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Tornare a respirare, se non a vivere, dopo la notte del disastro: "Le parole che mi hai lasciato" di Giulia Baldelli

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Le parole che mi hai lasciato
di Giulia Baldelli
Guanda, maggio 2024

pp. 304
€ 19 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

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«Per morire a diciannove anni mia sorella sceglie un treno. Non un Frecciarossa. Un interregionale. Il treno Ancona-Milano che avevamo sentito fischiare centinaia di volte dalla nostra camera». (p. 7)

Inizia così, con queste parole fortissime, il nuovo romanzo di Giulia Baldelli, Le parole che mi hai lasciato: a parlare è un narratore d'eccezione, ovvero Adriano, il fratello della diciannovenne che è morta lungo le rotaie, nella notte del 15 gennaio 2002. A distanza di vent'anni dall'evento tragico che gli ha condizionato la vita, Adriano prova a ricostruire anni di domande e ricordi, dimostrando quanto il tempo che passa non cancelli sua sorella Betta. A colpire noi lettori, fin dall'inizio, è la prosa sincopata come i singhiozzi di un ragazzo che non ha ancora imparato a piangere per una delle persone a lui più care. Poi, ci rapisce il suo desiderio - tutto mosso dalla disperazione - di ricostruire gli eventi, al fine di scoprire cosa abbia spinto Betta a compiere un gesto del genere. 

Per farlo, Adriano parte da una ricerca solo apparentemente futile: ritrovare le Nike bianche da cui la sorella non si separava mai. Sui binari, infatti, non sono state ritrovate. E, a suo parere, Betta non avrebbe mai sacrificato ciò che aveva di più caro. Così, mentre i genitori sono sostanzialmente impotenti (il padre, assente in precedenza, continua a restare una figura sullo sfondo, mentre la madre, sopraffatta dal dolore, non riesce a reagire), Adriano cerca la sua verità, quella che lo spinge ad alzarsi dal letto e a cercare una risposta per le strade di Bologna. Il suo mondo, intanto, è passato in secondo piano: la scuola, le amicizie, l'amore,... 

Sentiamo invece tutti i pensieri angosciati di un diciassettenne che non ha saputo interpretare i cambiamenti di sua sorella (chi lo ha fatto davvero, d'altra parte?), perché forse non ha capito la gravità di tanti segnali, ma ha provato a starle vicino come ha potuto. Betta frequentava ormai cattive compagnie, aveva smesso di curarsi e si drogava: cosa faceva per ottenere le dosi? Cosa o chi l'ha portata a stendersi sui binari? Come un tarlo perenne, che logora Adriano dall'interno, un po' come il mal di stomaco che non lo lascia quasi mai, il dubbio che la tragedia fosse evitabile è solo uno dei grandi temi che attraversano la narrazione. 

E tra le righe, nei ricordi più lontani, quelli in cui Betta rifulgeva con la sua bellezza, scopriamo quanto la ragazza, fin da giovanissima, si fosse sempre presa cura del fratello, di due anni più piccolo. Più volte è stata lei ad aprirgli gli occhi sul mondo, senza addolcire la verità, rendendola però più accettabile perché finalmente chiara: Betta è sempre stata una guida in grado di lasciare ad Adriano lo spazio necessario per farlo riflettere, anche per farlo sbagliare, se poteva essere utile alla sua crescita. Betta c'era, e questo suo senso di protezione era rassicurante in una famiglia disgregata quanto la loro. Milena, la loro madre, è sempre stata piuttosto evanescente, dipendente com'era da un marito che di punto in bianco ha preferito abbandonarli per farsi una nuova famiglia altrove. Allora, Adriano e Betta hanno saputo unirsi e scaldarsi, imparando a fare i conti con le debolezze della madre e con la sparizione del padre. 

Invece, come si può reagire a una tragedia tanto grande? Perché con la scomparsa di Betta Adriano ha perso anche il suo unico punto di riferimento, la sua confidente, la prospettiva da cui ha sempre guardato il mondo. Ora Adriano si sente ferito, deluso, ma soprattutto è arrabbiato. E non c'è niente che Emma, la fidanzatina di Adriano, possa fare per aiutarlo a superare il trauma: lui non sa chiedere una spalla su cui piangere, e dunque prova a sfogarsi col sesso. Ed Emma lo capisce e continua ad accoglierlo, benché i comportamenti di Adriano siano talvolta al limite della tollerabilità e denotino un egoismo cieco. 

Poi, la svolta, che proviene da una parola che Betta ha pronunciato quando Adriano stava per addormentarsi, poco prima del suicidio: "Aisha". Questo ricordo non fa che aumentare la speranza (ma può definirsi tale?) di scoprire cosa sia accaduto e quando Adriano vede le scarpe di sua sorella ai piedi di una ventenne mussulmana che sa abitare nel palazzo di fronte al loro iniziano a formarsi ipotesi stravaganti nella sua testa. E la fuga della ragazza con ai piedi quelle Nike bianche troppo grandi gli conferma che quella deve essere Aisha. E che, soprattutto, quella sconosciuta deve sapere qualcosa. 

Con il sostegno di Emma, sempre (fin troppo) accomodante, presente e sensibile, e con l'aiuto economico di Bruni, un compagno di scuola tanto ricco da non dar peso al denaro, Adriano inizia un percorso che lo porterà a conoscere più da vicino Aisha. E a comprendere meglio non solo la vicenda di Betta, ma anche a tornare a occuparsi del mondo che lo circonda, perché il suo non è l'unico dolore degno di questo nome. 

Le parole che mi hai lasciato è un romanzo molto toccante che ha il pregio di riuscire a parlare di temi complessi e delicatissimi dando al suo protagonista e io-narrante una voce credibile, a costo di lasciar talvolta emergere idee scomode e pregiudizi che sarà solo il tempo a cambiare. Altro aspetto interessante è che l'evoluzione della vicenda da metà romanzo in poi è decisamente inattesa, tant'è che la formazione del protagonista comporterà uno sguardo più consapevole non solo sulla propria famiglia (Betta in particolare) ma anche sulla nostra attualità. 

GMGhioni