Il mondo ci deve delle scuse
di Sara
Mazzini
Aguaplano,
maggio 2024
pp. 272
€ 18,00
(cartaceo)
Bravo, Ivan, sempre il solito cretino. E adesso non ritrovi più la tua lista. Non puoi farci niente, il disordine che agita il cosmo è più forte di te. Di tutti noi sciocchi mortali che passiamo la vita alla ricerca di un ordine. Ci troviamo un lavoro, impostiamo la sveglia alle sette, facciamo l’abbonamento del bus; ci confiniamo in una casa, nel cuore di qualcuno, ed è fatta così. (p. 53)
La trama
dell’ultimo libro di Sara Mazzini, pubblicato con Aguaplano, è piuttosto
semplice: dopo il divorzio dei genitori, Ivan sembra aver perso la propria
bussola. In un passato lontano – avvolto da una nebbia che relega quel tempo in
un’epoca quasi mitica – ha danzato, in uno più recente è stato un writer di
discreto successo (i muri della sua cittadina sono ancora tappezzati delle sue
tag e dei suoi disegni) ma oggi tutto è impantanato in un eterno presente in
cui nulla accade: Lula, l’amore della sua vita, sbocciato rapidamente e
rapidamente declinato, vive da qualche parte a Berlino; anche degli amici
storici non si vede traccia se non di Remi, un individuo dissoluto e totalmente
votato all’autodistruzione. Fra relazioni inadeguate e tentativi di rimettere
in sesto una vita allo sbando, Ivan annaspa nella quotidianità in quello che a
prima vista è un romanzo di formazione nudo e crudo.
Andando oltre l’immediatezza delle pagine, però, in Il mondo ci deve delle scuse rinveniamo qualcosa di ben più grande. Attraverso i pensieri di Ivan – la cui vita interiore è ben più complessa e articolata di quella esteriore – e i conflitti costanti con i genitori – la madre è un’insegnante di danza e proprietaria di una casa su Airbnb, il padre ha rifiutato il capitalismo per diventare una specie di guru della new age – Sara Mazzini porta a galla i temi reali del libro: dalla crisi del precariato all’insensibilità che sembra attanagliare le generazioni più giovani, dal rapporto sempre tumultuoso dei figli della Gen Z con i genitori della Gen X (per una volta non sono i Boomer al centro di tutto, ed è interessante notare come l’asse temporale si stia spostando in avanti, e quindi non Millennial contro Boomer bensì Gen Z contro Gen X) all’ecoansia di cui, per propria ammissione, anche l’autrice soffre, il romanzo straborda di riflessioni di carattere etico e politico.
Non c’è
neanche necessità di chiedersi quale sia il pensiero politico di Mazzini perché
è chiaro dalle parole che mette in bocca ai suoi personaggi: sono uomini e
donne, ragazzi e ragazze che non possono tollerare lo status quo, che vedono in
tutto ciò che li circonda soltanto sfacelo e crisi. C’è chi rifiuta ogni cosa
per rifugiarsi in un mondo fittizio, come il padre di Ivan, chi decide di tapparsi gli occhi e le orecchie come la madre e chi invece
sceglie la via della lotta, sia essa l’attivismo di Lula o il podcast di Remi
contro lo sfruttamento dei lavoratori. Si può non essere d’accordo con tutti
loro – e col pensiero di Sara Mazzini – ma è improbabile, leggendo questo romanzo, che non ci si ponga le stesse questioni, tutte racchiuse in una domanda solo all’apparenza
banale: che mondo ci ritroviamo davanti oggi?
In un
post su Medium, l’autrice parla della propria creatura. Cita anche tre film
a cui si è ispirata e che gravitano intorno alla fantascienza, fra i quali
spunta Donnie Darko, una delle pellicole più contorte e col finale più aperto
che siano mai diventate cult. Non è ovviamente un caso: il rapporto complicato
di Donnie col mondo che lo circonda, il suo modo conflittuale di approcciarsi
alle autorità della piccola comunità in cui vive e la creazione del personaggio
di Frank – un ragazzo vestito con «Uno stupido costume da coniglio», come si dice in una delle scene diventate iconiche – sono
certamente richiamati nel libro di Sara Mazzini. E proprio come in Donnie
Darko, anche in Il mondo ci deve delle scuse a un certo punto
diviene complicato distinguere la realtà dalla finzione. Il narratore inaffidabile
– questo Ivan che a tratti sembra duplicarsi, o addirittura dividersi in tre – rende il
tutto più surreale e contorto eppure, prestando la dovuta attenzione, il finale
non arriva inaspettato.
Non è dunque la narrazione il punto forte del libro di Sara Mazzini, bensì le riflessioni che le vite dei personaggi sono in grado di generare. Il romanzo non prova neanche a nascondere questo intento provocatorio ed è giusto così: alcune volte le opere hanno questo compito, che non è quello di educare o fare proselitismo, bensì porre le domande giuste. Il mondo ci deve delle scuse ci riesce in pieno.
David
Valentini
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