C'è un saggio cruciale che tuttə lə studiosə di critica postcoloniale prima o poi dovranno studiare, si tratta di Can the Subaltern Speak? (1988) della filosofa postcolonialista femminista indiana Gayatri Chakravorty Spivak. Spivak esplora l'idea che i subalterni, ossia i gruppi sociali emarginati e privi di potere, non possano facilmente rappresentare la propria voce in modo autonomo nel discorso dominante. Spivak sostiene che anche quando i subalterni tentano di parlare, le loro voci sono spesso mediate, distorte o ignorate dalle strutture di potere esistenti, rendendo difficile per loro comunicare autenticamente la propria esperienza e le proprie esigenze. Chiedersi se il subalterno possa parlare presuppone che il subalterno abbia diritto a una voce, a raccontare la propria esperienza di oppressione.
E quando i subalterni non hanno diritto ad una voce? Quando le corde vocali vengono strappate al subalterno affinché non se ne sentano le urla mentre viene fatto a pezzi dalla mannaia del macellaio? Quando i subalterni sono carne da masticare, condire e grigliare, come si può pensare ai subalterni come a dei soggetti e non come merce senza pensieri e dignità? E quando la carne da macello è carne umana? Quali corde ci tocca l'idea che siamo noi a diventare carne da ingoiare e digerire? Quanto è possibile acquisire coscienza del proprio privilegio specista per interrogarsi sul mercato alimentare e i suoi meccanismi violenti? È l'idea provocatoria ed efficace alla base di uno dei romanzi più spietati e memorabili degli ultimi anni, pubblicato in Argentina nel 2017, diventato un'opera di culto nel genere della distopia horror, un best-seller negli Stati Uniti e finalmente approdato in Italia grazie ad Eris nella traduzione di Francesca Signorello. Sto parlando di Cadavere squisito di Agustina Bazterrica. Il titolo del romanzo allude a un gioco fatto dai nipoti del protagonista, Marcos Tejo, quando visita sua sorella. Durante la visita, i bambini giocano a indovinare che sapore avrebbe lo zio, se di pollo o di maiale, un gioco diventato virale sul web e chiamato appunto "Cadavere Squisito". Il nome del gioco, che fa riferimento a quello inventato dai Surrealisti nel 1925, consisteva nel far scrivere a ciascun partecipante una parola o una frase su un foglio, piegandolo poi per nascondere ciò che è stato scritto prima di passarlo al prossimo partecipante. Il risultato finale rivela la realtà inconscia del gruppo.
In Cadavere squisito, in un futuro non troppo remoto e non troppo diverso dal nostro presente, il mondo è cambiato drasticamente a seguito della 'transizione', ovverosia quando la carne animale, a seguito di un virus che ne ha reso letale il consumo per gli umani, ha comportato la macellazione di massa degli animali costringendo l'intera umanità a consumare carne umana, che viene rinominata con l'eufemismo "carne speciale". Il cannibalismo, guai a utilizzare la parola, viene così normalizzato, industrializzato e promosso dalle multinazionali della carne e dai governi, allevando esseri umani, ai quali ci si rivolge con l'appellativo di "capi" (di bestiame), producendo una Prima Generazione Pura, ovvero capi nati e cresciuti come bestie da macello.
Marcos è un uomo solo e disilluso, che continua a lavorare per inerzia nel mattatoio pur essendo uno dei più apprezzati ed efficenti dipendenti. Ha un padre ricoverato in un istituto psichiatrico di cui si prende cura esclusivamente, sua sorella è una donna egoista e distante che non lo supporta nella gestione del genitore malato, sua moglie è depressa e spezzata dal lutto del loro bambino. Marcos è un esponente di rilievo di uno dei mattatoi più prestigiosi del paese, in una città latinoamericana non meglio specificata. La narrazione non lineare, che ci aiuta a ricostruire la discesa nel baratro del cannibalismo della razza umana, ci porta nei ricordi d'infanzia di Marcos, nel lutto per la perdita della madre, nei primi segni di follia del padre, a cercare le radici alla base della deumanizzazione folle e grottesca del genere umano. Emerge una narrazione antispecista, spietatamente vera nel descrivere lo smembramento, il consumo, la mattanza e la preparazione di pietanze umane, in cui gli ultimi, i Necrofagi, che non possono permettersi di acquistare dei capi, si accontentano degli scarti del mattatoio, costantemente affamati. Il risultato è una gerarchia piramidale della nuova società della carne, in cui la violenza è in tutte le cose, messa in bella mostra, al servizio dello spettatore-lettore, che assiste impotente e (gravemente) immobile alla carneficina e al consumo di altri esseri viventi, privati di voce, di nome, di dignità, della possibilità di essere considerati altro oltre la carne, perché la carne è muta, non parla e non rivendica diritti. La carne non ha voce in capitolo. Viene marchiata a fuoco, sgozzata, dissanguata, le vengono tolti gli occhi, il cervello e la lingua, e diventa un guscio senza significato.
