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Trecento piccole visioni: "Le città del mondo" di Eraldo Affinati

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Le città del mondo

di Eraldo Affinati
Gramma Feltrinelli, 2024

pp. 304
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Chi si aspetta un diario di viaggio da Le città del mondo di Eraldo Affinati resterà sorpreso nel ritrovarvi, invece, un atlante rapsodico ed emozionale di alcuni luoghi dell'anima, visti attraverso la lente dell'incontro con l'altro, con il prossimo. La trecento città narrate nel testo sono suddivise in tre sezioni: le città conosciute, le città sognate, le città immaginate. Il prologo è a New York, l'epilogo a Gerusalemme, alfa e omega della traversata che fa Affinati della contemporaneità. Si comincia un mese dopo l'attentato alle torri gemelle:

Dalle chiese nere di Harlem in uptown scesi a piedi lungo la Broadway fino a Ground Zero sfidando il tremendo odore che, nonostante il vento oceanico, ancora filtrava nell'aria: non so cosa fosse, appena provavo a pensarlo mi veniva in mente un tritume di ossa e metalli, ceneri e fibbie dorate, allora ci rinunciavo. (p. 11)

È un viaggio tra macerie, non solo perché New York è la prima delle città perché guida «cieca la loro trionfale marcia verso il nulla» (p. 14) ma perché si comincia da Charkiv, un buco nero dell'umanità. Affinati dice di scrivere delle città in cui "si è rimescolato", e l'esigenza di toccare con le proprie mani, vedere con i propri occhi è quella di «cercare di attribuire un senso all'esperienza, talvolta anticipandola, in altri casi trasfigurandola, sempre con le parole» (p. 18). Toccare con le proprie mani, vedere con i propri occhi, perché Le città del mondo appartiene al genere ibrido del memoir, del diario, del racconto intessuto di autobiografia. Quindi se è lecito supporre che il narratore e l'autore si identifichino, non è peregrina l'attitudine a leggere questo viaggio anche attraverso il vissuto dell'uomo Affinati, quelle didattiche e di attenzione verso i "dimenticati" .

I fotogrammi che Affinati ci consegna di queste città, infatti, mettono sempre al centro gli ultimi, gli scarti della società del benessere e dei consumi. Conosciamo così una galleria di persone che sovrastano lo sfondo con la loro tragica e pensosa umanità: il culturista barbone di  Los Angeles, le suore di Benares, la bambina cinese con la frangetta in una rosticceria di Palermo,  Abdel il marocchino ubriaco di Mestre. E tantissimi altri, che emergono per un attimo dall'oblio cui la storia li ha dannati, grazie alla scrittura nitida e lirica di Affinati.

Il presente si fonde con il passato, con ciò che è stato letto, con gli incontri reali e quelli immaginati, in una trama sinfonica di segni e sogni. Il viaggio, come dicevo, si conclude a Gerusalemme.

Difficile trovare un'altra città, al tempo stesso conosciuta, sognata e inventata: gli intrecci fra lingue e persone, terre e religioni, vi risultano inestricabili. (p. 294)

Il viaggio finisce con tre interrogativi inevasi: «Chi sono io? Chi sei tu? Come possiamo vivere insieme?» 

Deborah Donato