Mohamed Mbougar Sarr, classe 1990, è uno dei più importanti scrittori di origini senegalesi della letteratura contemporanea, vincitore di numerosi premi, tra cui il Goncourt nel 2021 per il suo quarto romanzo La più recondita memoria degli uomini. La casa editrice e/o sta pubblicando i suoi libri e Puri uomini uscito in Italia pochi giorni fa, è in realtà il suo terzo romanzo, dato alle stampe nel 2018. Si tratta di un’opera di cui è stata vietata la vendita in Senegal a causa del contenuto affrontato: la violenza omofoba legata alla tradizione musulmana conservatrice di questo Stato africano. Il romanzo è infatti incentrato sul pregiudizio e sulla violenza contro gli omosessuali apertamente dichiarati (ma anche quelli sospetti non se la cavano meglio), chiamati in lingua wolof «góor-jigéen», cioè uomo-donna, un uomo che si comporta da donna, un pervertito, un depravato per la società senegalese.
Il romanzo è ambientato a Dakar e il protagonista - che è anche l’io narrante della storia -, è un giovane professore universitario di letteratura francese, Ndéné Gueye che all’inizio dell’opera guarda con Rama, la sua bellissima amante, brillante e intelligente, dai lunghi capelli con dreadlock, un video diventato così virale in Senegal da essere commentato dai capi religiosi il giorno dopo. In questo video degli uomini riesumano il cadavere di un giovane e lo gettano fuori dal cimitero, trascinandolo nella polvere, tra sputi e insulti.
«Immagini che fosse un góor-jigéen? Immagini? Cos’altro vuoi che fosse? In questo paese sono gli unici a cui si venga negata una tomba, gli unici a cui venga negata sia la vita sia la morte. […] (p. 15)
Quelle immagini di inaudita violenza impressionano Ndéné, che ne è letteralmente ossessionato, tanto che si mette alla ricerca di notizie sull’uomo riesumato, vuole scoprire il perché di tanto odio.
Siamo spesso duri nei confronti dell’umanità, della sua stupidità, dei suoi errori e delle sue brutture, ma è l’unica che abbiamo. È la nostra sola vera famiglia, il nostro unico rifugio contro la solitudine. Sì, siamo fondamentalmente soli e, senza la comunità di solitudini che l’umanità forma e ci regala, nessuno di noi resisterebbe un solo round faccia a faccia con se stesso. Riusciamo a continuare a vivere perché sappiamo che tutti, ricchi, poveri, ebrei, miss Universo, premi Nobel e perfino gli americani, sono soli quanto noi. (p. 40)
Sono le parole con cui suo padre, capo religioso, conclude la predica che tiene in moschea il venerdì successivo alla pubblicazione di quel video. Essere omosessuali è una vergogna e i familiari di un góor-jigéen devono salvaguardare l’onore della famiglia aiutandosi a eliminare quella macchia dall’onorabilità del loro nome. Non è escluso che tra coloro che erano andati a riesumare il cadavere per gettarlo fuori dal cimitero ci fossero i suoi fratelli o cugini. Il padre di Ndéné appare agli occhi degli altri capi più rigoristi un po’ troppo morbido nella sua predica e il venerdì successivo viene sostituito da un altro imam.
Con l’aiuto di Rama riesce a risalire alle origini e alla famiglia del giovane disseppellito del video e scopre che si chiamava Amadou e che la madre di lui, dopo la morte del figlio, viveva nella solitudine più profonda e in un dolore che l’annientavano. Ndéné non sa perché, ma mettersi sulle tracce di quel giovane, scoprire le radici di tanto odio omofobo nel suo Paese, far visita all’anziana donna che è stata costretta a seppellire il figlio nel suo cortile, obbediscono a un bisogno che non riesce ancora a qualificare. Gli stessi discorsi della conturbante e disinibita Rama, che gli confessa senza esitazione di essere bisessuale, contribuiscono a mettere in crisi l’identità e il sistema di valori in cui aveva creduto fino a quel momento.
«Sei bisessuale?» le domandai per prima cosa.
«Of course. Bisogna essere scemi per non approfittare di tutto il piacere che l’essere umano, uomo o donna che sia, può dare e sentire. Non vuoi provare a farlo con un uomo? Ti stupiresti».
«No, grazie. Trovo tutta la mia felicità con le donne».
«Questo è quello che credi tu. Voi uomini ci idealizzate troppo. Non insisto, but you are missing a lot». (p. 67)
Intanto nell’ambiente universitario viene pubblicata una circolare interna che vieta l’insegnamento delle opere di autori omosessuali, considerati una minaccia alla tradizione e alla cultura del Paese, nonché un cattivo esempio per i giovani studenti. Ndéné, che stava in quei giorni trattando i poeti francesi come Verlaine e les poèts maudits, entra nel mirino dei controlli e della censura, anche perché riferisce apertamente al preside della facoltà, di trovare stupido tale divieto. Prima di perdere l’incarico all’università, Ndéné parla con i professor Coly che lo invita a casa sua e intesse un discorso profondo e lucido sulla realtà senegalese e il confronto con il mondo occidentale:
«Sta rimproverando all’Occidente il fatto di promuovere i diritti sull’ uguaglianza?»
«No, certo che no, ma gli rimprovero di volerli promuovere da noi. So che ora mi parlerà di repubblica, di democrazia, di uguaglianza…Lo so, ma temo che l’uguaglianza in democrazia sia una chimera. Lo è perfino in Occidente, in cui sussistono le peggiori disuguaglianze date dall’origine, dalla classe sociale, dalla ricchezza o dalla religione. Il cammino verso l’ uguaglianza non può essere affrontato con la stessa velocità dappertutto. Ma mi dica […] lei in che campo di pone a proposito dell’omosessualità?». Non seppi cosa rispondere. Non ero neanche sicuro di aver capito bene la domanda. Poi, dato che visibilmente si aspettava una mia risposta, dissi:
«Non lo so. Non ci sono campi». […]
«La sua posizione è insostenibile, Ndéné. Dovrà capirlo. Dovrà soprattutto fare una scelta, prima o poi. Si è sempre in un campo. Bisogna scegliere e farsi carico della propria scelta». (p. 120)
Il giovane professore attraverserà una sorta di crisi di identità (e anche di valori) e alla fine della storia farà una scelta, probabilmente l’unica possibile - ma lascio al lettore scoprirla -; qui si può aggiungere solamente che sarà coraggiosa e sconvolgente, forse anche incomprensibile.
La scrittura di Sarr è decisamente elegante, poetica, sofisticata, ma anche profonda e cristallina. Indubbiamente si tratta di un autore giovane dalla scrittura già matura, considerati i tanti premi letterari ottenuti; Sarr sa equilibrare una narrazione fluida alternandola a passaggi intimi e riflessivi. L’autore ha voluto unire il gesto letterario alla denuncia: nel suo Paese la strada verso i diritti della comunità LGBT non è ancora iniziata. L’omosessualità suscita vergogna, è considerata un vero tabù, un pericolo per la cultura tradizionale improntata sulla sharìa. Attraversando gli usi e i costumi di un Senegal estremamente conservatore, Ndéné arriverà a comprendere che gli omosessuali:
Sono puri uomini perché in qualsiasi momento l’ idiozia umana può ucciderli, sottometterli alla violenza nascondendosi sotto una delle numerose maschere deviate di cui si serve per esprimersi: la cultura, la religione, il potere, la ricchezza, la gloria. Gli omosessuali fanno parte dell’umanità perchè l’umanità può ucciderli o escluderli. (p. 103)
Marianna Inserra