Diego Alvaro Menconi stava leggendo i titoli del settimanale "Er Grafico" mentre sorseggiava il caffè, quando sentì bussare alla porta. Al solito temette potesse cedere, per l'instabilità dei cardini conficcati in quel muro ormai pregno di umidità. E fece per alzarsi, ma si attardò un poco, presagendo la visita di qualche creditore o di un poliziotto intraprendente a cui non voleva e non poteva dare risposte. Avvicinandosi all'uscio, scalzo e in punta di piedi, alzò il cerchio metallico che copriva lo spioncino. Il volto contratto e deformato della lente era quello di una giovane donna, una meticcia, la testa tonda, i capelli ricci, gli occhi grandi e sbarrati. (p. 9)
Menconi sbarca il lunario inseguendo talenti per il calcio che conta - quello europeo - strappandoli ai guai argentini degli anni settanta. Tra alterne sfortune cerca la svolta e tiene a bada i creditori e il passato. Dopo una strana richiesta di Alicia - vicina di casa a caccia del marito desaparecido, la modesta mezzala Morettini -, Menconi improvvisa un'odissea romantica per il paese tra soffiate, colpi di scena e colpi svaniti, nostalgie di Evita, Borges e un figlio perduto: nella sua rocambolesca traversata ci sarà anche tempo per l'amore.
Menconi sentiva un certo fastidio alle vertebre e cercava di stiracchiarsi. Aveva quasi cinquant'anni e l'avevano dato per spacciato un paio di volte per il fegato bizzarro, ma ne era sempre uscito abbastanza bene. Certo, gli era rimasto un fondo di tristezza nello sguardo, ma sapeva camuffarlo per stanchezza. Anche quando sua moglie lo aveva lasciato per un mobiliere di Flores, lui, in fin dei conti, non aveva fatto proprio nulla per riprendersela. Trattenuto in un'espressione di nausea tutto ciò che avrebbe voluto tirare fuori, si era rituffato subito nel lavoro, giocando a mischiare un certo distacco dalle delusioni dei sentimenti con il desiderio di fare il colpo della vita. (p.34)
L'Argentina cadeva a pezzi e lui si muoveva attraverso le distese infinite della nazione per constatarne la febbre da prossimo decesso. Il calcio, poi, era lo specchio di quel paese inconcludente. (p. 35)
Figlio di un emigrato italiano, Menconi è hombre vertical simbolo di un temperamento argentino segnato dalla povertà e dalla dittatura e tenuto vivo dal sogno di un futuro diverso. La nazione va a pezzi colpita dalla crisi finanziaria e politica e tra le strade c'è malcontento ma nessun accenno di rassegnazione. L'ossessione per il calcio furoreggia in questo specifico clima di contraddizioni e per cogliere l'essenza di Sporca faccenda, mezzala Morettini, scritto in collaborazione dall'esperto duo composto da Marco Ferrari e Marino Magliani, bisogna tenere conto del valore simbolico di uno sport elevato a oggetto di fede; il pallone di cuoio che gonfia la rete è strumento di salvezza e fuga; è il calcio di Sivori e della ricerca ai suoi eredi, pescati nei campi in terra battuta tra interminabili viaggi in auto inaffidabili; quello delle promesse e degli inganni, di calciatori imbottiti di farmaci da mercato nero, di intermediari esperti del malaffare, dei maghi della panchina e della mistica.
Sporca faccenda, mezzala Morettini arricchisce di fascino sudamericano il catalogo di Blu Atlantide pescando nella tradizione di un calcio quindi ricco di personaggi romanzeschi, aneddoti iconici, un calcio che sembra scandire il tempo (non è inconsueto associare eventi personali a determinati trionfi o drammi sportivi). Nelle sue dinamiche, ancora oggi presenti, impattano alcuni regolamenti che in Europa non hanno mai trovato credito, come la decisione di suddividere il campionato nazionale in due tornei distinti, Apertura e Clausura, con l'assegnazione di due titoli e una media punti tra i due tornei necessaria a determinare però le retrocessioni nella serie minori e che può portare a veri e propri paradossi sportivi: celebre è il caso dell'Huracan, che nel corso di un'ultima, drammatica partita del 2009 aveva la possibilità di vincere il titolo conquistando la vittoria ma anche di retrocedere perdendo la medesima partita. Il calcio in Argentina è contraddizione e colpo di scena, gloria e baratro a braccetto, e questa condizione è la stessa che nutre l'immaginario di un popolo e di un contesto di conseguenza portato a favorire storie surreali animate da personaggi per cui, in fondo, si fa il tifo.
In testa, le provò a spiegare toccandosi una tempia, il talento aveva una sua logica, un'importanza, una sua perfezione, e la ricerca del talento assomiglia a una specie di ubriacatura. Una sua casistica che riusciva quasi sempre a ricostruire, e spesso quando viaggiava attraverso le lunghe arterie che tagliavano quel paese senza confini, ventose, lineari, protese verso un nord e un sud irraggiungibili, oppure quando tentava di prendere sonno in stamberghe fatiscenti, con le pareti fini che facevano trapelare i rumori dei vicini, non di rado movimenti di amplessi furiosi, a smuovere Menconi, ad agitarlo, a ossessionarlo e a dargli costanza, era solo quella parola vera e astratta, il talento, e la sua ricerca. (p. 43)
Menconi, personaggio nostalgico, intuitivo, carismatico e solo, è quindi la concretizzazione di un modo di vivere. Al cospetto della grande occasione metterà in discussione i suoi valori, rischiando un maldestro sequestro per forzare una trattativa, ma il suo cuore fine avrà la meglio: è un generoso, lui, un altruista che aiuta se stesso aiutando gli altri, come i giovani a cui tenta di riscrivere il futuro e come Alicia, donna sulle tracce del marito scomparso ma soprattutto di una forma di serenità, la stessa che cerca Menconi e che poco a poco li unisce: più che storia d'amore, la loro sarà una storia d'affetto e gratitudine reciproca.