Questo è per me il racconto di un'amicizia tra due uomini che si sono incontrati per due coincidenze: i libri e le montagne. (p. 14)
Nulla può spiegare meglio di questa frase la genesi e l'intento dell'ultimo libro di Erri De Luca, Discorso per un amico, uscito per Feltrinelli. L'occasione da cui nasce il libro è di quelle tragiche, che segnano una cesura non reversibile, ossia la morte in montagna, sulla Tofana di Rozes, di Diego Zanesco, espertissimo scalatore e guida alpina. E amico carissimo di Erri De Luca. L'incidente accadde di domenica, l'ultima di luglio 2023, pochi giorni prima che lo scrittore arrivasse in Val Badia per un periodo di vacanza e di scalate condivise con l'amico. Solo pochi giorni prima di morire, Zanesco aveva accompagnato sul Lagazuoi il famosissimo regista Oliver Stone e la moglie Chong, che volevano documentarsi sui luoghi dolomitici della Grande Guerra.
Il libro, una manciata di pagine dettate dal dolore e dall'amicizia, è un tributo all'uomo Diego e all'alpinista Zanesco.
Diego era uomo espertissimo, profondo conoscitore della montagna, noto nel mondo dell'alpinismo per le sue imprese di arrampicata in free solo, cioè senza l'ausilio di corde, chiodi o altri strumenti. Nonostante questo era anche uomo prudente, proprio perché la montagna Diego la conosceva molto bene e sapeva che spesso non perdona i passi falsi.
Per questo De Luca, di cui è nota la passione per la montagna e le scalate, come prima cosa, appena arrivato in Val Badia, si reca alla camera mortuaria, non solo per salutare il caro amico di tante arrampicate, ma perché vuole togliersi un dubbio che lo arrovella: Diego, così esperto di montagna, non può aver commesso un'imprudenza, deve averlo colpito un infarto, un malore, qualcosa legato a quel malessere che negli ultimi tempi lo tormentava e dal quale lui cercava di guarire arrampicando. Un particolare del corpo dell'amico lo convince che è andata proprio così. Franziska, la vedova, e tutta la comunità degli alpinisti meritano di conoscere la verità. E lo merita soprattutto Diego, perché spesso di fronte a una morte così si tende ad addossare all'alpinista una certa responsabilità.
Una volta ristabilita la verità dei fatti, De Luca può finalmente lasciarsi andare al dolore e, a fatica, raggiungere il punto esatto in cui le mani dell'amico si sono staccate dalla roccia. La sua prosa è talmente evocativa che riesce a far percepire la ruvidezza della roccia sotto le dita, la fatica dei muscoli nella salita, il rumore degli zoccoli degli stambecchi che si allontanano, il sibilo di un sasso che passa vicino franando dall'alto, lo scatenarsi di un temporale che costringe a una sosta, arricchita da una conversazione sulle traduzioni dall'ebraico.
Fatti i conti con la realtà, non resta che il ricordo e De Luca lo fissa su carta, riprendendo brani delle conversazioni con l'amico, frammenti di pensieri, ricordi condivisi, pagine dei taccuini personali di Diego che Franziska, senza avere il coraggio di leggerli, mette nelle mani di De Luca, lettere che l'amico ha scritto, ma poi non ha spedito. Forse solo per il sollievo che a volte può dare mettere per iscritto ciò che ti turbina nel cuore, farlo uscire e trovargli un posto. Il risultato è un viaggio commovente all'interno di un'amicizia corroborata dalle passioni di entrambi, soprattutto la montagna, la scalata e i libri.
Il mio tempo con lui si è svolto anche lontano dalle rocce. Amava le letture, ce le scambiavamo. Così abbiamo messo le dita sugli stessi appigli e gli occhi sulle stesse pagine. (p. 18)
E non c'è niente come un percorso di letture condivise che unisca e cementi un'amicizia per chi ama leggere. Nel corso delle pagine fanno capolino nomi come Omero, Cervantes, Marina Zvetaeva, Petrarca, Hemingway, Democrito, Isaia, Borges, Kazantzakis a testimonianza di una passione sconfinata per la parola scritta, raccontata, in grado di far sentire vicini due amici anche nei periodi di lontananza.
Eravamo d'accordo: la parola indescrivibile è un errore. Da lettori abbiamo sperimentato e saputo che tutto è stato descrivibile e descritto. Abbiamo trovato nero su bianco quello che neanche potevamo immaginare. Il viaggio di Ulisse, di Enea, di san Paolo, il naufragio di Crusoe e la peste di Atene, la battaglia di Stalingrado e i fiumi di Babilonia. La letteratura si è dotata dell'onnipotenza della descrizione. (p. 42)
Insieme ai racconti delle letture condivise, delle scalate fatte a due, delle avventure degli alpinisti più famosi, ciò che cementifica l'amicizia tra questi due uomini e che De Luca si ripromette di far trasparire in questa sua opera è il comune sentire che, la vicinanza d'anima che lega lui e l'amico Diego.
Tutta la narrazione è accompagnata dalle fotografie che hanno fissato nel tempo questo rapporto: Erri e Diego seduti su un camper mentre progettano una nuova scalata, Erri e Diego in parete, il primo con un timido sorriso, il secondo solare, in camicia bianca, come se stesse andando a passeggio sul corso, con la corda arrotolata su una spalla, con un sorriso aperto e invincibile. E tante tante montagne.
Si chiude il libro con amarezza, con una sensazione strana di ingiustizia, come se la morte fosse ingiusta solo perché ha scelto di colpire un uomo ancora giovane mentre sta facendo qualcosa che lo rende felice. E forse è proprio così.
Va bene, ora sei cenere da spargere in montagna. Per me rimani Diego, per me insisti, prosegui e io continuo a seguirti. (p. 93)
Sabrina Miglio
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