No Big Deal
di Rachele
Salvini
nottetempo,
aprile 2024
pp. 396
€ 17,00
(cartaceo)
€ 11,99
(ebook)
Avevano le palle di esistere davanti a migliaia di occhi, al centro di sguardi che analizzavano qualunque loro movimento. Io, che ogni giorno evitavo lo sguardo di mio padre, strisciavo come un topo in una fognatura, come uno scarafaggio che cerca di uscire solo al buio pur di non essere visto, volevo essere su quel palco. (p. 129)
Come abbiamo riportato in un altro articolo, Rachele Salvini vinse l’edizione 2020 di 8x8, un contest letterario sul racconto breve organizzato dallo Studio Oblique di Leonardo Luccone, ormai giunto alla quattordicesima edizione. Salvini era già presente su diverse riviste letterarie – non solo italiane – ma quella vittoria fu la molla che portò alla firma del contratto con nottetempo. Oggi, dopo quattro anni, Salvini esordisce con No Big Deal, un romanzo ha per protagonisti due ragazzi, la livornese Lena Marchi e lo scozzese Dixon Hein. Seguiamo le loro vicende dalla fanciullezza, trascorsa all’interno di famiglie disfunzionali – quasi a dimostrazione che, tolti alcuni elementi culturali, le famiglie disastrate esistono ovunque –, fino alla prima età adulta. Nella prima parte del libro i due personaggi vivono esistenze separate: Lena a Livorno, alle prese con i problemi familiari, la scarsa autostima e le sconfitte scolastiche; Dixon a Londra, preda di un’indole autodistruttiva compensata soltanto dal desiderio di diventare un musicista di successo.
Questa
prima parte può essere letta come un lungo – ma necessario – preambolo che
porta al vero cuore del romanzo, che prende avvio nel momento in cui Dixon,
insieme all’amico di sempre Alexander e a due personaggi poco raccomandabili
come il divo Clive e il violento Kurt, fonda i (No Big Deal), una band indie rock
che mira a essere la punta di diamante dell’underground londinese. Al contempo,
anche Lena si sposta a Londra per avviare la propria carriera da critica
musicale. Le due metà del romanzo si uniscono in quello che, da lettori,
riconosciamo sin da subito come un naufragio annunciato.
Le due
metà della mela, i cui punti di vista interni si alternano nei vari capitoli –
capitoli dispari per Lena e pari per Dixon nella prima parte, poi le numerazioni
si invertono nella seconda –, trattano tematiche differenti adeguate ai protagonisti.
Nel caso di Lena il focus è inizialmente sulla scarsa autostima derivante da
problemi di peso e dal contesto familiare instabile, poi evolve verso il più
preponderante tema delle relazioni tossiche e abusive. Dixon invece deve fare i conti con
un padre alcolista e violento, con la povertà che l’appartenenza a un ceto
sociale infimo comporta. Entrambi i protagonisti si toccano in altri
luoghi: nel tentativo di evadere dalle famiglie, di inseguire i
propri obiettivi, insomma di diventare qualcuno in barba a ciò che il destino sembra avere
in serbo per loro. No Big Deal, dunque, si caratterizza come un romanzo
di formazione che affonda i denti nell’ambiente musicale, soprattutto
londinese.
La musica
infatti è presente ovunque, sia nella stanza di Lena sia nell’orizzonte
di Dixon e dei (No Big Deal). Nella musica Lena e Dixon leggono ciò che di
buono c’è al mondo. La musica
è il vero momento di evasione per entrambi, laddove invece per gli altri
personaggi l'evasione dall'infelicità sembra essere altrove: nel riconoscimento
sociale per Clive, nella sessualità per Kurt, nell’abuso di droghe per
Alexander. La musica appare come una musa portatrice di salvezza, pur
inquinata dall’ambiente discografico che Salvini descrive come il luogo
del prosaico e del volgare.
Si sarà
già intuito come gli ambienti underground, le violenze non solo di genere e gli
abusi di qualsiasi tipo (dalle relazioni alle droghe) trovino il proprio
corrispettivo nella lingua dell’autrice livornese. Ci troviamo davanti a uno
stile aggressivo, feroce, che ben descrive le situazioni vissute dai
personaggi, e che però sa essere dolce nei – rari – momenti positivi. Quella di Salvini è una lingua che sa incatenare alla
lettura proprio per la sua capacità di rinunciare ai fronzoli, ai giri di parole, e puntare dritta al cuore dell'argomento. Un elemento che lascia un poco perplessi, tuttavia, è la scelta di
inserire alcuni dialoghi “in lingua originale”, ossia in inglese. L’effetto è
un poco straniante nel leggere “What the fuck, Kurt?” […] “Sei fuori di testa?”
(p. 274). Sarebbe stato interessante osare nella sperimentazione e
ritrovare il punto di vista di Dixon – e i relativi dialoghi – in inglese,
accanto alla prospettiva italiana di Lena. Sappiamo tuttavia che avrebbe reso la lettura più
complessa.
Al di là di questo elemento, nell’esordio di Rachele Salvini c’è già la penna di un’autrice affermata, sporcata appena da alcune punte di inevitabile acerbità. La complessità del romanzo, la caratterizzazione dei personaggi e il linguaggio perfetto per descrivere la storia sono chiari segni di un’autrice da seguire con interesse.
David
Valentini