di Raphael Bob-Waksberg
Einaudi, 2021
Traduzione di Marco Rossari
pp. 280
€ 19,50 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Ci sono dei momenti – qualunque lettore lo sa – in cui si ha bisogno di un volume che sblocchi uno stallo, un senso di insoddisfazione diffusa che fa prendere e abbandonare libri dopo poche pagine. Questo può essere, sicuramente, Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata.
Quella di Raphael
Bob-Waksberg è una raccolta delirante e
geniale, con un titolo straordinario, così come fuori dall’ordinario sono
effettivamente i racconti che la compongono, per forma, stile, contenuti. Al
centro, c’è tutta la varietà, la
complessità, l’incoerenza dell’umano, la sua fragilità, la sua capacità di
resistere e adattarsi, il suo inesausto bisogno di amore. La leggerezza di alcuni racconti, l’ironia
e gli scenari paradossali che vengono delineati nel più naturale dei modi non
devono dunque ingannare rispetto alla serietà
degli intenti, delle riflessioni sotterranee: così ne “L’occasione più
lieta e propizia” la parodizzazione dei rituali che circondano i matrimoni
religiosi, il campo di tensioni che si coagulano intorno alla loro
realizzazione (quanto si può abdicare delle proprie convinzioni per compiacere
i famigliari e le tradizioni?) diventano l’occasione per celebrare l’amore che sopravvive, o che si
riscopre proprio nel momento in cui la tragedia e la commedia si impastano. O,
al contrario, in “Noi uomini di scienza” l’esistenza di un anti-universo in cui
tutto è il contrario di come lo conosciamo non offre al protagonista, il
ricercatore Yony Beckerman, le risposte o la via di fuga semplice che sperava
di trovare: anche la sua contro-vita,
in cui l’altro sé sembra non aver fatto tutte le sue scelte sbagliate, non
essere impelagato come lui in una esistenza grigia e rinnegata, presenta
infatti le sue incrinature. Non basta infatti aver evitato le scelte sbagliate
per essere felici, bisogna aver fatto quelle giuste e spesso tutto si gioca in
un attimo (magari l’aver assistito a qualcosa
di terribile e aver scelto di non intervenire, in una vita o nell’altra).
La felicità in fondo è un concetto relativo, difficile da
inquadrare attraverso le leggi della scienza – la meno statica tra le
discipline, e quella che sfiora più da vicino la filosofia.
In alcuni testi, il virtuosismo sfiora la poesia: così i
“racconti” che aprono la raccolta condensano nelle poche righe di un elenco
puntato intere esistenze, o in “Regole per Taboo” le parole proibite rimandano
a tutto ciò che conta e non può essere detto, e potrebbero
diventare terreno d’incontro per due innamorati che, dopo essersi quasi
perduti, scegliessero di ricordare all’improvviso i luoghi e i modi del loro
sentimento. Oppure, al contrario, diventano ciò che li allontana
definitivamente nel caso in cui scelgano di passare la carta, di riporre il
gioco in un armadio polveroso e di non pensarci più, di non ricordare la volta
in cui una lei più giovane aveva detto sottovoce a un lui ancora quasi
sconosciuto: «Tu meriti qualcuno che ti
ami in tutta la tua gloria devastata» (p. 140).
L’amore attraversa le pagine in tutte le sue forme, ma spesso risulta complesso, fatto di scarti, di incontri mancati. La disperata necessità espressa dal titolo si scontra infatti con la debolezza umana, con la tendenza a cedere proprio nel momento in cui la devastazione mette in ombra la gloria. Ecco allora che si giustifica la sottile malinconia che attraversa il “Catalogo dei pranzi con la persona che ti ha scaricato”, o l’elenco incompleto delle “Bugie che ci raccontiamo”, o ancora “Coincidenza persa – Uomo cerca donna”, in cui due viaggiatori in metropolitana incrociano gli sguardi in un momento che potrebbe essere il punto di svolta della loro esistenza, ma non riescono a coglierlo, e per sessant’anni restano a guardarsi attraverso il vagone, mentre la loro vita si consuma nell’assenza del coraggio che muove il primo passo, l’unico fondamentale. Il passato della città di New York riecheggia in quello della “monogama seriale”, che mappa la città alla luce delle sue relazioni naufragate:
La città è piena di trappole del genere: le possibilità di incappare nel fumo stagnante di una vecchia fiamma sono impressionanti, e aumentano a ogni momento significativo passato con un’altra fiamma importante. (p. 49)
E spesso la fuga non è un modo sufficiente per allontanarsi dall’inquietudine che attanaglia, da una tristezza
che erode dal fondo l’individuo e tutte le sue possibili relazioni.