Come la stessa Augustina Bazterrica ha dichiarato in un'intervista per The Guardian:
Questo romanzo è una riflessione su cosa sia il capitalismo e come ci insegna a naturalizzare la crudeltà. Il capitalismo è un sistema in cui tutti nasciamo, lo abbiamo dentro di noi e il patriarcato fa parte di quel sistema. Ho provato a lavorare con l'idea che ci mangiamo a vicenda in modo simbolico punto con le donne e così ovvio, perché si può parlare di traffico di esseri umani di guerra e del modo in cui le donne vengono rese invisibili in diversi ambiti. qui in Argentina uccide una donna ogni giorno. Capitalismo e cannibalismo sono quasi la stessa cosa. (dalla quarta di copertina dell'edizione Eris)
C'è molto che accomuna Marcos Tejo e Winston Smith di 1984 di George Orwell: entrambi sono ingranaggi ben oleati della macchina del potere. Se Winston distrugge le parole pericolose per il Ministero della Verità, Marcos distrugge corpi approvandone la macellazione; se Winston si ritaglia un angolo in cui poter redigere il proprio pericoloso e insurrezionale diario in cui denuncia l'ipocrisia della dittatura dell'Oceania, lo sguardo di Marcos sulle cose palesa il suo profondo disgusto verso la deriva della società; se Winston intraprende una relazione clandestina con Julia, in un mondo in cui l'amore è proibito, Marcos compie la peggiore delle aberrazioni: si unisce carnalmente con un esemplare di femmina, che ribattezza Jazmin, come l'odore di gelsomino che la sua pelle emana, che gli è stato regalato dal Gringo, proprietario di un allevamento dal quale l'azienda di Marcos compra i capi di bestiame. La tiene con sé in casa, mentre sua moglie è lontana per riprendersi dalla morte improvvisa in culla del loro bambino, la veste, la nutre, la accudisce, ci si unisce sessualmente, e arriva persino a ingravidarla.
In altre parole, è chiaro come il sottotesto del romanzo sia la perdita totale di empatia e umanizzazione dei subalterni, che perdono addirittura il privilegio di essere considerati esseri umani, in una società distopica in cui viene proibito l'utilizzo della parola cannibalismo per riferirsi al processo di macellazione della carne umana. Gli animali femmina vengono macellati con ancora il proprio feto in grembo, ragazze fanatiche di culti religiosi che ringraziano la nuova società della carne si sacrificano come capri espiatori nei rituali estremi della loro setta, cantanti e attori sul lastrico si offrono volontari come prede per la caccia di ricchi imprenditori che si divertono a sparargli addosso, il tutto per estinguere i propri debiti al costo della propria vita, chiunque violi le leggi di questa nuova società, unendosi sessualmente con gli animali umani e compiendo atti aberranti, verrà macellato al Mattatoio Comunale.
Eppure, in un mondo del genere, c'è ancora spazio per il dolore della perdita, c'è l'incapacità, nonostante la deumanizzazione della specie umana, nell'elaborare il lutto per la morte di un figlio, ed è per questo che Marcos, dapprima riluttante alla presenza di quel capo femmina regalatogli, in assenza della moglie decide che può di nuovo avere una possibilità, può di nuovo essere padre.
Il mondo descritto da Bazterrica non è diverso da quello della Repubblica di Gilead di Margaret Atwood nel Racconto dell'ancella, in cui le donne sono incubatrici di figli per i gerarchi potenti della teocrazia, o una lotta alla sopravvivenza come in Hunger Games di Suzanne Collins, o un buco attraverso il quale far passare una tavola imbandita come nell'omonimo film Il buco del 2019 di Galder Gaztelu-Urrutia. La storia di Bazterrica ha però il potere di farci riflettere sul mercato della carne nella società in cui viviamo, e quanto il massacro degli animali e la macellazione di altre specie viventi, tenute nelle peggiori condizioni possibili, sia una normalità, la cui contestazione è piuttosto accolta dai più con fastidio e l'egoismo insofferente nell'essere accusati di essere complici della mattanza di altre specie viventi per il soddisfacimento alimentare umano. Lo dimostra efficacemente Giulia Innocenzi e Paolo D'Ambrosio nel documentario-denuncia Food for Profit, uscito quest'anno. È evidente dunque come in una società di questo tipo il potere sia circoscritto nelle mani di chi tutto può comprarsi, anche il privilegio di essere considerato un umano vero e contraddistinto dall'animale umano, e in un mondo del genere, soggiogato dal potere dei soldi e da una macchina-mostro inarrestabile che continua a produrre massacro ai danni dei più deboli, non c'è alcuna possibilità di redenzione.
Matteo Cardillo
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