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Vivere nelle terre dei ghiacci. "Il grande Nord" di Malachy Tallack è un viaggio ad anello lungo il sessantesimo parallelo

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Il grande Nord
di Malachy Tallack
Iperborea, 2024

Traduzione di Stefania De Franco

pp. 256 
€ 18,50 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)


Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo recita il sottotitolo de Il grande Nord di Malachy Tallack, un intenso reportage di viaggio pubblicato da Iperborea. Ed è con spirito di avventura che ci apprestiamo a seguire l'autore lungo uno degli ultimi anelli, i paralleli, con cui geograficamente si usa dividere il pianeta in senso orizzontale (gli altri sono i meridiani, le "fette" verticali"). Il sessantesimo parallelo ha in sé qualcosa di magico perché tocca le terre estreme del Nord, la Groenlandia, il Canada, l'Alaska. Nomi che mettono brividi, non solo di freddo, ma di sogno, di mito, di immaginazione. Si tratta infatti di terre più immaginate che viste davvero e fanno parte di quella mitologia geografica, narrativa e concettuale che da sempre ispira parte dell'umanità. Chi ha visto il docufilm Sogni di grande Nord di Paolo Cognetti, tanto per citare qualcosa di recente sul tema (bellissimo, tra parentesi), sa di cosa parlo.

Il viaggio di Malachy Tallack parte dalle Isole Shetland, il luogo geografico dove ha vissuto con la madre dall'età di dieci anni: una manciata di piccole terre che sembrano quasi sassi lanciati da un gigante bambino nel mare, a metà tra la Scozia e la Norvegia, scogli battuti da venti e tempeste che hanno una particolarità: si trovano esattamente sul sessantesimo parallelo a nord dell'Equatore, la stessa latitudine di San Pietroburgo, della Groenlandia, dell'Alaska. Una particolarità sentita dagli abitanti delle isole che la citano spesso. L'autore, diciassettenne, con una tragedia alle spalle, un senso di inadeguatezza tipico dell'età, accentuato dallo spaesamento di chi non ha mai considerato veramente casa il posto dove è costretto a crescere, si affaccia alla finestra e, oltre i pescherecci ormeggiati, riesce a immaginare, al di là del Mare del Nord, i Paesi toccati dal sessantesimo parallelo. Tornato a letto, si riaddormenta e sogna di intraprendere quel viaggio. Un sogno che non l'ha mai abbandonato e che, una volta adulto, decide di fare per davvero. Un sogno che dà origine a questo libro.

Qual è stata la tragedia che ha segnato la vita del giovane Malachy? Ho già accennato al senso di sradicamento che ha contraddistinto la fase adolescenziale dell'autore dovuta alla decisione della madre, dopo la separazione dal padre, di lasciare l'Inghilterra e di trasferirsi sulle Isole Shetland dove avevano trascorso qualche estate in vacanza e dove già si era trasferito un fratello. Un posto dove Malachy, per vari motivi, non si è mai perfettamente integrato.

All'epoca il distacco e la separazione mi lacerarono in profondità. Avevo l'impressione che quello che ero e di cui avevo bisogno non fossero lì ma in un altro luogo, e la sensazione continuò a crescere. Con il tempo si è trasformata nella smania che mi perseguita ancora oggi. (p. 31)

A 17 anni, la decisione: iscriversi a un'accademia d'arte in Inghilterra e tornare a casa con il padre. La scelta che gli sembrava giusta, in grado di restituirgli la sua identità. All'inizio di questa nuova vita un pomeriggio il giovane Malachy pescava in riva a un lago e attendeva il ritorno del padre, che era andato a trovare l'anziana madre in ospedale. E mentre il giorno scivolava nella sera si chiedeva come mai non fosse ancora tornato. Nemmeno quando la sera diventò notte e il giovane si avviò a piedi in cerca di qualcuno, un'anima viva che potesse dargli una spiegazione. Che quando arrivò lo tramortì. «Una parte di me non ha mai smesso di aspettarlo» (p. 8), scrive Tallack.

