di Giacomo Papi
Feltrinelli, giugno 2024
pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
"Gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi", diceva il Vangelo. Non era vero, non esiste una classifica tra le persone, esistono i soldi e quello che i soldi possono comprare. (p. 231)
Dopo Il censimento dei radical chic e Happydemia (entrambi per Feltrinelli, rispettivamente nel 2019 e nel 2020), in cui la satira sociale si tingeva di attualità, Giacomo Papi torna al romanzo misurandosi con il genere giallo. E per di più con quello che sembrerebbe un enigma della camera chiusa, solo che in realtà ci troviamo nel castello di Abborracciano, in cima a una «montagnozza», con tanto di mura e dirupo. Il proprietario è Klaus Signori, un artista megalomane, diventato famoso (e ricco) grazie all'intuizione di creare delle disinstallazioni. Ormai lo cercano da tutto il mondo, e Signori ha potuto così negli anni alzare i suoi cachet a cifre a dir poco imbarazzanti, sufficienti per un castello, servitori a volontà, per non parlare delle droghe che lo aiutano a sopportare l'età che avanza.
Ed è proprio in occasione del suo ottantesimo compleanno che Klaus Signori decide di organizzare al castello un evento memorabile, che avrebbe dovuto rappresentare il culmine della sua carriera artistica. Dunque, ecco arrivare parenti e altri parassiti che sperano di approfittare della festa per ottenere i favori del Maestro. Le cose, però, non vanno come sperato, perché Klaus Signori viene ritrovato chiuso... in un congelatore! Se nelle prime pagine è la sua inserviente peruviana Inés a fare la scoperta e a sudare freddo all'idea di cosa accadrà, tanto da farle richiudere il portellone del surgelatore, sconvolta, più avanti sarà un bambino della famiglia di Signori a rinvenire il cadavere.
Cosa è successo? Si tratta forse dell'ennesima trovata del Maestro per fare un'entrata straordinaria? Per un po' c'è chi lo pensa, anche se quello che hanno davanti agli occhi è chiaramente un cadavere. E non sarà l'unico, perché Giacomo Papi nel mettere in scena le ore successive al ritrovamento crea tante occasioni per malintesi, imprevisti, incidenti e goduriosi colpi di scena. In particolare, per motivi che non posso anticipare, assisteremo a un clamoroso ribaltamento dei ruoli, per cui i servitori del castello diventeranno i nuovi signori e viceversa, sovvertendo l'ordine costituito, almeno in apparenza immutabile:
"Ecco che cosa succede a trattare troppo bene i servi..."
"Li chiami servi adesso, mamma? Non erano collaboratori domestici?"
"Sono servi, cara, c'è poco da fare..."
"Addetti e addette alla cura della casa, del corpo e della persona?" la sfotté Lea scuotendo il suo casco di capelli crespi.
"Servi," fu irremovibile Laudomia.
"Ma dai, mamma, ci sono mille sinonimi... Camerieri? Inservienti? Governanti, cuoche, badanti, valletti?"
"Servi, Lea. Anzi, il problema è che qui i servi ormai siamo noi". (p. 70)
Ed è proprio su questo tema che Giacomo Papi indirizza la satira sociale presente e fondamentale nell'opera: osserviamo con un sorriso cosa sta accadendo nel castello, restando più volte divertiti dalle trovate ben poco politicamente corrette che l'autore ha pensato per la sua storia. Non c'è suspense particolare che ci fa seguire le indagini, ma anche quando arriveranno le forze dell'ordine la nostra attenzione cadrà soprattutto sulle parole e sulle azioni più o meno sconsiderate dei personaggi che ci troviamo davanti. Questi sono mossi soprattutto dall'interesse personale e agiscono con freddezza, talvolta addirittura con l'evidente obiettivo di approfittarsi della situazione.
È un'umanità fortemente egoriferita ed egoista, quella che ci racconta Giacomo Papi, ma possiamo vedere in La piscina anche un fantasioso gioco delle parti di ispirazione classica, con una messa in crisi delle regole del giallo classico che scopriremo nelle ultime parti del romanzo. Un aggettivo per descrivere il minimo comun denominatore di tutto il romanzo? Iperbolico.
GMGhioni