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«Il vantaggio della solitudine è che ti esonera dal mondo»: "I figli sono finiti" di Walter Siti

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I figli sono finiti
di Walter Siti
Rizzoli, aprile 2024

pp. 288
€ 20 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)

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Ancora quello sguardo: due inetti alla vita, uno perché è troppo tardi l'altro perché è troppo presto, o forse perché il suo presto coincide col niente. (p. 271)

Nella rutilante e faccendiera quotidianità milanese, ci sono due solitudini che vivono l'una di fronte all'altra, ognuno rinchiuso nella propria casa. Augusto lo fa per necessità, perché ha subìto da poco un trapianto di cuore e questo nuovo organo continua a battere per Enzo, suo marito, morto da poco in un drammatico incidente durante quella che sarebbe dovuta essere una vacanza spensierata. Da quando è accaduto, Augusto ha lasciato la scuola in cui insegnava francese a un passo dalla pensione, si è attorniato solo degli amici più fidati e si è chiuso in un altro appartamento di sua proprietà dove misura le poche forze a disposizione. 

Il suo dirimpettaio, invece, si è rinchiuso in casa per volontà: Astòre ha un fisico asciutto, un'intelligenza pronta e una memoria di ferro; ricorda, infatti, conversazioni tra i suoi genitori che, riviste alla luce dei suoi vent'anni, iniziano ad acquisire sfumature perturbanti. Da anni, dopo la morte della madre in un incidente d'auto, l'unico interlocutore in famiglia è suo padre, Piero, che continua a passargli soldi per sostentarsi senza far nulla di concreto nella vita, in un appartamento di famiglia, ma non sa davvero essere una figura di riferimento. Dunque è difficile per il figlio chiedergli chiarimenti su che coppia fossero lui e la moglie, ma i ricordi che ha lo condizionano. Incapace ma soprattutto disinteressato a stringere relazioni durature e dal vivo, Astòre è stato prima un influencer e un gamer di successo, poi si è distaccato dalla vita online, dove preferisce essere spettatore. Ora, rinchiuso nel suo appartamento, studia libri di genetica e di ingegneria immaginando come sarà la post-umanità, quando le macchine saranno ormai pensanti e superiori agli umani. 

Se nelle prime decine di pagine seguiamo le rispettive vicende che portano al momento presente, ovvero alla vita in questi appartamenti vicini ai tempi della pandemia, poi arriva una breve fase in cui i due si studiano dalle rispettive finestre, finché Augusto non propone ad Astòre un aperitivo per conoscersi meglio. Serviranno altri inviti prima che quel riservatissimo e imprevedibile ventenne varchi la soglia di casa del settantenne, eppure qualcosa accade, i discorsi spaziano, preferibilmente tenendosi lontani dalle rispettive vite private (soprattutto da quella di Astòre). Ma la magia accade, «per pochi istanti cinquant'anni di differenza sembrano posticci come una barba finta» (p. 215) e, tra un passo falso e un tentativo di riavvicinamento da parte ora di uno ora dell'altro, si stabiliscono le basi per una strana ma autentica amicizia, all'insegna di un confronto generazionale sempre curioso dell'alterità

Da parte di Augusto all'inizio è dominante il desiderio di movimentare le sue giornate altrimenti particolarmente piatte, ripiegate sul passato con Enzo e sulla morte imminente. Nel suo avvicinarsi ad Astòre c'è anche la possibilità di studiare antropologicamente un ragazzo della nuova generazione, molto più da vicino rispetto a quanto gli era concesso durante gli anni di insegnamento (Augusto dirà a un amico: «[...] Come fai a non compatirli questi nati senza le Torri Gemelle e già adulti... devono affrontare un tramonto e viverci dentro come se fosse un'alba», p. 128).

