È calato il sipario sul Paf, il Porte Aperte Festival, la manifestazione che per quattro giorni, dal 23 al 26 maggio, ha portato a Cremona scrittori, artisti, fumettisti, attori, musicisti in un tripudio dedicato alle arti. Oltre 60 incontri che hanno registrato il sold out. Nomi come Romana Petri, Alessandro Cattelan, Giorgio Scianna, Matteo B. Bianchi, Ilaria Gaspari, Ilaria Rossetti, Marco Lodoli, Francesca Fracassi, Paolo Jannacci, Frida Bollani, Rocco Tanica, Antonio Franchini, per citarne alcuni. Una festa per l'intera città, invasa da un pubblico affezionato e partecipe.
CriticaLetteraria ha seguito alcuni incontri nelle diverse location dell'evento, tra i luoghi più iconici di Cremona. Giorgio Scianna, nella suggestiva cornice del Cortile del Museo Civico, ha presentato il suo ultimo libro Senza dirlo a nessuno (Einaudi), un giallo che contiene in sé mille altre forme narrative. Racconta la storia di un ragazzo che viene fermato a Roma dalla polizia per spaccio. Manish però, questo il nome del protagonista, dovrebbe essere a Londra con il padre. La madre, che invece anni prima è tornata in Italia, si precipita a Roma. Per tre settimane, Manish e i genitori torneranno a essere una famiglia e avranno modo di riflettere sul loro rapporto, riallineando le traiettorie dei loro pianeti. Senza dirlo a nessuno è anche un libro sull'adolescenza. "Perché", come ha detto Scianna, "parlare dei ragazzi e delle ragazze oggi vuol dire osservare l'anemometro, guardare dove ci porta il vento e quale direzione prenderà il futuro". Un'attenzione, quella nel raccontare l'età della metamorfosi, che in Scianna è scattata quando i figli erano adolescenti ma che non ha più abbandonato. "I miei libri sono adottati anche nelle scuole", ha ripreso lo scrittore, "per cui ci tengo molto a tenere aperto questo canale di dialogo con i giovani", la cui cifra vitale, in questo periodo storico, sembra essere la liquidità, al di là della questione gender, che può essere marginale. Liquidità proprio come elemento generazionale, passaggio continuo, attraversamento costante di tutte le frontiere. Proprio come Manish, mezzo italiano e mezzo inglese, bravo ragazzo ma con certe conoscenze che lo stanno portando su una strada non proprio maestra. Campione di una generazione che tende più a emanciparsi che a definirsi. "Io vengo invece da una generazione che ci teneva molto alla definizione, avevamo modelli forti davanti ai quali avevamo due possibilità, replicarli accomodandoci o abbatterli ribellandoci", ha raccontato Scianna. "Invece adesso i giovani hanno davanti a sé una prateria di possibilità e questo è bellissimo, ma, diciamocela tutta, complica molto la vita... diventa un mondo fatto per surfisti".
Ma il romanzo di Scianna non è soltanto un giallo (ricco di colpi di scena che ne definiscono la struttura), non è soltanto un libro sull'adolescenza, è anche un romanzo di formazione della genitorialità, come l'ha definita Michele Lanzi, il conduttore dell'incontro. Perché, alla fine delle tre settimane entro le quali si snoda la vicenda, il padre e la madre impareranno qualcosa sul loro essere genitori, lei divorata dai sensi di colpa per non aver seguito la crescita del suo primo figlio, tanto da non conoscerne banalmente nemmeno i gusti, e lui, che l'ha sempre lasciato fare, a chiedersi se il suo atteggiamento tanto "sciallo", in realtà, non sia stata una posizione di comodo e non abbia esposto il figlio a rischi che adesso chiedono il conto. Un romanzo che guarda molto alla contemporaneità. "Da lettore amo molto i libri che hanno un forte tema d'aggancio, magari anche apparentemente attuale, ma riescono comunque a parlare dell'oggi", ha concluso Scianna. "Un elemento che ritrovo in molta letteratura anglosassone, da Ian McEwan a Cormac McCarthy".
Di giovanissimi, anzi di giovanissime, parla anche il secondo romanzo dell'incontro seguito da CriticaLetteraria, La fabbrica delle ragazze (Bompiani), di Ilaria Rossetti, presentata dalla giornalista del La Provincia Barbara Caffi nel cortile di Palazzo Guazzoni-Zaccaria. Le ragazze del titolo sono le operaie della fabbrica Sutter & Thévenot di Castellazzo di Bollate, vicino a Milano, piccole, tante addirittura bambine perché le loro dita sottili sono perfette per lavorare le munizioni che la fabbrica produce e che sono indispensabili agli uomini al fronte. Siamo nel 1918, la guerra è agli sgoccioli, ma le munizioni servono ancora. Tante. La fabbrica lavora a pieno regime e le donne, ragazzine e bambine, in bicicletta, capelli al vento, ogni mattina si recano al lavoro. Emilia, la protagonista, è una di loro e quella mattina del 7 giugno, saluta mamma Teresa e papà Martino, senza tante smancerie, a quei tempi non si usava, senza sapere che la sua vita, e quella delle altre ragazzine che lavorano con lei, terminerà nello scoppio della fabbrica. Saranno 59 le vittime, di cui 52 donne. L'evento è reale, storia vera.
