The Passenger - Corea del Sud
di AA.VV.
Iperborea, febbraio 2024
€ 22 (cartaceo)
Sarà colpa dei BTS, sarà colpa dell'imperante passione per la cucina asiatica o la cura delle pelle, ma la Corea del Sud è diventata negli ultimi dieci anni "il nuovo Giappone". Prima tutti volevano andare a Tokyo, ora tutti vogliono andare a Seoul. Ovviamente la mia è una provocazione - tutti ancora vogliamo visitare la capitale del Giappone - ma se tempo fa non esistevano molte alternative, oggi, quando pensiamo a un lungo viaggio a est, la Corea del Sud non ci sembra più così inaccessibile.
Iperborea che ci ha abituati benissimo a spostarci con la mente grazie alla sua collana The Passenger, pubblica questo volume tutto dedicato a un paese misterioso eppure magnetico: la nazione della musica k-pop, della beauty routine che rende la pelle perfetta, la nazione del kimchi (cavolo fermentato piccante) e dei tteokbokki (gnocchi di riso che su Instagram fanno sempre il botto nei reel di cucina), del conteggio con l'anno in più non appena si nasce (ebbene sì, le persone in Corea del Sud, appena nate hanno già 1 anno), della fobia per il numero 4 (numero della morte, porta sfortuna), dell'ossessione per i canoni di bellezza occidentali (non per niente, il tasso di giovani uomini e donne che si sottopongono a chirurgia estetica per "assomigliare" a noi occidentali è impennato negli ultimi anni, si vedano gli occhi molto grandi e non più a mandorla, i sbiancamenti della pelle, le operazioni alle labbra e agli zigomi, le mastoplastiche additive).
Ma cosa non sappiamo invece della Corea del Sud? Moltissimo, ve lo assicuro.
In questo volume di The Passenger l'attenzione viene spostata più sul piano politico e sul piano antropologico. Ad esempio, il primo capitolo si concentra sulla piaga del crollo del tasso di infertilità nel Paese: perché non si fanno più figli? Questa informazione non ci arriva ovviamente, eppure è un dato di fatto. Una donna intervistata risponde che, in Corea, la responsabilità della crescita dei figli è tutta femminile (e viene da chiedersi, solo in Corea?).
Una società più sicura potrebbe ispirare alle persone più fiducia nel progettare un futuro che comprenda anche matrimonio e figli. Ma quasi tutte le donne con cui ho parlato hanno respinto questa prospettiva. Certe considerano la società coreana irrimediabilmente misogina. Molte mi hanno confessato di vivere felici insieme ai loro animali domestici; altre hanno iniziato ad avere relazioni con altre donne. Park Hyun-joon, sociologo dell'Università della Pennsylvania, ha diretto il Korean millennials project, per il quale lui e i suoi colleghi hanno intervistato circa cinquemila coreani tra i 25 e i 49 anni, scoprendo che molti considerano la famiglia «un lusso». La divergenza di valori tra donne e uomini resta innegabile ai suoi occhi e non bastano dei provvedimenti del governo per risolverla. «Posso capire bene perché le donne non vogliono sposare uomini coreani» ha detto. «Politicamente e culturalmente sono conservatori e questo li rende ben poco attraenti sul mercato del matrimonio.» (p. 25)
Non da meno è l'attenzione al versante politico: conosciamo i trascorsi tra Corea del Nord e Corea del Sud e il precario equilibrio che tuttora sussiste. Il volume ne parla in modo originale, non si propone assolutamente di stilare un trattato o una sorta di saggio documentaristico, ma ci parla dell'influenza degli Stati Uniti confluita nella diffusione del gioco del baseball; ci parla di DMZ, di una sorta di limbo, liminale, curiosa, la cosiddetta zona demilitarizzata che pare sia teatro di visite turistiche estreme alla ricerca dello scatto proibito al soldato nordcoreano; ci parla di urbanizzazione selvaggia, di come grandi marchi di prodotti tecnologici facciano il bello e il cattivo tempo, del modo in cui un fenomeno dapprima locale come la musica pop coreana sia diventata un di massa, non solo in patria, ma anche all'estero.
Sembra un Paese dall'equilibrio fragilissimo, solo settant'anni fa uno di quelli più poveri al mondo. Come ci spiega anche il libro di Add Editore (che consiglio per chi è appassionato di geopolitica e/o processi di trasformazione culturali) Da gambero a balena, la Corea del Sud ha saputo sciogliersi dalla sua condizione di "gambero", schiacciato tra la potenza cinese e quella giapponese, e si è fatto "balena", imponendosi al mondo dettando mode, tormentoni, beauty diktat, correnti musicali, must do in cucina. Se anni fa nelle grandi città europee non vi erano che ristoranti cinesi e giapponesi, ora quasi senza sorpresa si scopre un locale di "cucina tipica" coreana a Roma o Milano, o un beauty bar per avere il perfetto effetto glossy sul viso.
Molto interessanti anche i capitoli del volume che ci raccontano le cerimonie religiose sciamaniche o il perché i coreani siano i migliori giocatori di e-sport al mondo.
Insomma, come sempre quando si tratta di The Passenger, un testo super accattivante e stimolante da leggere e studiare.
Deborah D'Addetta
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