orizzonti dei bambini che possono immaginare di essere su una slitta trainata da una renna mentre percorrono distanze immense o di essere intorno a un fuoco ad ascoltare leggende. Possono immaginare di combattere contro gli avidi cercatori d'oro e intrappolarli grazie alla montagna magnetica perché, a parte rari casi, l'essere umano non resiste alla tentazione di depredare anche la più bella delle terre.
Ma come ogni testo illustrato, per il gli adulti ci si può perdere nella bellezza dei disegni. In alcuni casi ricordano le acqueforti; in altri, si vede il meticoloso lavoro di ricerca sui disegni e l'iconografia realizzata a inizio Novecento, quando i popoli del Nord venivano definiti con l'esonimo "eschimesi"; le mappe ci portano a eseguire con il dito le strade e a osservare i fantasiosi disegni di ciò che ci si immaginava di trovare in quelle terre inesplorate. Alcune immagini sono così evocative che il testo si presterebbe benissimo a essere un silent book senza che la portata della storia venisse scalfita. Non ha importanza l'età di lettura. In qualunque fase della vita ci si emoziona con questi disegni e si vede il riflesso di queste emozioni anche negli sguardi dei giovanissimi lettori.