La voce e le cicale
di Elisabetta Carbone
Prospero editore, febbraio 2024
pp. 296
€ 18,00 (cartaceo)
«È la passione, Giacomo. Se la perdi o peggio lei non ti vuole più, è finita». (p. 167)
Tre protagonisti – Tamara, Giacomo, Debora –, circa cinquanta anni di storia, una vicenda familiare e la passione per il canto: questi sono gli ingredienti del romanzo d’esordio di Elisabetta Carbone, di professione insegnante di Lettere e nome non sconosciuto nell’ambiente delle riviste, anche perché finalista alla sezione racconti del Premio Calvino. C’è chi alla prima opera sceglie di farsi notare per la voce, chi per la tematica, ché si sa quale momento fondamentale sia per un autore perché è qui che si decide se l’attesa e gli sforzi verranno ripagati o meno. Elisabetta Carbone punta tutto sulla voce, o meglio sulla complessità della struttura narrativa, spezzando l’unità di un romanzo che poteva essere lineare e monofocale e decidendo invece di moltiplicare le prospettive – e con esse i temi narrativi – e sovvertire la linearità a favore di salti temporali in un periodo compreso fra gli anni Settanta e i giorni nostri. Il risultato è un romanzo altamente complesso, stratificato, un puzzle di micronarrazioni che, focalizzandosi di volta in volta su uno dei tre personaggi, cambia le carte in tavola, gioca con i punti di fuga e consente un’operazione sofisticata che unisce narratore interno e onnisciente.
Ma andiamo con ordine. Abbiamo tre protagonisti, s’è detto. Di ognuno di loro, Carbone costruisce una vita a trecentosessanta gradi, riuscendo sempre a renderli credibili, pieni, vitali. A ciascuno riesce a fornire alibi, motivazioni, direzioni.
Tamara, figlia di Giacomo e di una madre con gravi problemi di salute mentale – una donna che viene nominata poche volte e in più punti sembra sull’orlo dell’evanescenza, quasi un personaggio inesistente –, ha sin da piccola la passione per il canto. Figlia di un uomo duro e impenetrabile, l’unico obiettivo che la spinge all’azione è il canto. La seguiamo nella crescita, attraverso gli anni della fanciullezza, dell’adolescenza e della prima giovinezza, quando i sogni si infrangono contro un muro di realtà. E la seguiamo anche nell’età adulta, nel tentativo di fare i conti con una vita che non dà quel che promette.
Giacomo è una personalità complessa. Se per la figlia è un mistero, quando leggiamo le pagine a lui dedicate possiamo capire che si tratta di un narcisista, qualcuno che è in grado di guardare soltanto in una direzione, che dell’autocompiacimento – ma anche dell’autodistruzione – ha fatto la propria vita. Nei capitoli a lui dedicati lo vediamo avvicinarsi alle persone per poi allontanarle, creare legami per poi annientarli. Giacomo, spinto da questo fuoco divoratore che tutto abbraccia e tutto incenerisce, è il peggior nemico di se stesso.
Debora è una donna fragile. Vittima di un orribile incidente in giovane età, è segnata dal dolore – fisico soprattutto, ma anche mentale – e da un amore mai realizzato, quello per Giacomo. Si relaziona a Tamara come a un’amica preziosa, ma le fa anche da madre. Di lei conosciamo soprattutto gli anni dell’università a Bologna e attraverso i suoi occhi arriviamo a sapere qualcosa del Giacomo uomo, che non è soltanto un padre assente ma anche una personalità turbolenta e sofferta.
Le prospettive dei tre personaggi si intrecciano, si legano, si completano in questo gioco di richiami e allontanamenti. Ogni personalità è completata dalle altre e il quadro che ne esce è talmente coerente da far pensare ad anni di strutturazione delle varie narrazioni. Al centro di tutte e tre troviamo un tema affrontato per vie indirette e che scorre in maniera sotterranea: il tema della passione che divora e spinge all’azione, unico motivo per vivere una vita degna di questo nome. Sono soprattutto i dialoghi fra Debora e Giacomo a regalarci i momenti più alti di questo libro.
La voce di Elisabetta Carbone è già matura e interessante da seguire. La struttura di questo romanzo, tuttavia, rende molto complicato seguire le varie trame e sottotrame. Passare da un anno all’altro, andando avanti e indietro nel tempo, non è sempre semplice, soprattutto quando alcuni eventi sono fondamentali e si legano ad altri eventi che magari vengono ripresi molte pagine dopo. Ma la letteratura è fatta anche di questo: di sperimentazione, e soprattutto di passione. Un ottimo esordio, dunque.
David Valentini