di Stacy Alaimo
Mimesis, 2024
Traduzione di Laura Fontanella
Curatela di Angela Balzano
pp. 336
€ 24 (cartaceo)
Non è una novità che l’emergenza climatica e ambientale sia di recente entrata in numerosissimi discorsi, invadendo pervasiva e inarrestabile anche il campo dell’attenzione di chi non vorrebbe proprio ascoltare. È senza dubbio un discorso capace di fare molto male: non è facile accettare il pensiero della macchina che è stata messa in moto inarrestabile, dell’ineluttabilità della degradazione climatica, di tutta la meravigliosa varietà di specie ed ecosistemi che stanno andando e che andranno persi.
E se invece
decidessimo di spostare lievemente il focus del discorso, e di concentrarci
proprio su questa indicibile bellezza che viene messa in pericolo? E se perfino
nelle pratiche politiche che mettiamo in campo per combattere questi
cambiamenti potessimo avere il piacere e la bellezza come obiettivi? E se
riuscissimo, proprio in virtù di questa differente concettualizzazione di cos’è
la pratica politica, non più slancio titanico contro dei mulini a vento ma
micropratiche di ricerca del piacere, a portare questa pratica nella nostra
quotidianità? In breve: e se l’ambientalismo non dovesse essere per forza sofferenza?
È proprio sul
piacere che si concentra Stacy Alaimo in Allo scoperto; un piacere che non è
un superficiale escapismo volto a ignorare l’enorme portata della crisi
ambientale e sociale in cui viviamo, ma che anzi punta a rappresentarlo nel modo
più concreto e ampio possibile, collegandolo alle lotte femministe e di classe
con cui è inevitabilmente intrecciato. Questa dilatazione delle istanze però
non ha l’effetto di trasformare la crisi climatica in un iperoggetto
impossibile da affrontare, anzi: se la crisi diventa il vero e proprio contesto
in cui tutti noi viviamo, allora anche la nostra vita quotidiana può riempirsi
di azioni volte a combattere questa crisi. Non lotte dolorose ma prese di
coscienza simili a quella che racconta Angela Balzano, curatrice del volume,
nella sua prefazione: leggendo il libro di Alaimo in spiaggia, si è resa conto
che ogni teoria assume corpo e vitalità nella nostra quotidianità, e che
soprattutto questa incarnazione delle teorie può essere rivolta verso la
ricerca del piacere. Il piacere fisico del corpo a contatto con un ecosistema salubre
può portarci all’impegno politico nei confronti del mantenimento di
quell’ecosistema; il piacere sensuale del cibo non è incompatibile e anzi può
essere ampliato da una maggiore consapevolezza delle modalità di produzione e
preparazione di quel cibo; e il piacere estetico della contemplazione della
natura può fare da slancio per una lotta politica che non si concretizza solo
nelle modalità che ben conosciamo (e su cui comunque Alaimo si concentra) ma
anche per un modo più diffuso, incarnato, localizzato e contestualizzato di
portare avanti un’esistenza politica.
L’azione di cui Alaimo sostiene la necessità non
sostituisce dunque la pratica attiva della mobilitazione, ma la complementa
creando uno stile diverso di vivere la politica nella nostra quotidianità. E
spostando il focus sul piacere questa modalità di vivere la politica riesce anche
ad evitare la trappola neoliberale dell’attribuzione della responsabilità ai
singoli cittadini. La mossa di Alaimo rifugge dalle semplificazioni e anzi
punta, in ultima istanza, alla necessità dell’accettazione della complessità,
della frammentazione di quell’iperoggetto in mille schegge minuscole che entrano in
qualsiasi area del nostro vivere. Impossibile separare la lotta e la vita, così
come è impossibile separare gli umani dall’ambiente in cui vivono: la nostra
stessa vita può diventare strumento di lotta. E l’unico modo affinché ciò sia sostenibile è la
concettualizzazione di una lotta piacevole.
Marta Olivi