«Un vero scrittore non nega mai l'esistenza della magia: ne conosce il valore. Provi a togliere la magia da qualcosa di scritto e avrà solo un mucchio di povere parole sopra a un foglio» (p. 176)
Quando si apre L'ultimo mago, ci si trova letteralmente catapultati in un ricco palazzo, dove sta avvenendo una seduta spiritica. Chi è il padrone di casa dagli «occhi magnetici» che osserva i presenti con «l'ombra di un sorriso»? E chi è Anna, la ragazza ventisettenne la cui anima si manifesta nella stanza? E la signora di nome Miriam, che partecipa alla seduta? È al suono della pendola che segna la mezzanotte del primo gennaio 1960 che si interrompe questa scena, che sarà ripresa più in là nella narrazione e che ci lascia col fiato sospeso, già pieni di domande.
Da qui, si muove il primo filo della narrazione: Antonio Giacosa, detto Nino, torna a Torino dopo tredici anni di assenza e si chiede con quale legittimità possa andare a bussare alla porta di Miriam e di Giorgio («Era giusto ripiombare nella vita di qualcuno che non vedeva e non sentiva da anni, senza nemmeno una telefonata?», p. 22). In quegli anni infatti si è reso praticamente introvabile e ha declinato gli inviti a occasioni e festeggiamenti; solo, a Roma, ha provato a lavorare nel mondo del cinema, ma la sua carriera non ha preso la piega desiderata. E ora, inseguito dai creditori, torna dal suo più vecchio amico, ricco avvocato, e dalla donna che ha amato (e che forse ama ancora?, ci chiediamo immediatamente noi lettori). Non sappiamo ancora cosa abbia allontanato Nino e Miriam, né come la donna abbia trascorso questi giorni come moglie di Giorgio, benché nelle prime pagine Nino si trovi a pensare che «quel matrimonio gli sembrava più fragile del vetro, ma non altrettanto trasparente» (p. 50). Se il personaggio abbia ragione o meno, sarà la storia a rivelarlo.
Intanto incrociamo il secondo filo della narrazione, ovvero ciò che effettivamente fa Miriam nelle serate in cui dice a Giorgio di essere occupata con la beneficienza e con un gruppo di lettura. Miriam, insieme ad altri prescelti, frequenta la casa di Gustavo Rol, affascinante coprotagonista che dà il titolo a questo romanzo. Personaggio realmente esistito, conturbante e imprevedibile, Gustavo Rol viene definito un «uomo prodigioso» (p. 67), perché "sensitivo", "prestigiatore" o altre etichette non gli si addicono. Oltre a essere un antiquario e a pensare che gli oggetti gli "parlino", raccontandogli le loro storie, Rol è diventato celebre e addirittura «venerato» da un buon numero di persone dopo alcune predizioni che si sono rivelate corrette (persino Mussolini ha consultato Rol circa le sorti della guerra; per non parlare di Fellini, che, dopo averlo incontrato, continuerà a sottoporgli i suoi soggetti per i film).
Uno scettico come Nino continua a pensare che debba esserci un trucco, e quando inizia a frequentare anche lui le serate esclusive di Gustavo Rol alterna momenti di spaventoso sgomento davanti a manifestazioni effettivamente inspiegabili, con prove che lo toccano nel profondo, a tentativi di razionalizzare quanto sta vedendo. «Illusioni» è una parola che rintocca qui e là, come se Nino avesse bisogno di confortarsi con una spiegazione logica. O è forse vero che esistono altre dimensioni e che qualcuno riesce a superare i limiti della nostra mente e della nostra quiddità?
L'idea di Francesca Diotallevi di intrecciare la matrice biografica, fittamente documentata, alla narrazione finzionale e sentimentale è a dir poco vincente: di libri su Gustavo Rol ne esistono molti; viceversa, far sì che Nino, un uomo in profonda crisi personale e sentimentale, incontri questo grande personaggio e porti con sé un punto di vista straniato e al tempo stesso stralunato dalle scoperte sconvolgenti è estremamente efficace. Assistiamo infatti a cosa avviene quando la mente razionale si incontra con l'inspiegabile, e a ciò che ne consegue.
Incalzante nel suo incedere, talvolta L'ultimo mago si fa anche riflessivo e filosofico (ad esempio, tante sono le riflessioni sul tempo e su ciò che è conoscibile o meno), nonché metanarrativo (Nino continua a sperare di comporre una buona sceneggiatura, e tante sono le parti dedicate alle sue speranze e a cosa rappresenta per lui la scrittura). E il viaggio per la Torino degli anni Sessanta è affascinante e pieno di ombre, perché la magia sta ovunque, anche nelle parole di Francesca Diotallevi.
GMGhioni