in

"Il Maestro e Giulia". Il libro dell'amore impossibile di Culicchia

- -

 






Il libro dell'amore impossibile
di Giuseppe Culicchia
HarperCollins, 2024

pp. 208
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


L'amore impossibile di cui parla (o dovrebbe parlare) questo romanzo è quello tra Giovan Battista Pergolesi e la sua allieva Giulia Spinelli che, impossibilitata dalla famiglia a sposare l'amato, decide di diventare monaca di clausura. La storia non è in realtà provata, potrebbe trattarsi di una leggenda, ma è una perfetta favola di un amore impossibile, in cui si intrecciano musica, bellezza, candore.

È doveroso raffreddare gli animi romantici di chi cerca in questo libro la passione, e non solo perché vi sono casi in cui la storia uccide la poesia, ma soprattutto perché l'autore fa di tutto per ricordare al suo lettore la finzione e impedire conseguentemente qualsiasi identificazione con i personaggi.

(Che ne dite? Funziona? E se invece scrivessi, chessò, qualcosa di questo tenore, magari ricorrendo agli arcinoti stereotipi...). (p. 100) 

Questa è una delle innumerevoli rotture della cosiddetta "quarta parete" che mi hanno generato la domanda: "Ma abbiamo ancora bisogno di un metaromanzo?". È vero che le narrazioni spurie sono uno degli emblemi del cosiddetto postmodernismo, ma proprio in questo essere emblemi hanno assunto oramai una ritualità che ha distrutto il loro carattere sperimentale. 

Ci troviamo quindi, nel libro di Culicchia, in un intreccio in cui trovano posto la storia di Pergolesi e Giulia nel XVIII secolo, un'improbabile storia parallela nei Quartieri Spagnoli, la narrazione autobiografica di come e perché Culicchia abbia deciso di scrivere un romanzo su Pergolesi (degli studi fatti a proposito, degli incontri, dei giri per Napoli, ecc...), e... dimenticavo: dell'incontro dell'autore con Gesù e la narrazione della crocifissione di Gesù:

Ha taciuto anche quando Pilato ci ha ordinato di inchiodare sopra la sua testa l'iscrizione con il motivo della sua condanna, IESUS NAZARENUS REX IUDAEORUM, in latino, greco ed ebraico, cosa che ha provocato le proteste dei sacerdoti locali, perché le iniziali INRI tradotte in lingua giudea stanno a indicare proprio il loro Dio. E ha continuato a tacere mentre noi lo issavamo su e il procuratore zittiva per un istante quella marmaglia dicendo: «Quel che ho scritto, ho scritto». (p. 34)

Se la recensione porta il titolo (mi si permetta una meta-recensione a questo punto) di Il Maestro e Giulia è perché l'apparizione di Ponzio Pilato e Gesù mi ha fatto pensare alle splendide pagine de Il Maestro e Margherita, con esito però assai diverso. Lì era un vortice, una manifestazione della potenza dell'immaginario, qui diviene una rinuncia alla letteratura. «(Qui in realtà si potrebbe scrivere qualcosa del genere...)», ammicca Culicchia intervallando questi interventi fra parentesi a tentativi di narrazione, possibili incipit (l'aveva fatto Calvino, è vero); ammicca al lettore, il quale però è disorientato dall'essere costantemente chiamato in causa, nel passaggio da una ricostruzione probabilmente fedele del making of di questo libro alla richiesta di cooperare per fare partire questo libro. In questa indecisione, il povero lettore non riesce assolutamente a immedesimarsi con Pergolesi e Giulia, i quali agiscono da qualche parte, indisturbati (sia dal lettore che dallo scrittore).

Non avviene la sospensione dell'incredulità su cui si basa il dialogo tra lettore e testo, ma permane l'incredulità nuda e cruda per la possanza di interrogativi filosofici così snocciolati:

Sorgono a questo punto domande inevitabili: che ne é di noi dopo la morte? Quale il destino di quella cosa che sentiamo dentro di noi e che, se credenti ma non solo, chiamiamo "anima"? Esiste questo agognato "altrove", parallelo al mondo che conosciamo e che crediamo di conoscere, in cui le nostre anime continuano a "vivere" dopo la morte? (pp. 74-75)

Sono domande inevitabili, è vero, talmente inevitabili che porle in termini così semplici sarebbe giustificato se le domande le facesse il personaggio di Giulia, che è una sedicenne che si sta affacciando alla vita, ma che poste dall'autore risultano incongruenti con le sue citazioni e con un approccio da auto-fiction.

Deborah Donato