di Zoe Thorogood
BAO Publishing, marzo 2024
Traduzione di Caterina Marietti
pp. 192
€ 20,90 (cartaceo)
€ 12,47 (eBook)
«Questo libro include riferimenti a suicidio e autolesionismo. Anche se spero che possa essere di aiuto a qualcuno, i suoi contenuti potrebbero triggerare emotivamente. Assicuratevi di essere in un luogo comodo e sicuro, prima di leggere, e ricordate che il sole sorge a ogni nuovo giorno».
Il grande mito della depressione continua a riempire articoli scientifici, a essere protagonista indiscusso di podcast, caroselli e genocidi di pensieri. Come può una cosa così grande essere raccontata in un solo e unico modo? Esistono le immagini, i suoni, le parole, il tatto, gli odori e persino i pugni.
In natura i pesci cosiddetti ossei, coloro dotati di scheletro, posseggono una piccola vescica natatoria utile a nuotare sempre più in profondità grazie a un gioco di espansione e contrazione. Immaginiamo la depressione come un'enorme vescica che non funziona, per cui il pesce deve nuotare con le sue sole forze, attivare i muscoli, le pinne, ma c'è una parte fondamentale di sé che è marcia e che non risponde a nessun comando nervoso, per cui senza quel gioco, il pesce va a fondo, non può nuotare e probabilmente sarà costretto a morire.
Tutta sola al centro della terra è il terzo volume dell'iniziativa Le fumettiste si leggono di Bao Publishing lanciata a marzo 2024. Un format il cui scopo è invitare a scoprire sempre più graphic novel firmati da scrittici col fine di ampliare le loro storie attraverso le voci di altre artiste donne.
Zoe Thorogood racconta in Tutta sola al centro della terra. Un graphic novel autobiografico la sua difficoltà nel portare a termine il suo prossimo fumetto. La storia infatti non è un racconto lineare, ma un racconto di come la protagonista affronta i suoi mostri durante la stesura del progetto. Un fumetto che racconta la lotta quotidiana con se stessi, le proprie ansie da prestazione, la paura di non farcela, la necessità di farsi trasportare da impostori ben armati di sapienza. Con l'intento di raccontare sei mesi della propria vita di artista, Zoe esplora la propria condizione interiore, cercando di costruire percorsi per sé e argini interiori per i lettori, costruisce il ritratto di un'artista che deve creare, per la propria sopravvivenza, nel disperato tentativo di rimettere in sesto la propria vita, scrivendo fumetti in modo autentico un libro importante e di rarissima franchezza. Il caos creativo che dà origine al libro può essere compreso, come se chiaramente si potesse intravedere quel filo rosso di Arianna sotto le vignette colorate che cambiato stile e forma a un ritmo vertiginoso. La tristezza è una sempre presente, scandisce il tempo anche quando si pensa si star ballando una melodia diversa. C'è in questo una dicotomia: ma noi vogliamo che sia così? O soffriamo tutti? O nessuno di noi? E se soffriamo tutti, perché alcuni lo affrontano meglio degli altri?
Quello che l'artista crea sulla carta è quello che non riesce a creare nella vita, perché sempre chiusa nella sua testa, con mille cose da dire, pensare, inventare, storie e personaggi e mondi e colori, che non riesce a fare uscire. È bloccata, in ombra nell'invisibilità di comunicare con gli altri. Zoe non riesce a condividere alcuno scambio di fiducia col lettore, nonostante ogni storia dovrebbe avere un inizio e una fine, perché la stessa artista ha scelto di condividere il più grande tabù, il pensiero costante di togliersi la vita, nell'unico modo che può funzionare: con sincerità.
Attraverso una varietà di stili, l'autrice mostra al lettore i grovigli di pensieri e gli improvvisi cambiamenti di umore che la tormentano. Anche la rappresentazione di sé non è mai uguale, a volte è una semplice ragazza dalla forma umana, alle volte è solo un omino accennato, ancora delle linee confuse e così anche l'uso del colore, nel bene e nel male, sembra trasmettere la sensazione di una canzone che risuona nelle nostre corde. Un elemento avvincente è proprio la considerazione della proiezione su uno stato d'animo al tempo stesso artistico e confuso, alimentato dall'ansia che pervade la mente dell'artista. Cambiamenti di stati mentali, passato e presente, episodi chiave che si susseguono con natura quasi chirurgica, la depressione disegnata come un gigantesco mostro nero dai denti aguzzi e gli occhi iniettati di buio, l'uso di droghe, le delusioni amorose, la costante sensazione di non essere abbastanza in un mondo vorticoso che performa alla perfezione.
Se si è alla ricerca di una storia di guarigione dalla depressione, questo libro è lontano dal concetto stereotipato di manuale di auto-aiuto. Quello che interessa a Zoe Thorogood è spiegare l'esatto contrario: che le persone che soffrono di depressione hanno teste incasinate, vermi che strisciano sotto le braccia e gatti zombie con cui fare i conti. Una presenza oscura da combattere e che viene evocata quando tutto sembra andare bene. E in effetti, a volte c'è il sospetto che nessuno, in fondo, voglia davvero essere felice, dopo tutto:
«E per la cronaca: nessuno è semplicemente "felice", è una condizione temporanea che va e viene. Come il dolore. Forse lo scopo della vita è fare dei brutti disegni, forse è spessasti il cuore mille volte, forse è essere lasciata, venire trovata, forse la vita è fatta per quei panini buonissimi. Non lo so sono solo una fumettista. Sto lentamente realizzando che, quando il mio cervello propone il suicidio, quello che intende davvero è di andare altrove, dove può esistere libero e senza forma, dove il tempo scorre in maniera differente e le cosa hanno senso. La vita è solo una raccolta di buone e cattive esperienze tenute insieme dal vuoto in mezzo... e quel vuoto è il tuo spazio da modellare, uno spazio da controllare e in cui creare». (p. 188)
Sembra esserci alla fine quasi una sorta di rassegnazione a una condizione di sofferenza ormai persistente. Un adattamento consapevole a un universo che accoglie e respinge tutti. Non si è mai del tutto felici, ma non si è mai del tutto soli, soprattutto al centro della terra.
Serena Palmese
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