Gli angeli della casa
di Silvio Raffo
Elliot, 2021
pp. 154
€ 16,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Abbarbicata sulla scogliera della costa bretone, nei pressi di un antico
manicomio in rovina, la Casa dell’Incontro dà asilo a ragazzi senza famiglia con riconosciute forme di disagio mentale («la nostra sventura è dunque duplice: di ordine sociale e di ordine
psichico», p. 17). Per alcuni, quella costruita insieme ai compagni –
quattro, al momento in cui si apre la narrazione – e agli educatori è l’unica famiglia mai conosciuta, una
famiglia di elezione, non di sangue, con cui far fronte alla crudeltà di un
mondo che non ha posto per loro, i «reietti
della società».
Il narratore, Vladi, è etichettato come “autistico sociopatico”, ma non riesce a riconoscere in sé i tratti della diagnosi. È un adolescente colto e dalla straordinaria sensibilità, che cita poeti e filosofi, cerca risposte esistenziali nella carta geografica o nelle stelle, attribuisce ai compagni soprannomi che ne catturano l’intima essenza, segue con ammirazione le lezioni (di letteratura e di vita) dell’affascinante Mademoiselle, unico adulto di riferimento positivo nel panorama ristretto della sua quotidianità. Non ricorda molto del passato, che per lui è solo un tempo grammaticale. Da un po’ di tempo sente che qualcosa gli sfugge, che i suoi pensieri gli si ritorcono contro, che la sua lucidità non è più tale, e osserva con preoccupazione il sadico godimento del Mastino, il Dottor Bourgeois, che annota ogni traccia di cambiamento in lui su un misterioso taccuino.
È come se ogni immagine mi ritornasse alla memoria non solo sfocata ma anche orribilmente deformata. La visione di un film in cui la pellicola non è a fuoco e si smaglia di continuo distorcendo i tratti dei volti e le linee dei corpi. Lo stesso o qualcosa di simile mi sta accadendo con i pensieri: […] si raggrumano e frastagliano disgregandosi in lacerti che mi costa un enorme sforzo ricongiungere in un insieme dotato di senso. (p. 35)
La confusione e l’affastellamento delle idee impediscono a Vladi di raggiungere
quello stato di chiarezza che gli permette di agire sul reale, di far diventare
il pensiero azione («attraverso una
concentrazione molto intensa si riesce a determinare il corso degli eventi non
secondo la propria singola volontà ma in accordo con un’occulta volontà
universale», p. 48). Prova, piuttosto, inquietudine,
affaticamento mentale, l’impressione che il corpo non sia più un tutt’uno,
ma si disgreghi o si dilati, provocando in lui un senso di recondita lacerazione. Non gli ci vuole molto per
iniziare a sospettare dei nuovi farmaci che gli vengono somministrati, a
rendersi conto che lui e gli altri ragazzi che abitano la Casa sono sfruttati come cavie da un uomo senza
scrupoli, «ricettacolo dei più subdoli
orrori dell’umanità» (p. 36). È proprio alle annotazioni cliniche di
quest’ultimo e ad alcune pagine del diario segreto di Mirage, compagna nella
casa e anima affine, che Silvio Raffo riserva punti di vista differenti – e complementari – rispetto a quello di
Vladi, a cui sono alternati nella costruzione narrativa.
Dalle pagine del dottor Bourgeois scopriamo del procedere di un misterioso progetto legato alla sperimentazione di un nuovo prodotto farmaceutico, da quelle di Mirage una percezione diversa, esterna, su Vladi e su ciò che accade nella Casa. Anche Mirage, come Vladi, inizia a sospettare che le pasticche assunte siano la causa, e non la soluzione del male. Con la sua mente lucida, acuminata, nascosta dietro alla maschera di silenzio esibita al mondo, la ragazza intuisce anche la natura speciale dell’amico, che vede come una creatura appartenente a un altro mondo:
io credo di sapere a cosa sta pensando: sente il richiamo della sua vera e unica patria perduta, il cielo stellato, e prova l’intensissimo bisogno di farvi ritorno […] ma non può. […] Lui ha da compiere qui una precisa e preziosissima missione. (p. 78)
La natura di questa missione si va definendo progressivamente, intorno a eventi
che turbano la quiete della casa: da un lato il suicidio di Prosper, uno dei
giovani ospiti, che ha sconvolto tutti e di cui poco alla volta emergono le
ragioni; dall’altro la comparsa di un vagabondo che abita tra le rovine dell’antica
clinica Beau Rivage e medita chissà quale piano
di vendetta contro chi gli ha rovinato la vita. Mentre i pensieri di Vladi
si fanno più nitidi, e le sue capacità intuitive si risvegliano, acquisiscono
forza, si svela anche l’anima
profondamente dotta del racconto, che fa risuonare echi letterari e
filosofici, in una sorta di gioco con il lettore, continuamente sfidato al
riconoscimento.
La trama che si
legge nella bandella è, da un lato, troppo dettagliata, dall’altro molto
riduttiva, perché dà l’impressione erronea che Gli angeli della casa sia un romanzo di genere, di fatti e azioni,
quando invece ciò che conta realmente è la dimensione
psicologica, la capacità dell’autore di addentrarsi nella mente del
narratore e dei comprimari, sempre minuziosamente esplorata, e di costruire atmosfere che rispecchino le
sfaccettature del loro poliforme sentire.
Nei romanzi di
Silvio Raffo, il soprannaturale è sempre
legato alla percezione umana e in tal senso si deve leggere, anche in
questo caso, il tema “angelico”. Angelo non è infatti solo chi appartiene a una
natura eterea, non radicata in questo mondo, ma anche il custode, colui che si
prende cura, e tale definizione trova piena corrispondenza nello sviluppo
della vicenda.
Gli elementi cari all’autore (già incontrati ne La voce della pietra, Il segreto di Marie-Belle e Lo specchio attento) ricompaiono tutti in questo scritto: un narratore adolescente, psichicamente fragile, che agisce spinto da forze altre, superiori; una abitazione inquietante, che contribuisce a creare l’aura decadente, misteriosa, del romanzo (e qui addirittura duplicata, nella Casa dell’incontro e nel suo doppio oscuro, Beau Rivage); figure di riferimento compromesse, implicate nel male; risvolti inaspettati che mantengono l’attenzione viva fino all’ultima pagina.
A differenza dei racconti precedenti, però, ne Gli angeli della casa si trova, radicata
profondamente, una nuova speranza,
una visione positiva circa il futuro dei personaggi, circa la loro possibilità
di salvarsi. E quel legame fraterno, quell’affinità elettiva che lega tra loro
Vladi, Mademoiselle e Mirage, offre un contrappunto consolante rispetto alle
relazioni umane minacciate dai biechi interessi, dai personalismi e dalle
meschinità degli antagonisti, opportunamente – seppur con un certo
cinismo macabro – costretti a pagare nel luogo, la letteratura, in cui è davvero
possibile talora far trionfare i buoni sui malvagi.
Carolina Pernigo