Tra i primi ad accorrere sul luogo del disastro un ancora giovanissimo e non famoso Ernest Hemingway che si trova a Milano, nella Croce Rossa, e rimane scioccato da ciò che vede. Tanto che, dopo anni, ne parlerà in un racconto. Una voce fuori dal coro perché l'interesse del governo è quello di mettere tutto sotto silenzio, le munizioni servono, la fabbrica deve riaprire il prima possibile e il morale degli italiani non deve abbattersi. Si abbatterà invece il silenzio sull'evento e toccherà a Teresa e Martino fare i conti con la realtà.
"Un tema sempre attuale, quello delle morti sul lavoro", ha sostenuto Ilaria Rossetti, "per le quali troppo spesso si parla di fatalità... ma non è così". La scrittrice ha lavorato tantissimo sulle poche fonti storiche a disposizione, al Comune di Bollate, per far riemergere questa storia coperta dalla polvere del tempo, ma così tremendamente attuale. "Per parlare di attualità non è necessario scrivere romanzi ambientati nel contemporaneo", ha affermato la scrittrice. Che con questo suo romanzo storico ci fa riflettere su un tema che fatica a entrare nelle agende politiche e ancor più in quelle narrative, come se fossimo vittime di un rimosso collettivo. Ma le morti sul lavoro esistono e non si può accontentarsi di qualche titolo al telegiornale.
La figlia Marzia, che di cognome fa Marziali, e nomen sarà omen perché la ragazza affronta la vita con piglio marziale, è una campionessa di lotta greco-romana, si è costruita un corpo forte, scolpito e muscoloso. Il contrario della madre. "Per tutta la sua giovane vita Marzia ha parato pietre infuocate, incendiate dalla rabbia e dal dolore", ha raccontato Romana Petri, accompagnata dal suo inseparabile amico a quattro zampe, "e le ha gettate nello stagno del suo inconscio, dal quale poi sono destinate a riemergere". Marzia ha il terrore di amare perché il modello di amore che ha visto è quello della sottomissione e del disturbo mentale e lei se ne deve tenere lontana. "Ho voluto una protagonista che avesse molto di me", ha detto la scrittrice romana, "ma l'ho calata in una situazione di estremo dolore che per tanto tempo le impedisce di vivere". Un romanzo che scava nei rapporti umani archetipici, quelli familiari e che ha a che fare tanto anche con il concetto di corpo come forma di ribellione e allontanamento dal modello della madre che non riesce a liberarsi da un personaggio gretto e intollerabile come il marito.
Il corpo come definizione di sé e come specchio distorto dell'adolescenza è anche il tema fondante del romanzo di Ilaria Gaspari, La reputazione (Guanda). L'autrice, filosofa e volto noto della tv, l'ha presentato in un Cortile Federico II (splendida corte interna del medievale Palazzo del Comune di Cremona) gremito di pubblico. Gaspari è stata intervistata da Alessandra Fiori, insegnante, che ha portato sul palco una rassegna di oggetti culto degli anni 80, il bauletto della Naj Oleari, il profumo Anais-Anais, citati nel libro e che l'autrice ha apprezzato particolarmente ("li ho visti solo sui siti di vendite vintage dove mi sono documentata!", ha esclamato). La protagonista di questo romanzo, ambientato proprio negli scintillanti anni '80, è una ventenne che ancora non sa cosa fare della propria vita, ha davanti a sé, come tutti i ventenni, un mare di possibilità, è eterna laureanda in Filosofia con una tesi sul concetto di corpo in Husserl e per mantenersi lavora come commessa in una boutique di moda nella Roma dei Parioli. Marie-France, la titolare, bellissima e charmant, un po' in là con gli anni, cosa con la quale non riesce a venire a patti, sta allestendo, grande novità al tempo, uno spazio per le linee dedicate alle ragazze. Dove loro, le ragazze, si metteranno a confronto con il proprio corpo, che sta cambiando, e con lo sguardo degli altri che le definisce. "Un'età crudele alla quale non tornerei mai", ha affermato Gaspari che poi ha raccontato come una calunnia, l'evento che dà il titolo al romanzo, possa rovinare la vita a qualcuno. Si torna alla Roma del 1983 e alla sparizione di alcune ragazze. Serpeggiano voci intorno alla boutique, false, ma, si sa, la calunnia è un venticello che può diventare un tornado.
Al Porte Aperte Festival è intervenuto anche Alessandro Cattelan in veste di editore. Il popolare presentatore televisivo ha fondato, infatti, nel 2022, con la direzione editoriale dello scrittore Matteo B. Bianchi, la casa editrice Accento che pubblica testi di esordienti. In foto, Cattelan con la maglia dell'USC Cremonese che lo scrittore Andrea Cisi, tra i fondatori del Paf, gli ha donato ben sapendo della sua passione per le maglie delle squadre calcistiche. Cattelan e Bianchi, di cui è appena uscita la versione extended del romanzo cult anni 90 Generations of love (Fandango), hanno raccontato, insieme a Gianmario Pilo, consulente commerciale di Accento, come decidono i manoscritti da pubblicare ("La prima regola è che ti facciano dimenticare che li stai leggendo per lavoro", ha detto Cattelan), narrativa per la quasi totalità, come scelgono le copertine, dirompenti e innovative, e quali sono le loro preferenze come lettori. Per il momento sono 16 i titoli pubblicati da Accento, che gettano nuova luce e nuovi sguardi sulla contemporaneità.
Sabrina Miglio