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Spaccare tutto, poi rimettere a posto, piano piano. "La collera e il desiderio", di Alice Renard

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La collera e il desiderio
di Alice Renard
Edizioni Clichy, giugno 2024

Traduzione di Tommaso Gurrieri

pp. 168
€18,50 (cartaceo)
€8,99 (e-book)


Un bambino, quando arriva nella vita di una coppia, sconvolge gli equilibri. Bisogna adattarsi a essere in tre e non più in due, bisogna fare spazio, bisogna imparare a essere genitori e non più solo figli di qualcuno. E se quel bambino è diverso dallo standard? Se non parla quando dovrebbe, non reagisce agli stimoli se non a film in giapponese? Se, quando cresce un po’, ha delle crisi di rabbia esplosiva durante le quali distrugge mezza casa? Un bambino del genere porta tante cose, ma soprattutto incomprensione

Così è Isor, della quale i dottori dicono: «Non vuole parlare, non vuole sapere, non vuole agire. “POTREBBE”. Potrebbe farlo» (p. 33). Alice Renard, esordiente di appena ventun anni, in La collera e il furore (Clichy) racconta la quotidianità in cui due genitori francesi si confrontano con una bambina che non comunica e non apprende come i suoi coetanei, e ai cui problemi i medici non sanno dare una causa, o una cura. La narrazione è organizzata in modo molto originale: brevi paragrafi si succedono e si alternano nel presentare i punti di vista della madre e del padre, come in un diario a due mani in cui però i due narratori non sembrano prendere coscienza dell’altro. 
È così che al lettore è concesso di introdursi nelle fitte maglie di una realtà familiare chiusa agli estranei, ermeticamente protetta da sguardi indiscreti o dalla compassione di amici e conoscenti. È così, inoltre, che la dinamica genitoriale viene problematizzata, al di là dello stigma e di qualsiasi stereotipo sulle pratiche pedagogiche da adottare per crescere una bambina come Isor. 

Renard ci costringe a provare empatia, sì, ma a mettere da parte ogni forma di pietismo e a guardare in faccia la rabbia, la delusione e il senso di ingiustizia che questi genitori provano. 
padre 
Sono ormai diversi anni che Isor ci ha isolati nella nostra bolla di sacrificio. Ci sacrifichiamo. Io e Maude ci sacrifichiamo. E i nostri amici e la nostra famiglia ci hanno via via voltato le spalle, non avendo la minima intenzione di sprofondare insieme a noi. Isor ha tracciato questo cerchio intorno a noi (volontariamente?). […] Ha cominciato a farci vivere dentro quel cerchio facendoci digerire le sue evidenze. E sottraendoci al reale. Ci sono giorni in cui vivo come se fossi in ostaggio. (p. 51)
L’esperienza di lettura è coinvolgente e frustrante allo stesso tempo: frustrante perché non possiamo non condividere l’esaurimento delle forze e il rammarico di padre e madre nel veder cadere nel vuoto ogni tentativo di arrivare un po’ più vicini a capire Isor, ad amarla e farsi amare. Bellissimi i passaggi sul linguaggio, quel grande assente dal loro rapporto che, solo, permetterebbe di risolvere quasi ogni problema, e che invece resta come un pulsante scollegato alla corrente, inutilizzabile. Così, per esempio, quando la bambina comincia a ripetere frasi in arabo, cinese e sudanese sentite nei film in lingua originale, quella scintilla di linguaggio mette in moto catene di comprensione più profonde: 
madre 
[…] A tratti, in quelle conversazioni impossibili in una lingua inesistente, eppure perfetta (tanto da sembrare verissima), mi sembra che Isor ci dica davvero tutto ciò che ha dentro, tutte le sue motivazioni, tutto ciò che fa. In fondo, penso che usi quelle lingue fantasma perché la fanno sentire sicura, protetta. E forse anche perché sono le uniche adeguate per dirci le cose impossibili di cui vuole farci parte. (p. 47) 
Qualcosa però cambia, a un certo punto. Isor conosce il vicino di casa, Lucien, un uomo solo e anziano dal quale comincia a passare sempre più tempo, e con il quale instaura un rapporto di amicizia e quasi simbiosi. Si apre una nuova fase delle loro vite, e soprattutto della vita di Isor, in cui la collera disperata che muoveva le sue azioni prima si fa da parte e lascia spazio a un nuovo modo di interagire, di vivere la sua vita e di esplorare il mondo. 

Ci fermiamo qui per quanto riguarda la trama, per evitare di spingerci troppo in là e rivelare la sorpresa mozzafiato sul finale. Non ci tratteniamo però dal consigliare questo libro, già celebrato dalla critica francese e dai lettori: un esordio sorprendente per qualità della prosa e delicatezza nel tratteggiare vite umane diverse, spezzate, informi, ma tutto sommato non così lontane dalle nostre.

Michela La Grotteria