pp. 288
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Natsuo Kirino viene definita la regina del noir in Giappone. Nonostante questa sua ultima fatica non sia un romanzo ma una raccolta di racconti, sette per la precisione, trattiene quella vena di mistero e di rivelazioni oscure proprie del genere.
Ambos mundos prende il nome dall'ultimo racconto della raccolta, riportato anche in una breve frase in quarta di copertina:
All'Avana pernottammo in un vecchio hotel: l'Ambos Mundos. Ikebe mi disse che il nome significava: «I due mondi, ossia quello vecchio e quello nuovo». In fondo descriveva esattamente la nostra condizione. Io e Ikebe potevamo esistere solo dall'altro lato, in un mondo in antitesi con il nostro. C'era qualcosa di più triste e penoso nell'universo?
Non solo noir, ma anche genere giallo e hard boiled, legati da due fili di Arianna: l'erotismo e la sottile perversione dell'insoddisfazione personale, che spesso sfociano nella depressione, nella violenza, nei traumi, nelle decisioni in cui bisogna, prima o poi, fronteggiare i propri demoni.
I personaggi di questi sette racconti, chi più chi meno, conoscono l'inadeguatezza, il lato oscuro dell'essere donne (quasi tutti i personaggi principali sono donne), la trappola della bellezza, del matrimonio, della libertà. Il prezzo da pagare per mostrare di che pasta è fatta la natura umana.
Ciò che mi ha sorpreso è che le storie, a fine lettura, lasciano l'amaro in bocca. Perché?
Forse perché Maki, la protagonista del primo racconto, non è bella, non è talentosa, non è magra? Forse perché il lettore si accorge che c'è qualcosa dentro di lei (e in questo racconto soprattutto viene fuori la vena noir dell'autrice) di marcio, di "sbagliato"?
O forse perché Sakiko, nei panni della classica amante di un uomo sposato che non lascerà mai la moglie, si infila volontariamente in una situazione senza via di uscita? Al lettore che segue i suoi vagheggiamenti, il suo lungo flusso di coscienza, sembra un po' pazza, un po' masochista (altro tema caldo per gli scrittori e le scrittrici giapponesi). Si comporta così perché è disperata o perché ha in sé una tendenza violenta? D'altra parte si presenta a casa dell'amante per fronteggiare la moglie, senza paura di sembrare folle o di essere denunciata.
La conversazione stava prendendo una piega assurda, peggio di così non poteva andare. Sakiko si sforzò di ricordare perché avesse telefonato a quella donna in piena notte: che cosa voleva comunicarle? Che cosa voleva dirle di preciso? La verità e l'intensità dei nove anni che aveva condiviso con il marito. E, non da meno, il futuro insieme a lui. Tuttavia si rese conto che per quella famiglia i dettagli della sua relazione con Taguchi e i possibili sviluppi futuri non avevano alcun senso, perché loro non ne sapevano niente, equivalevano a zero. Erano come semplice immondizia da gettare nella pattumiera.
Sakiko, per la moglie e il figlio di Taguchi, era né più né meno di un alieno cattivo venuto dallo spazio profondo. Una strega malvagia da mandare al rogo che voleva rubare un marito buono e gentile. Ci amiamo e non ci lasceremo mai, qualunque cosa succeda... (p. 97)
E Ruby, misteriosa donna che accetta di spartire il proprio corpo in cambio di un tetto sulla testa (di fatto non un tetto, ma delle casupole di carta di una manciata di barboni): la cosa curiosa è che pare che lei lo voglia, facendoci dubitare della nostra giustezza morale. Ci chiediamo: quale donna sana di mente andrebbe a letto con quattro barboni per poter dormire in un posto che non sia la strada aperta? Ruby sì, tant'è che Tokio, l'altro protagonista del racconto, si domanda se abbia tutte le rotelle a posto.
Leggere le storie di Kirino mi ha ricordato un altro autore giapponese molto famoso per i suoi romanzi gialli:
Seichō Matsumoto, noto per Il dubbio e Tokyo Express, editi entrambi da Adelphi, e definito il Simenon giapponese. Sia quest'ultimo che Kirino indagano la natura complessa dell'animo umano, concentrando gli sforzi verso la loro decodifica in termini risolutivi, come fossero misteri da risolvere a ogni costo. Kirino, però, non ci tiene sempre a farlo: a volte ci lascia col dubbio, ci lascia con delle domande anche sulla nostra, di natura.
Ne consiglio la lettura a chi ama i racconti lenti, ragionati, tortuosi, che spingono a indagarsi dentro, a chi ama l'erotismo torbido, quello "tipicamente" nipponico.
Deborah D'Addetta