Per Astòre, invece, il loro rapporto è un toccasana, benché il ragazzo fatichi ad ammetterlo: Augusto, più che un "nonno", è un adulto con cui confrontarsi senza barriere, perché non ci sono argomenti tabù, né l'anziano vicino di casa rifiuta la mentalità diversa delle nuove generazioni. A volte tra loro si stabiliscono veri e propri duelli verbali, caratterizzati dal ricorso a un lessico molto diverso ma - contrariamente ai pregiudizi tanto in voga - un modo per parlarsi davvero c'è, basta volerlo trovare. Che Astòre semplifichi gli anglismi da gamer o Augusto palesi meglio i riferimenti culturali, la comunicazione si stabilisce e perdura. Cercare un linguaggio per farsi capire dall'altro è pur sempre un modo di accogliersi, e quando i due passeranno al "tu" crolleranno altre difese.

Uno tra i tanti punti di discussione riguarda la sessualità: Augusto constata con sgomento quanto i giovani non cerchino un incontro di corpo e carne, ma spesso si dedichino a pratiche online, ricorrendo a forme di orgasmo autoindotto o suscitato dalle immagini di perversioni. «Vedo sofferenza senza direzione, dappertutto...», commenta Augusto a p. 126, ma a questo sentimento dilagante e transgenerazionale oppone una risposta diversa da quella del suo giovane amico: su un sito di incontri, infatti, prenota un appuntamento con un escort che si rivelerà per lui molto importante anche per fare i conti con il suo lutto. Franco - questo è il nome vero dell'enorme bodybuilder dal corpo perfetto che si presenta alla porta (ossessione nota a tutti i lettori di Walter Siti) - aiuta Augusto a riaffacciarsi alla vita attraverso il sesso. Benché proclami dopo pochi incontri di voler bene ad Augusto e di considerarlo davvero un amico, non solo un cliente, è difficile capire dove inizi e finisca la professione di escort. D'altro canto, «Franco gli porta in casa il crepuscolo della sessualità contemporanea, il catalogo improbabile e postmoderno dei suoi clienti» (p. 177). Completamente diverso da Astòre, Franco ha una sessualità disordinata e poco chiara, ha investito tutto sul suo corpo e pensa che un giorno, accumulato abbastanza denaro, tornerà alla vita "normale", non farà più sesso per lavoro e diventerà un padre di famiglia. Augusto assiste però alle sue confessioni contraddittorie e spaesate, ai continui cambiamenti di programma e di aspettative, che avranno anche l'effetto di turbare la serenità del protagonista. 

Chi di voi dovesse sentirsi turbato da pagine di sesso esplicito descritto minuziosamente, si astenga dalla lettura dei romanzi di Walter Siti. Qui, in I figli sono finiti, il sesso c'è e in quantità, ma non è mai fine a sé stesso. Inoltre vorrei suggerire che questo romanzo è una straordinaria prova di scrittura, che conferma la bravura di Walter Siti e la sua disposizione a mettersi in gioco sempre e comunque, esercitando qualsiasi forma di libertà d'espressione (ad esempio, giocose le note a pié di pagina, spesso metanarrative e irridenti). Nel campo del linguaggio, la scelta di mettere a confronto la lingua di Augusto (quasi alter ego di Siti) con quella di un giovanissimo è tutt'altro che scontata, così come la ricerca dei contenuti, che è stata evidentemente portata avanti con grande serietà su temi che riguardano il futuro prossimo dell'intelligenza artificiale, dei videogiochi, della post-umanità, della robotica. 

A tutto questo aggiungiamo un elemento finora poco rilevato nelle recensioni, ma a mio parere fondamentale: la storia dei due protagonisti finzionali avviene in un'ambientazione a dir poco realistica. Siti non manca mai di riassumere in breve, quasi fossero enumerazioni incalzanti in questo presente che (s)corre, gli eventi storico-politici in corso, fino ai fatti più vicini alla data di pubblicazione del libro. Augusto e Astòre sono inseriti nella Storia, però se ne tengono fuori, se ne fanno tutt'al più testimoni, travolti più dalle loro vicende personali che dalla «massa di disperazione» (p. 126) comune. 

GMGhioni