La
prima, la seconda, la terza persona si alternano in narrazioni che arrivano sempre
difformi, sempre inattese. L’amore di cui si scrive non è solo quello
romantico. C’è quello che si ricerca all’interno della famiglia, per far fronte
a un futuro che spaventa, o quello di un animale domestico per il suo padrone
(ed è, per esempio, attraverso lo sguardo tenero di Rufus che, in uno dei
racconti più riusciti, vediamo il padrone, “Mostruomo”, impegnato nella nascita
e nel fallimento della sua storia d’amore, nel percorso di ripresa dal dolore,
e di realizzazione che per tutti gli amori che vanno, quello del «suo migliore compagno» resta sempre).
Tra le sue trovate estreme, paradossali, Bob-Waksberg esplora le intime
insicurezze di un gruppo di supereroi, “Gli Emergenti”, provvedendo – come del
resto in tutti i racconti – a disinnescare
ogni retorica:
Mi piacerebbe ricordarmelo meglio, perché suona falsissimo quando cerco di
parafrasarlo, ma è stato un discorsetto mica male davvero, supertrascinante, e
ti faceva sentire di brutto che tutto accadeva perché c’era un motivo e c’era
un filo rosso invisibile nella tua storia e, anche solo col fatto che esistevi,
eri parte di qualcosa di grandioso. Ma non lo so, forse bisognava essere lì in
quel momento. (p. 151)
Nati come rock band, i giovani eroi scoprono che i loro poteri, acquisiti senza merito e vincolati a una massiccia assunzione d’alcol, sono più gabbie che opportunità, e che più che una esistenza patinata e sotto i riflettori conviene sceglierne una autentica. La narratrice può realizzare anche che l’azione più incredibile di tutte non sia volare, o salvare il mondo, ma riappropriarsi di sé stessa e guardarsi nel profondo per conoscersi un po’ meglio («quando stavo con lei, non è che mi piaceva lei: mi piacevo io», p. 169). Di fatto, alla fine, vivere.
Ho pensato a come, in realtà, se volevi, potevi dire la stessa cosa della vita. Che la vita è terrificante e schiacciante e può accadere in qualsiasi momento. E quando devi affrontare la vita puoi essere codardo oppure puoi essere coraggioso, ma in ogni caso dovrai vivere. Quindi tanto vale essere coraggiosi. (p. 171)
Proprio alle infinite sfaccettature del
vivere sono dedicati questi testi, nella complessa gamma dei generi (dal
teatro alla poesia, all’annuncio sulla serranda di un negozio). Anche quando lo
straordinario irrompe nell’ordinario, lo fa con una tale naturalezza da
costringere il lettore a sospendere
l’incredulità e accettare il patto narrativo, per vedere dove l’autore lo
stia portando.
Raphael Bob-Waksberg unisce
a una fantasia liberamente dispiegata
tra le pagine un guizzo di follia e una penna sensibile, capace di
incunearsi tra le pieghe dei sentimenti (dei protagonisti dei suoi testi come
dei lettori) per intercettarne i bisogni emotivi. Ecco perché i racconti fanno
risuonare corde impreviste e invitano a una lettura non necessariamente lineare
del volume. Ritengo però che sarebbe un peccato non lasciare nella sua
posizione di chiusura l’ultimo testo, che rappresenta un compendio delle idee
espresse nei racconti precedenti fin dal titolo: “Più te stesso del te stesso
che già sei”. Questo infatti, nello specifico, è quello che fanno emergere i
costumi dei Presidenti degli Stati Uniti d’America nel parco a tema dove lavora
il narratore (presidente Chester A. Arthur sul luogo di lavoro, figlio e
fratello amorevole nella vita privata), ma e soprattutto ciò che fa emergere,
quando gli lasci lo spazio che merita, l’amore che ti muove.
Carolina Pernigo