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La letteratura è salvezza in "Scuola di solitudine" di Crocifisso Dentello, doloroso romanzo d'infanzia e riscatto

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Scuola di Solitudine
di Crocifisso Dentello
La Nave di Teso, 2024

pp. 160
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Messa (momentaneamente) da parte la fiction dopo gli ottimi Finché dura la colpa (1 ed. Gaffi, 2015) e La vita sconosciuta (La nave di Teseo, 2017), Dentello prosegue con l'autobiografismo, sulla scia di Tuamore (La nave di Teseo, 2022) e nel solco simbolico dell'ultimo Walter Siti, di cui Scuola di solitudine (La nave di Teseo, 2024) ne rievoca, seppur col solo nome, le fattezze. 

L'autore ricalca le orme dell'adolescenza da escluso e bullizzato in una Brianza austera, raccontando con acuta onestà le cicatrici ereditate dalla tenera età. A trascinarlo nel passato è Walter, sgradevole ex compagno di scuola. 

Nella hall un tizio siede a gambe larghe su una poltroncina. Ha l'aria di uno sbirro fuori servizio. Indossa un piumino nero, un paio di jeans attillati sui polpacci. Si alza e mi viene incontro con un'esitazione che fatico a comprendere. Sposta il peso da una parte all'altra come un piantone. Se ha trovato il coraggio di rivolgermi la parola perché ora sembra impacciato? Ci stringiamo la mano con vaga circospezione: le braccia distese, i piedi lontani. Il suo odore, un miscuglio di fumo stantio e di dopobarba dolciastro, mi restituisce uno scorcio di vita che immagino ammaccato. Voglio solo scambiare due chiacchiere. (pp. 14-15)

Certe infanzie sono come febbri: bisogna aspettare che passino. Questa si compone di incomprensioni tra le mura di casa e colpi bassi tra i banchi della scuola. Vittima designata di un'intera macchina scolastica, il giovane Crocifisso patisce in silenzio umiliazioni, angherie, soprusi, contenendo i primi cenni di una sensibilità spiccata e subendo, poco a poco, il fascino di Marco Galbusera, compagno d'istituto dal carisma ribelle.

Galbusera ne diverrà amico a causa di una madre che desidera per suo figlio ciò che agli altri spetta per diritto: un'infanzia serena.

L'infanzia non mi ha mai messo al riparo dalla violenza. Semmai è stata un apprendistato. Prendeva forma in mio padre quando tornava dal lavoro e rispondeva in modo brusco a mia madre, quando la sollecitava a servire la cena a tavola, quando si lamentava per una qualsiasi sua manchevolezza. Percepivo una tensione pronta a esplodere e che talvolta di fatto esplodeva con le sue rimostranze gridate a squarciagola, con le sue mani grosse di muratore che vibravano sul tavolo come colpi d'accetta. (p. 43) 

Erano ovviamente i compagni maschi i miei nemici assoluti. Non solo per quel senso di competizione innato che ti spinge a vincere o a soccombere nel confronto con i tuoi simili ma perché la mia vulnerabilità offriva anche al più debole tra loro la possibilità di sperimentare e affinare quella crudeltà virile necessaria a sopravvivere in un ecosistema scolastico. (p. 49) 

I problemi del protagonista non finiscono a scuola, quindi. Se mamma offre protezione e indulgenza, papà ne esige il rapido indurimento, la trasformazione repentina in uomo, passaggio necessario alla sopravvivenza nel Nord diffidente verso ciò che malvolentieri accoglie all'inizio degli anni novanta, un'epoca che esige fatiche e rinunce a chi, fuggito dal Sud, cerca un futuro. Come se quella mossa debba scontare una punizione. 

Diventa importante considerare lo sfondo di un legame tra un figlio impacciato e un genitore che riconosce valore al lavoro fisico e diffidenza verso quello intellettuale verso cui Crocifisso sembra già tendere. 

Sentivo che per affrancarmi dalla rovina dovevo inseguire una chimera artistica. L'unico modo per non fare i conti con la realtà, pensavo, era essere uno scrittore. A mollo nell'immaginazione potevo forse starmene lontano dal mondo o meglio guadagnarmi il diritto di starmene lontano dal mondo. (p. 26)

Il confronto non è solo tra un padre e un figlio ma tra due diverse visioni della vita, fondate sulla concretezza maschia da una parte e l'evasione naif dall'altra

Tuo figlio con me non c'entra niente. Con chi lo hai fatto? (p. 54)

Eppure, i piani comunicativi ed emotivi diversi non impediranno a entrambi, nel tempo, di volersi bene.

Dentello prova amore per i suoi, ma non solo. In Scuola di solitudine, emerge un protagonista inusuale: la biblioteca del paese, consacrata a luogo di evasione, sacrificio, riscatto, che ha fatto di un bambino solitario lo scrittore di adesso. Il ruolo della scrittura ha reclamato sempre attenzione nei testi di un autore che, in alcune delle più intense pagine della sua produzione, lascia affiorare devozione e riconoscenza per questa compagna fedele e salvifica della sua esistenza. 

Daniele Scalese