Il libro, che si legge certamente come un reportage di viaggio, nel contempo non è soltanto questo, è bensì la ricerca incessante del concetto di casa, il desiderio dell'autore di ritrovare nel Grande Nord quegli elementi di identità che possano definire la sua persona, la speranza di allontanarsi dalle Shetland, con un lungo viaggio ad anello che prevede il ritorno al punto di partenza, per riconoscerle alla fine come patria, come casa, per accettarle come luogo che il destino gli ha assegnato. Ed è così, seguendo una recinzione che termina in un groviglio di ferro e legno sull'isola di Mainland, lo sguardo rivolto al grande Mare del Nord, che Tallack inizia il suo viaggio. 

La scrittura tiene il ritmo del viaggio con le giuste digressioni sugli usi e costumi dei popoli che abitano i territori attraversati. nel contempo, però, riesce a mantenere anche un certo uso letterario da romanzo, che si riallaccia costantemente alla vicenda personale dell'autore. Questo legame fa in modo che il libro non sia un mero resoconto geografico-antropologico, ma consente al lettore di rimanere sempre connesso al motivo personale da cui è scaturito il viaggio, dandogli la possibilità di tenere fra le dita, a mo' di filo d'Arianna, il lato "romanzesco" del libro. Una geografia che travalica il senso fisico per appropriarsi del alto più emotivo dell'esistenza, in una sottile e intima  consonanza tra interno ed esterno. 

Ma cosa significa davvero vivere al Nord? Tallack lo chiede ai groenlandesi che rivendicano orgogliosamente il proprio stile di vita da cacciatori contro l'invadenza di certo moralismo europeo che, pur non immaginando nemmeno come si possa vivere a quelle latitudini, cerca di imporre i propri valori. Lo chiede ai canadesi che vivono in comunità isolate all'interno di enormi vastità, agli abitanti dell'Alaska da sempre abituati a sentirsi fuori dal mondo, ma che cominciano a ricevere un turismo con vantaggi e rischi connessi. Lo chiede ai russi di San Pietroburgo, la più europea tra le città dello Stato che ha utilizzato il gelo come punizione mortale (leggi alla pagina gulag e Siberia), lo chiede a svedesi, norvegesi finlandesi, che vivono in nazioni tra le più progredite e avanzate. Lo chiede agli abitanti delle Isole Åland, dall'identità tripartita, ufficialmente finlandesi, di lingua svedese, ma fieramente indipendenti. E lo chiede a se stesso, abitante, non per nascita e non per scelta, delle Isole Shetland.

Ecco che si torna a esplorare l'animo umano, i suoi pensieri, le sue emozioni, il concetto di casa, identità. Dopo aver compiuto un giro ad anello intorno al mondo e aver fatto tante domande su cosa significhi vivere sul sessantesimo parallelo, l'autore avrà trovato le risposte di cui abbisogna?

Il viaggio intorno al mondo esplora così le grandi distese del Nord, in quella parte di mondo dove la natura sembra avere il sopravvento sulla presenza umana, dove l'uomo appare perdente e deve adattarsi alla grande madre natura che, a quelle latitudini, si manifesta con il freddo e il gelo. I pochi che riescono a sopravvivere e a imporre la propria presenza in quelle lande sconfinate sono gli eroi che ce la fanno, a volte persone che abbandonano i propri territori e cercano una nuova vita temprata dalle difficoltà. A volte sono turisti che cercano soltanto una sfida. Comunque per Tallack incontri che lo aiutano a definire il Nord e, di conseguenza, la propria identità per similitudine o contrasto, il proprio rapporto con la terra e con le altre terre abitate. Tallack ha vissuto per alcuni anni sul continente europeo e ogni esperienza fatta lo riconduce a interrogarsi sull'idea di casa.

Con Il grande Nord ci troviamo davanti a una nuova declinazione della letteratura di viaggio che porta con sé i germi della ricerca del concetto di identità andando a unire note personali, liriche, psicologiche, geografiche, di ricordo e di vita vissuta.

Sabrina Miglio