di Francesco Carofiglio
Garzanti, 2024
€ 9,99 (ebook)
La protagonista de La stagione bella è Viola, una quarantenne dal lavoro eccentrico di psico-profumiera. È infatti laureata in psicologia, ma allo stesso tempo ha aperto, insieme all'amico Marcello, un laboratorio in cui si creano profumi. Unendo queste due attitudini, ha inventato una consulenza psicologica basata sull'olfatto e sul suo immenso potere di essere il chiavistello dei ricordi.
Viola è sola, la sua famiglia era da sempre stata costituita esclusivamente da Barbara, la madre professoressa, con cui aveva condiviso tutto. O meglio: con cui credeva di avere condiviso tutto. Alla morte di Barbara, per una malattia fulminea, Viola scopre in diari, nastri e lettere una madre che non conosceva, che aveva vissuto la sua stagione bella a Parigi:
Ho passato dei giorni a svuotare i cassetti, gli armadi, infilandomi nel cuneo d'ombra della vita di Barbare, dedicandomi, meticolosamente alla perquisizione della sua esistenza. Ho letto e riletto tutta la corrispondenza, ho perfino ascoltato i nastri che mamma registrava nel corso delle sue conferenze. E ho avuto sempre più la sensazione di dover continuare a cercare. Ho passato in rassegna le minuterie della memoria, i piccoli rottami dell'infanzia, cosa che non hanno più nome né funzione. E mi è parso sempre più chiaro che, accanto al vuoto che la sua morte ha scavato, c'è una voragine alla quale non mi sono mai davvero affacciata. Non riesco a capacitarmi di essermi decisa a farlo soltanto adesso. (p. 140)
Vi è una lampante affinità fra il lavoro che Viola fa sui suoi "pazienti" e quello che fa su se stessa, sebbene quest'ultimo sia più rapsodico e impulsivo, spesso caotico.
Il romanzo sonda l'abissale profondità del rapporto fra una madre e una figlia e, al contempo, la dolorosa assenza di un padre, che si sconta in rapporti immaturi con gli uomini. Ma il romanzo di Carofiglio è anche un viaggio nel deserto di un lutto, la volontà disperata e votata allo scacco di rispondere all'«oltraggio delle vite che smettono di esistere e lasciano questo deserto di oggetti» (p. 35).
Scritto con un linguaggio evocativo ma mai stucchevole, anzi sempre limpido, La stagione bella si avvale di un io narrante (Viola) e della voce narrante di Barbara, come emerge da frammenti di lettere e diari. Parigi è il luogo in cui tutto può accadere e in cui tutto accade davvero in questo romanzo, ma il vero luogo simbolico è la piscina nella quale Viola quotidianamente fa attività fisica. Le bracciate, la sua immersione in un elemento che sospende quasi la vita quotidiana e riannoda l'essere cosciente di Viola con quello inconscio, sono una sorta di refrain che accompagna il lettore in questa traversata esistenziale.
I tanti personaggi, forse troppi, che Viola incontra sono talora maschere del suo dissidio interiore: Valeria, Marcello, suor Marta, Nora, Raoul, Georges, Giulia. Alla fine di tutto, come se fossimo in un romanzo di formazione di una donna non più adolescente - e da un bel po' di tempo -, abbiamo una sorta di redenzione, di lieto fine, ancora una volta un tuffo in acqua, stavolta quasi un rito purificatorio e finalmente l'accesso al mondo dei sentimenti.
Deborah Donato