Amministriamo solo i nostri organi. La vita al servizio del capitale e della produttività di "L'unità" di Ninni Holmqvist



L'Unità
di Ninni Holmqvist
Fazi edizione, aprile 2024

Traduzione di Margherita Podestà Heir

pp. 276
€ 18,50 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

Eravamo in otto e soltanto due erano uomini. Niente di strano visto che per loro il limite non scattava prima dei sessant'anni. In fondo è una cosa perfettamente normale: nell'arco della vita i maschi producono sperma in grado di fecondare per un periodo di tempo più lungo rispetto alla capacità di noi donne di produrre ovuli maturi. Eppure, ero sempre stata dell'idea che questi differenti limiti d'età tra uomini e donne fossero ingiusti. (p. 24)

Dorrit è una scrittrice, single, senza figli o genitori anziani da accudire. Le persone come lei, i dispensabili, al raggiungimento del cinquantesimo – per le donne – e al sessantesimo – per gli uomini – anno d'età vengono condotti nelle Unità. Si tratta di lussuosi residence dove gli ospiti possono usufruire di cucina stellata, attività ricreative, spazi artistici e tutti i confort che si possono immaginare, in maniera gratuita. Il pagamento richiesto è quello di sottoporsi a sperimentazioni psicologiche e scientifiche e a donazioni periodiche di organi che andranno a migliorare e salvare la vita di chi è ancora inserito nella società, ovvero chi ha compiuto il dovere primario di una specie a base di carbonio: riprodursi.

I modi per creare una storia in un mondo "altro" sono diversi: tra i tanti, uno dei possibili è quello di prendere un elemento già presente nella società, potenziarlo, e vedere come l'umanità reagisce e si riorganizza. Ninni Holmqvist, scrittrice svedese che con L'Unità esordisce come romanziera dopo una prolifica produzione di racconti, prova a immaginare come la società svedese reagirebbe, in un futuro molto prossimo, all'espansione di un concetto che è radicato in noi in maniera sottile: l'utilità e la produttività.

Il sistema economico e sociale in cui siamo inseriti prevede, da parte di tutti, un certo livello di produttività. Essere "a debito", pesare sugli altri, è un nuovo peccato capitale: non parliamo solo di tirannie del Novecento che hanno creato la base di consenso demagogico su questa idea; il riposare, non avere nulla da fare vengono colpevolizzati anche nel nostro quotidiano. Essere sempre sommersi e oberati è una condizione normale nella vita lavorativa di chiunque. L'essere umano può produrre capitale, beni, servizi, ma nel romanzo di Holmqvist la società si basa sul concetto che la produzione che veramente conta e ci dà sufficiente valore è quella di avere figli o, se si vuole avere qualche anno di proroga, al massimo avere genitori anziani da accudire. La rete sociale è ciò che ci rende utili. 

Per come viene descritto il mondo dell'Unità, verrebbe da pensare al risultato di un governo tirannico che ha imposto questo stato di cose, ma la verità è che le Unità della banca di riserva del materiale biologico – questo il loro nome completo – sono il risultato di un normale processo democratico. Un referendum ha deciso lo status quo, intuiamo anche non in modo schiacciante come in V per Vendetta, ma grazie a un lungo processo. La libertà di parola viene mantenuta, tutti sono a conoscenza di ciò che avviene all'Unità e anche chi deve essere portato lì a vivere si presenta in autonomia senza bisogno che il governo utilizzi metodi coercitivi. Le perplessità sono normali. Persino Petra, una delle operatrici dell'Unità, confessa a Dorrit che avrebbe voluto "una politica... più socialista, una dove non tutte le persone fossero costrette a essere sempre redditizie".

Il concetto di redditizio risulta ancora più ironico quando ci si accorge dei profili delle persone residenti all'Unità. Vengono esonerate le persone che hanno raggiunto un alto livello in una specifica attività o disciplina – per esempio, gli sportivi olimpionici anche se senza figli vengono dispensati – oppure chi svolge un lavoro socialmente utile come medici o insegnanti. Un'altissima percentuale dei residenti appartiene alla categoria artisti. Come rivela Kjell, il bibliotecario dell'Unità, gli intellettuali hanno la tendenza a diventare dispensabili. Per quanto ogni società sappia che senza la presenza dell'arte la vita sarebbe a malapena tollerabile, a meno che non si parli di opere e artisti con quotazioni riconosciute, non si è mai in grado di darle valore economico perché l'arte non produce nulla di fisicamente tangibile. Non possiamo valutare economicamente il valore di un romanzo che ci ha commosso. Quindi, tutti gli artisti di piccolo e medio calibro sono destinati all'Unità. Anch'io, se vivessi in quel mondo, tra circa un decennio dovrei sottopormi alla sperimentazione e alla donazione di organi.

Dorrit è inserita alla perfezione nel sistema, nonostante le tocchi la sorte dei dispensabili e sa che il suo destino, presto o tardi, sarà quello di sottoporsi alla donazione finale, l'ultimo trapianto di organi per aiutare un utile nel mondo esterno: l'espediente è stato utilizzato anche in altre opere, una su tutte Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro. L'unico momento che riesce davvero a scuoterla quando si tratta di ritirarsi nell'Unità è la separazione da Jock, il suo cane. In una società votata alla redditività, non può mancare un sottofondo specista per il quale i rapporti tra umani e animali non sono sufficienti a essere considerati utili. I sogni di Dorrit delle corse sulla spiaggia con il cane e il suo desiderio di avere notizie di Jock, ora affidato a una famiglia con due bei bambini, sono la crepa emotiva più profonda di Dorrit e percorre tutta la storia, anche quando nell'Unità si affeziona ad altri e vive il dolore di vederli scomparire all'improvviso. 

Holmqvist presenta un romanzo scorrevole, ricco di intelligenza emotiva e con un mondo ben costruito. A differenza di molte storie che esplorano i possibili futuri dell'umanità, distopie se vogliamo, L'Unità non trasmette angoscia. Non perché la storia non sia straziante, ma perché sappiamo che questa possibile versione di futuro è molto improbabile. Certo, tutte le distopie in qualche modo lo sono. Ma quando ci accostiamo alle pagine di Atwood e poi alziamo lo sguardo da quelle pagine, capiamo che una virata teocratica che attenta ai diritti basilari di ogni donna non è così irraggiungibile; una puntata di Black Mirror esaspera comportamenti tecnologici che sono già parte del nostro quotidiano. L'Unità non trasmette questa sensazione, non tanto perché il concetto di produttività e utilità non sia radicato in noi, ma perché una delle posizioni che mette trasversalmente d'accordo tante ideologie è la contrarietà alla sperimentazione in vivo. L'idea di lussuose gabbie per cavie umane a spese della collettività non avrebbe nessuna possibilità di successo. Vedete, anche nella lettura dei romanzi distopici, ormai, siamo attenti al principio di costo-beneficio. 

Giulia Pretta