Tornare nel liceo di periferia: «A scuola non si muore» di Gaja Cenciarelli



A scuola non si muore
di Gaja Cenciarelli
Marsilio, giugno 2024 

pp. 256
€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

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Quando Tarek, il 3 novembre, a cena, le spiega di Tiziana e Colagrossi, qualcosa dentro Margherita cede del tutto. Stronzo sì, vigliacco pure, e anche ipocrita, falso, traditore, razzista, sì sì sì, ma che il vicepreside fosse anche un viscido vecchio porco (pedofilo, la parola a cui non voleva nemmeno pensare era pedofilo) non l’avrebbe mai detto. (p. 93)

A distanza di due anni dal suo ultimo testo, Gaja Cenciarelli torna alle stampe, ancora una volta con Marsilio e ancora una volta con un romanzo ambientato nel liceo di Rebibbia – una zona alla periferia di Roma est divenuta famosa per essere “il quartiere di Zerocalcare” – del precedente romanzo. Per chi ha letto Domani interrogo è una gioia tornare fra i banchi di scuola e ritrovare i ragazzi e le ragazze a cui non ci si può non affezionare. Pur con i loro difetti – o forse grazie proprio a questi –, gli alunni di questo posto disastrato sono descritti così bene, in termini così umani da percepirli come i propri figli, i propri nipoti, i propri cugini o fratelli. Ritrovarli vuol dire ritrovare inoltre una parte delle proprie esperienze scolastiche, soprattutto se – come chi scrive questo pezzo – si è frequentato a propria volta un liceo di periferia. Cenciarelli infatti, pur in veste diversa e con colori diversi, affonda di nuovo i denti nei punti di criticità del frequentare e dell’insegnare in un liceo che non risplende per fama o gloria: fra le pagine di questo testo, come accade in Domani interrogo, troviamo la difficile realtà a cui sono costrette le scuole ai margini, che in qualche modo sopravvivono allo squallore di certe situazioni anche grazie agli sforzi dei professori.

Ma A scuola non si muore non è, ovviamente, il seguito di Domani interrogo. Troviamo lo stesso liceo, sì, e alcuni dei ragazzi, ma i due libri sono molto diversi a cominciare – si è detto – dal colore: A scuola non si muore è pubblicato nella collana Lucciole, nella quale si trovano i romanzi gialli di Marsilio. La struttura del testo è classica: tutto prende avvio da un omicidio all’apparenza inspiegabile, quello del vicepreside Giuliano Colagrossi, trovato morto e con le mani mozzate da uno dei ragazzi di quinta. Margherita Magnani, professoressa d’inglese che con i propri alunni ha un rapporto profondo che va ben al di là della semplice relazione fra insegnante e studenti – e per questo viene criticata –, si assume il compito di indagare questa morte oscena. Si mette in moto dunque un’indagine che vede al centro un modello classico dei gialli: un civile che conosce bene l’ambiente nel quale è avvenuto il crimine supporta gli agenti di polizia, che in un primo momento non ne vogliono sapere e che poi, col proseguire degli eventi, si vedono costretti a dar retta al protagonista della vicenda.

L’evolversi delle indagini non è il punto di forza di questo romanzo, sia perché la tensione non raggiunge quasi mai i picchi elevatissimi che dovrebbero essere tipici di queste storie, sia perché i colpi di scena e la trama stessa risultano spesso forzati e a tratti inverosimili. Margherita Magnani è un personaggio interessante, curioso e a cui si vuol bene, ma non è memorabile né nei comportamenti né nelle intuizioni. Ci si affeziona a lei perché è umana e, come tale, è la persona che incontreremmo andando a fare la spesa; ma di certo non è quella a cui affideremmo la risoluzione di un caso complesso. Tant’è che molti passaggi vengono in qualche modo facilitati dall’intervento degli alunni, che però sono diciassettenni di periferia ed è improbabile che abbiano tutta questa libertà di agire sul – o nei dintorni del – luogo del delitto. Anche il modo in cui cambia il rapporto fra Margherita Magnani e le forze di polizia ha un vago odore di deus ex machina per far sì che i pezzi si incastrino come si deve.

Il punto di forza del libro – che è a tutti gli effetti un giallo estivo, da leggere sotto l’ombrellone – è, lo si sarà capito, nel modo in cui Cenciarelli guarda alla scuola e agli studenti. Ritrovare il mondo di Domani interrogo è forse un elemento fondamentale per godere di A scuola non si muore ed è indubbio che avvicinarsi a questo romanzo senza aver letto il precedente non consenta di goderne appieno. Cenciarelli ha un modo di scrivere che coniuga bene alta letteratura e ironia, per questo la sua scrittura funziona bene a prescindere dal genere: in una pagina possiamo trovare riflessioni interessanti sull’universo scolastico o sulla letteratura e poi nella successiva ridere su uno scambio di battute in romano spiccio fra due studenti che battibeccano fra loro. Questo connubio funziona alla grande e, in più occasioni, salva un romanzo che di per sé presenta qualche falla.

A scuola non si muore è in conclusione un giallo che proprio giallo non è e che trova i punti di forza in altro, nell’universo letterario e narrativo che Cenciarelli ha costruito e sul quale sembrerebbe voglia puntare. Se le vicende di Margherita Magnani sono destinate a diventare una serie – quella di una “Signora in giallo de noantri” – sarà curioso vederne le evoluzioni. Alcune premesse ci sono – il quartiere, che di spunti ne dà molti; la scuola; i ragazzi – mentre su altre si riservano dubbi.

David Valentini